Inquinamento, i dati sulle città italiane raccolti da Legambiente e Greenpeace

CATEGORIE:

In vista del vertice di Bruxelles sulla qualità dell’aria, rivolto agli otto paesi in procedura di infrazione, tra cui l’Italia, le associazioni ambientaliste hanno pubblicato due rapporti sull'inquinamento atmosferico nelle città, concentrandosi sui livelli di PM10 e di NO2.

ADV
image_pdfimage_print

Sono 39 i capoluoghi di provincia italiani che nel 2017 hanno superato, almeno in una stazione ufficiale di monitoraggio di tipo urbano, il limite annuale di 35 giorni per le polveri sottili con una media giornaliera superiore a 50 microgrammi/metro cubo.

Questo il primo dato che emerge da “Mal’aria“, il rapporto di Legambiente sull’inquinamento atmosferico nelle città italiane, che l’associazione ha presentato oggi alla vigilia del vertice di Bruxelles sulla qualità dell’aria.

Un incontro rivolto agli otto paesi in procedura di infrazione, tra cui l’Italia, e fortemente voluto dalla Commissiona Europea, che in questi giorni ha lanciato anche un ultimatum al nostro paese, chiedendo al ministro dell’ambiente Galletti aggiornamenti sulle misure pianificate dal governo in materia di inquinamento atmosferico. In mancanza di rimedi concreti – ricorda Legambiente nella nota di accompagnamento al rapporto – ci sarà il rinvio alla Corte di giustizia europea con inevitabili e salatissime multe per l’Italia.

In vista del vertice di Bruxelles anche Greenpeace ha pubblicato il suo rapporto “Ogni respiro è un rischio”, che si è concentrato sui dati dall’inquinamento da biossido di azoto (NO2) nelle città di Palermo, Milano, Torino e Roma.

Vediamo cosa emerge nel dettaglio dai documenti delle due associazioni ambientaliste.

Inquinamento nei capoluoghi italiani

Secondo i dati riportati da Mal’aria, le città più inquinate sono al nord (Frosinone è la prima del Centro/Sud, al nono posto).

Dei 39 capoluoghi più inquinati, analizzati da Legambiente, ben cinque hanno oltrepassato anche la soglia di 100 giorni di smog oltre i limiti: Torino (stazione Grassi) guida la classifica con il record negativo di 112 giorni di livelli di inquinamento atmosferico illegali, poi Cremona (Fatebenefratelli) con 105, Alessandria (D’Annunzio) con 103, Padova (Mandria) con 102 e Pavia (Minerva) con 101 giorni. Molto vicine allo sforamento sono andate anche Asti (Baussano) con 98 giorni e Milano (Senato) con le sue 97 giornate oltre il limite. Seguono Venezia (Tagliamento) 94, Frosinone (Scalo) 93, Lodi (Vignati) e Vicenza (Italia) con 90.

La situazione nel bacino padano e nel resto d’Italia

Come mostrano questi dati – sottolinea Legambiente – la situazione è specialmente critica nelle zone della pianura padana: in 31 dei 36 capoluoghi di provincia delle quattro regioni del nord (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna) è stato sforato il limite annuo giornaliero; in questi stessi Comuni, l’85% delle centraline urbane ha rilevato concentrazioni oltre il consentito, a dimostrazione di un problema diffuso in tutta la città e non solo in determinate zone.

Restano comunque preoccupanti i dati delle altre regioni d’Italia. In Campania le situazioni più critiche sono state registrate nelle stazioni delle città di Caserta (De Amicis), Avellino (Alighieri) e Napoli (Ferrovia), che hanno superato il tetto giornaliero di 50 microgrammi/metrocubo rispettivamente per 53, 49 e 43 volte. In Umbria situazione critica a Terni con 48 giorni di aria irrespirabile. In Friuli-Venezia Giulia la classifica di Mal’aria vede ai primi posti Pordenone (Centro) con 39 superamenti e Trieste (Mezzo mobile) con 37. Nelle Marche, invece, è Pesaro con 38 giorni oltre i limiti a posizionarsi tra le città peggiori.

Biosido di azoto e mobilità: in Italia ancora troppo diesel

Come accennavamo all’inizio, è uscito oggi anche il rapporto di Greenpeace con i dati dei rilevamenti sulla qualità dell’aria nelle quattro città italiane più colpite dall’inquinamento da biossido di azoto (NO2): Palermo, Milano, Torino e Roma.

