Un decreto che disincentiva la generazione distribuita

Ecco perché il decreto rinnovabili (non FV?) allontana l’Italia dalla green economy, dalla produzione di energie alternative e dalla generazione distribuita. Tariffe basse, no all’accesso diretto agli incentivi, ingiustificato inserimento del FV. Un commento dell’ing. Roberto Bissanti del CETRI-TIRES.

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Dopo mesi di attesa il Ministero dello Sviluppo Economico emette la prima bozza del nuovo decreto sugli incentivi alle Fonti Energetiche Rinnovabili.

Nel provvedimento, in continuità con quanto già adottato con il precedente decreto (DM 23 giugno 2012), è ulteriormente mortificata la generazione distribuita di energia.

Sparisce, ad esempio, il meccanismo di accesso diretto per i piccoli e piccolissimi impianti. Vengono ridotte drasticamente le tariffe per il mini-eolico e il mini-idroelettrico.

Il provvedimento, che doveva trattare solo le FER non fotovoltaiche, reintroduce gli incentivi al fotovoltaico, ma esclusivamente per gli impianti medio grandi, escludendo proprio gli impianti domestici e quelli di piccola taglia.

Ricordiamo, inoltre, che dal 1° gennaio 2018, fino alla data di entrata in vigore del nuovo decreto, nessun impianto da FER, entrato in esercizio nello stesso periodo, potrà accedere ad alcun incentivo.

Sparisce l’accesso diretto agli incentivi

Per quanto si legge nella bozza del decreto, tutti gli impianti da FER, per poter ottenere gli incentivi, dovranno richiedere l’iscrizione ai Registri o partecipare alle Aste, per gli impianti sopra 1 MW. La cancellazione del meccanismo di accesso diretto avrà un effetto disincentivante specialmente verso le piccole iniziative. Questo meccanismo, forniva una prima certezza sulla remunerazione dell’investimento, proprio per gli impianti di piccola taglia, appannaggio delle famiglie e dei piccoli investitori.

Mini-eolico

Le tariffe per il mini-eolico sono nuovamente diminuite rispetto a quanto già stabilito dal DM 23 luglio 2016, passando da 0,250 €/kWh per potenze inferiori a 20 kW e da 0,190 €/kWh per impianti con potenza inferiore a 60 kW a 0,140 €/kWh per impianti con potenze comprese tra 0 e 100 kW nominali.

A differenza del fotovoltaico il costo degli impianti mini-eolici negli ultimi 5 anni non ha registrato diminuzioni significative, ciò a causa dell’incidenza dei costi fissi di installazione, relativi alle opere civili, elettriche e agli iter autorizzativi.

Un impianto mini-eolico da 60 kW, oggi ha un costo che varia da 220 a 280 mila euro, a fronte di una produzione che può variare 110 MWh/anno a 180 MWh/anno.

Nel caso migliore, massima produzione e minimi costi, il piccolo imprenditore, accedendo alla tariffa prevista nella bozza di decreto, potrà ricavare circa 25.000 €/anno, ricavo a cui corrisponde un tempo di ritorno dell’investimento (Pay Back Time – PBT) pari a 9 anni.

Nel caso peggiore, l’investimento sarà del tutto infruttuoso poiché il PBT sarà pari a 18 anni, quasi coincidente all’intera durata dell’incentivo che è fissata in 20 anni.

Non si comprende, inoltre, come al ministero possano aver scelto 100 kW come taglia di riferimento per il mini-eolico, non avendo alcuna attinenza né con le soglie relative ai titoli autorizzativi e abilitativi (D.Lgs. 3 marzo 2011, n.28), né tantomeno con le taglie delle piccole turbine eoliche disponibili sul mercato (20 kW, 30 kW, 60 kW e 200 kW).

L’ultimo periodo del 2017 era stato caratterizzato dalla corsa dei produttori italiani ed esteri di mini-eolico nello sviluppo di aerogeneratori da 20 kW, inseguendo la possibilità che l’incentivo per questa taglia di aerogeneratori potesse rimanere invariato anche per il triennio 2018-2020. Cosicché, se fosse approvato questo provvedimento, anche gli sforzi che gli imprenditori italiani hanno affrontato, in un momento comunque di difficoltà finanziarie generali, non verrebbero corrisposti dalle aspettative di mercato.

