La politica climatica tedesca che si nasconde dietro l’Europa

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La Germania sul clima decide di entrare in “sintonia” con l’Europa per nascondere le proprie difficoltà. L'obiettivo di riduzione del 40% della CO2 al 2020 è ormai irraggiungibile, anche per colpa del carbone. Ma perché questa rinuncia di leadership sembra essere un "segnale devastante di bancarotta morale"?

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Il governo federale tedesco ha cestinato l’obiettivo di riduzione, al 2020, del 40% dei gas serra.

Che l’obiettivo non sia raggiungibile è vero. Rispetto al 1990, la riduzione è stata del 27,6% il che, in un primo momento, suona bene, ma si tratta di grandi passi in avanti realizzati quasi esclusivamente tra il 1990 e il 2009, principalmente dovuti alla chiusura dell’industria pesante nella Germania orientale.

Le emissioni dello scorso anno ammontavano a 906 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Dal 2009 (907 milioni di tonnellate), non vi è stata in sostanza alcuna riduzione, malgrado una massiccia espansione del fotovoltaico e dell’eolico.

Ridurre del 12,4% nel restante biennio è illusorio. Quindi, sottolineano i due partiti al governo, l’onestà morale esige di guardare i fatti, rinunciare all’obiettivo ufficiale degli ultimi due governi e cercare di fare il meglio possibile, abbandonando l’ambizione di essere sempre i primi della classe e muoversi di pari passo con gli altri paesi europei.

Perché allora questo senso di realtà è un segnale devastante di bancarotta morale ed è tutt’altro che espressione di onestà? L’argomento è di grande semplicità.

Che la Germania voglia smettere di essere la prima della classe e muoversi in sintonia con il resto dell’Europa si avvertiva da tempo, da una parte dell’industria tedesca e l’insistenza è cresciuta più diventava chiaro che senza l’uscita dal carbone non saranno raggiungibili riduzioni delle emissioni tedesche (vedi La contestabile leadership green della Germania che brucia troppo carbone).

Già prima della nascita del nuovo governo, Dieter Kempf presidente della Confindustria tedesca, aveva chiesto la rinuncia alle azioni nazionali unilaterali. Il focus doveva essere invece la collaborazione e gli accordi collettivi nella comunità della Ue.

Però l’accordo collettivo sulla riduzione delle emissioni già c’è. Si chiama Accordo di Parigi e nascondersi dietro un soggetto fragile, come l’Unione europea, per non rispondere agli obblighi presi e per non fare la propria parte sul clima, come vogliamo chiamarlo? Vigliaccheria?

Se “la Germania” rinuncia alla propria responsabilità da attore collettivo, “l’Europa” è meno in grado di rispondere a questo ruolo. La paura di parte dell’industria e della politica tedesca sono i costi che il Paese deve affrontare. Quindi, nel nome dell’interesse particolare ci si comporta in maniera moralmente deprecabile, ignorando la propria incoerenza e corruzione: si chiama “Realpolitik”.

La bancarotta morale del nascondersi dietro un’entità più grande, come fa il governo tedesco tirando in ballo l’Unione europea, è espressione del rifiuto di riconoscere da dove nasce l’obbligo etico di ridurre le emissioni di gas serra.

Mettere il proprio interesse prima della coerenza è diventato una falsa normalità nell’era neoliberale, ma mette a grave rischio tutta la politica climatica.

Vero è che quantitativamente le emissioni di un singolo paese europeo contribuiscono poco al problema del riscaldamento globale e del cambiamento climatico. Però l’impatto quantitativo delle riduzioni unilaterali di singoli attori sono solo un aspetto, più importante è il loro ruolo cruciale per convincere gli altri attori.

Guidare con l’esempio negli ultimi anni è stata la forza propulsiva del processo europeo e internazionale, non l’attesa per accordi comprensivi che, senza azioni unilaterali, non sarebbero nati.

Ridurre il proprio impegno con un appello ad azioni collettive della comunità internazionale non è molto credibile e difficilmente avrà successo se nasce dalla corruzione morale in piena contraddizione agli obiettivi dichiarati.

L’articolo è stato pubblicato sul n.1/2018 della rivista bimestrale QualEnergia

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