La casa “autarchica”: mix di tecnologie rinnovabili per essere autonomi

Un sistema costituito da impianto fotovoltaico, accumulo termico ed elettrochimico caldaia a pellet con motore Stirling, inverter ed elettronica varia per essere al 100% autonomi e green. Costi elevati e qualche criticità. Una proposta dall’Austria che verrà presentata in Italia.

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Il sogno, più o meno segreto, di molti appassionati di energie rinnovabili, è quello di rendere la propria casa autonoma dalla rete elettrica e del gas.

Di avere insomma un’abitazione che si produca il 100% della propria energia senza aggiungere un grammo di CO2 da combustibili fossili all’aria.

Ma il sogno, quasi sempre è destinato a rimanere tale, perché, a parte essere molto costoso, quasi tutte le rinnovabili utilizzabili a livello domestico per generare calore ed elettricità, sono notoriamente intermittenti, aleatorie e con enormi sbalzi produttivi da una stagione all’altra.

Se, per esempio, qualcuno volesse alimentarsi tutto l’anno solo con il fotovoltaico, dovrebbe installare un impianto sovradimensionato di 3 o 4 volte rispetto ai propri consumi medi, oltre e dotarsi anche di batterie molto capienti, per superare i lunghi periodi invernali con meno sole e più maltempo.

Un’alternativa poteva essere quella di usare un sistema a cogenerazione, tipo Totem, cioè un motore di auto alimentato a metano, che produce a volontà acqua calda ed elettricità. Ma, a parte che il gas metano non è una fonte rinnovabile, un motore a scoppio produce 3-4 volte più calore che elettricità e d’estate di tutto quel calore non si sa bene che fare, con il risultato di buttare via per molti mesi gran parte dell’energia utilizzata.

Adesso però arriva una proposta molto interessante dall’Austria, che, unendo insieme molte tecnologie avanzate, disponibili finalmente sul mercato a costi ragionevoli porta a realizzare un sistema per rendersi energeticamente autonomi, usando solo risorse rinnovabili.  

Il sistema si chiamerebbe, traducendo dal tedesco, “casa autarchica”. «Produce tutto il calore e l’elettricità di cui ha bisogno un’abitazione media per tutto l’anno, utilizzando pellet di legna ed energia solare. Probabilmente in Italia lo battezzeremo in altro modo, per evitare spiacevoli reminiscenze storiche», scherza Loris Zecchin, responsabile per il Veneto e il Friuli del produttore austriaco di caldaie a pellet ÖkoFEN.

Il sistema verrà presentato il 23 marzo in un workshop presso la sede della Associazione Italiana Energie Agroforestali ad Agripolis in provincia di Padova nel palazzo di Veneto Agricoltura».

ÖkoFEN ha lavorato 8 anni per mettere a punto il suo sistema autarchico, sperimentandolo in 60 case fra Germania e Austria, dove è stato testato per valutarne efficienza, robustezza, facilità d’uso e compatibilità con le norme anti inquinamento.

«I test sono andati molto bene ed ora siamo pronti per il lancio sul mercato», ha detto Zecchin.

Ma come si fa a produrre elettricità con una caldaia a pellet?

«Semplice, si usa una delle più antiche e semplici macchine termodinamiche: un motore Stirling, che utilizza del gas che si muove da un lato caldo a uno freddo della macchina, azionando un pistone collegato a un alternatore. Il lato caldo, naturalmente, è immerso nella fiamma del pellet, quello freddo è posto all’esterno della caldaia. Con una caldaia di normali dimensioni, da 10 a 16 kW di potenza termica, si riesce a produrre 1 kW di elettricità, oltre a tutto il calore necessario per riscaldamento e acqua sanitaria».

Le potenze sembrano un po’ basse.

«Si tratta di base di una caldaia a condensazione, con un rendimento nominale del 107%, grazie al recupero del calore di condensazione del vapore prodotto dalla combustione. L’aggiunta del motore Sterling ha abbassato la sua efficienza di soli 3-4 punti percentuali, e così riesce a produrre ancora tantissimo calore utilizzabile, con una potenza, e quindi con consumi, molto ridotti: basti pensare che i fumi escono ad appena 30-40° di temperatura; tutto il resto del calore è utilizzato».