Mini-idroelettrico

La bozza del provvedimento prevede anche la disincentivazione della tecnologia del mini-idroelettrico. Gli incentivi, per questa tipologia di FER, passerebbero da 210 €/kWh e 195 €/kWh (per impianti fino a 250 kW e fino a 500 kW) previsti nel DM 23 luglio 2016 a 140 €/MWh per gli impianti fino a 500 kW previsti nella bozza.

Una diminuzione drastica del 30% che risulta ingiustificata visto che al 31 dicembre 2017, si rileva la costante diminuzione degli incentivi erogati. In ordine temporale di decreto sugli incentivi (per impianti mini-idroelettrici con potenza inferiore a 500 kW) si passa dai 114,4 milioni di € della Tariffa Onnicomprensiva, ai 63,1 milioni di € del DM 6 luglio 2012 ai 25,4 milioni di € del DM 23 giugno 2016.

Anche i contingenti di potenza installata registrano un decremento significativo: 107,2 MW per la Tariffa Onnicomprensiva, 80,2 MW per il DM 6 luglio 2012 e 35,9 MW per il DM 23 giugno 2016.

Fotovoltaico

In controtendenza il Ministero ha deciso di re-inserire gli incentivi al fotovoltaico, ma esclusivamente per gli impianti medio-grandi, escludendo gli impianti domestici.

Il provvedimento prevede la remunerazione dell’energia immessa in rete da impianti fotovoltaici al di sopra dei 20 kW, cioè quelli che non possono accedere alle detrazioni fiscali.

In particolare, l’energia immessa in rete prodotta da impianti in regime di cessione totale (restano esclusi gli impianti connessi in scambio sul posto – SSP) verrà remunerata da GSE con una tariffa di 110 €/MWh per impianti da 20 a 100 kW, e di 90 €/MWh, per impianti da 100 kW a 1 MW.

Si deve sottolineare che questa tipologia di impianti è quella che ha ampiamente raggiunto la grid-parity e la cui installazione è oggi molto conveniente, ad esempio per il mondo industriale, proprio in regime di scambio sul posto (SSP).

Dunque, non si comprende quale sia l’obbiettivo del ministero nell’incentivare tecnologie ormai ampiamente mature da competere con le fonti tradizionali. Nella logica degli incentivi, infatti, questi dovrebbero essere disposti in misura maggiore per impianti piccoli e per promuovere lo sviluppo delle tecnologie innovative e ancora non mature per raggiungere la cosiddetta grid-parity.

Andamento contatore rinnovabili non fotovoltaiche

Analizzando il periodo tra l’ottobre 2015 e il dicembre 2017 si è registrata una costante diminuzione del contatore degli incentivi alle FER non fotovoltaiche da 5,740 M€/anno a 5,240 M€/anno, nello stesso periodo il PUN (Prezzo Unico Nazionale dell’energia elettrica) è pressoché rimasto costante attestandosi a 50 €/MWh.

In questo scenario l’incidenza degli incentivi alle piccole rinnovabile è pressoché trascurabile; ad esempio al 31 dicembre 2017 il costo medio degli incentivi al mini-eolico è stato di 64,2 M€/anno ovvero 1,22% dell’intero costo degli incentivi alle FER non fotovoltaiche.

Questo dato è in totale antitesi con quanto si legge nelle premesse del provvedimento: “CONSIDERATO che l’attuazione del decreto 23 luglio 2016 ha evidenziato quanto segue: (omissis) 3) per l’accesso diretto, domande significativamente elevate, soprattutto per l’eolico e ciò suggerisce la possibilità di ridurre gli incentivi e, ai fini di un più efficace controllo della spesa, di superare questo meccanismo”.

In conclusione, da una prima analisi della bozza del nuovo decreto sulle rinnovabili, l’attuale governo, dopo aver incassato l’approvazione del meccanismo di capacity market, da parte della Commissione Europea, per sostenere la produzione di energia da fonti fossili, e avendo introdotto, attraverso l’intervento dell’Autorità dell’Energia, la modifica della bolletta energetica, che scoraggia il risparmio energetico, tenta nuovamente di ridurre l’impatto delle rinnovabili sulla spesa energetica, disincentivando la generazione distribuita.

Speriamo che il prossimo governo possa invertire questa tendenza per imboccare finalmente la strada verso la vera transizione energetica.

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