Ma 1 kW di potenza elettrica è comunque poco per una casa, che minimo minimo ha 3 kW al contatore.

«Qui entra in gioco il secondo pezzo del sistema: una batteria Fronius da 10 kWh, che viene progressivamente tenuta in carica dalla caldaia, pensata per funzionare diverse ore al giorno, grazie anche a un grande accumulo termico ad acqua. Quando la caldaia non è sufficiente ad alimentare i consumi della casa, la batteria aggiunge il resto e con 10 kWh di accumulo si coprono facilmente i consumi quotidiani. Alcuni utenti dei test usavano anche le auto elettriche come seconda batteria: le Nissan, infatti, permettono già di alimentare la casa con l’elettricità accumulata nell’auto».

Ma cosa si fa d’estate, quando non serve a nulla tenere accesa tutto il giorno la caldaia?

«Ed ecco il terzo elemento del sistema: un impianto fotovoltaico da 5 kW, che, quando c’è il sole, non solo alimenta la casa e tiene in carica la batteria, ma può anche scaldare con una resistenza l’acqua sanitaria nel boiler, usando per questo l’eccesso di elettricità ed evitando così quasi sempre l’accensione della caldaia. Tutto il traffico di energia, viene regolato da un Inverter Fronius con software dedicato, che valuta come soddisfare le esigenze della casa, bilanciando al meglio pannelli, batteria e caldaia».

Sembra complicato…

«Non lo è; è tutto automatizzato e per l’utente la manutenzione è la stessa di una normale caldaia, al resto pensano le visite annuali di controllo di un tecnico, e il motore Stirling è garantito dal produttore inglese per ben 15 anni».

Il punto forse più critico della vostra proposta è l’inquinamento collegato alle caldaie a legno, che in Italia sta provocando molte polemiche e anche divieti di uso delle stufe e caldaie a biomassa, quando l’inquinamento da particolato supera le soglie massime previste.

«Guardi, il limite massimo di PM10 previsto per ricevere gli incentivi fiscali alle caldaie a biomassa in Italia è di 20 milligrammi per metro cubo di fumi, un valore molto basso. Ebbene, la nostra caldaia a condensazione emette appena 5 mg di particolato per metro cubo, e per questo può accedere alla soglia massima degli incentivi da conto termico».

In realtà c’è anche un altro problema: in Italia immettere energia elettrica in rete è severamente regolato. Lo si può fare producendo elettricità con una caldaia a pellet?

«Il problema non sussiste in Austria e Germania, dove si può anche vendere elettricità fra privati; ma in Italia, al di sopra del kW di potenza, in effetti un impianto termoelettrico dovrebbe registrarsi come “officina elettrica” con pesanti adempimenti burocratici e fiscali. Questo non è un problema per la nostra caldaia domestica, che arriva, appunto a 1 kW, ma può esserlo per il modello superiore da 5 kW elettrici, destinato a condomini e piccole imprese. Ma siamo fiduciosi che il futuro governo adegui una normativa vecchia e contraddittoria, rispetto ai progressi tecnologici e all’esigenza di produrre energia rinnovabile per rispettare i limiti europei».

E veniamo ai costi: quanto si va a spendere per un impianto “autarchico” di questo tipo?

«L’impianto completo, fotovoltaico, batterie, caldaia con Stirling, boiler, inverter ed elettronica, viene sui 40mila euro, che però, in caso di ristrutturazione, può accedre al bonus fiscale del 65%, o comunque alle massime aliquote del Conto Termico. Questo abbatte notevolmente la spesa e accelera i tempi di recupero dell’investimento, oltre al fatto che chi è già dotato di impianto solare, lo può integrare con il resto del sistema, risparmiando quella parte di costo».

L’autarchia, insomma, per ora costa piuttosto cara. Quelli che sognano l’indipendenza energetica rinnovabile al 100%, valuti se il proprio sogno valga la spesa.

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