A partire dallo scorso ottobre, l’associazione ambientalista ha realizzato 40 monitoraggi in 40 giorni diversi presso altrettanti istituti scolastici (asili o elementari) di queste città: 39 monitoraggi su 40 hanno rilevato concentrazioni di NO2 superiori ai 40 microgrammi per metro cubo (μg/m3), valore individuato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per la protezione della salute umana.

Come spiega il documento, il biossido di azoto – che negli ambienti urbani proviene per il 70-80% dal settore dei trasporti, e in massima parte dai motori diesel – è classificato tra le sostanze certamente cancerogene.

I suoi effetti patogeni sono principalmente a carico delle vie respiratorie, del sistema sanguigno e delle funzioni cardiache, spiega Greenpeace.

La situazione peggiore appare quella registrata a Torino e Milano: da una media dei rilevamenti svolti in queste due città, infatti, si ottengono valori superiori agli 80 μg/m3, più che doppi rispetto alla soglia sanitaria individuata dall’OMS. Palermo e Roma, per contro, mostrano una situazione appena meno grave: la prima con valori medi prossimi ai 70 μg/m3, la seconda con valori medi di poco inferiori ai 60 μg/m3.

Da quando ha iniziato a effettuare questa campagna di monitoraggi, spiega la nota che illustra il rapporto, Greenpeace ha incontrato i rappresentanti dei governi delle quattro città oggetto della sua iniziativa, per chiedere di adottare presto provvedimenti radicali per abbattere l’inquinamento da NO2, prevedendo un percorso di progressiva limitazione alla circolazione dei veicoli diesel, fino al loro bando a partire dal 2021.

Sull’inquinamento derivante dall’utilizzo del gasolio si è espressa anche Legambiente, ricordando che “l’Italia è il Paese in cui si vendono ancora più auto diesel (56% del venduto tra gennaio e ottobre 2017 contro una media europea del 45%), e dove circolano auto e soprattutto camion tra i più vecchi d’Europa (quasi 20 anni di età media).

Per l’associazione sarebbe invece necessario sostenere e accelerare il potenziamento del trasporto pubblico locale, per renderlo sempre più efficace e affidabile, orientando la sua trasformazione verso un parco circolante completamente elettrico, come varato dal piano del comune di Milano da qui al 2030 e come ha iniziato a fare l’azienda del trasporto pubblico torinese su alcune linee.

“Inoltre – prosegue Legambiente – occorre limitare l’accesso nelle aree urbane in maniera stringente e costante ai veicoli più inquinanti, spingendosi, come fatto dal comune di Torino, al blocco dei mezzi euro 5 diesel, mentre a Roma si è arrivati recentemente a bloccare anche le Euro 6.

Per incentivare questa trasformazione serve, però, potenziare le stazioni di ricarica dell’elettrico e, soprattutto, implementare nelle aree urbane infrastrutture per la mobilità ciclo-pedonale. Senza tralasciare la riqualificazione degli edifici pubblici e privati che dovrebbero riscaldare senza inquinare; il rafforzamento dei controlli sulle emissioni di auto, edifici e caldaie; intervenire specificatamente sulle aree industriali e portuali. Da ultimo, ma non meno importante, ridisegnare strade, piazze e spazi pubblici delle città, aumentando il verde urbano.

Il confronto con le città europee

Mal’aria 2018 contiene anche il focus “Che aria tira in città: il confronto con i dati europei”, dal quale emerge che le principali città italiane sono tra le più critiche a livello europeo per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico, secondo i dati elaborati da Legambiente a partire dall’ultimo rapporto del 2016 dell’Organizzazione mondiale della Sanità.

L’associazione ambientalista ha confrontato le medie annuali di PM10 di 20 grandi città in Italia, Spagna, Germania, Francia, e Regno Unito (dati 2013).

I valori peggiori relativi alla concentrazione media annuale di polveri sottili (Pm10) si registrano proprio in Italia: a Torino (39 microgrammi/metrocubo di Pm10), Milano (37) e Napoli (35), che primeggiano sulle sorelle europee come Siviglia, Marsiglia e Nizza dove invece si registra una concentrazione media annuale di Pm10 pari a 29 μg/mc.

Roma si posiziona, insieme a Parigi, al settimo posto con una concentrazione media annua di 28 μg/mcs, seguono gli altri centri urbani europei con valori di gran lunga più bassi.

Negli anni successivi al 2013 – spiega Legambiente – la situazione delle quattro città italiane non è migliorata: la media annuale di PM10 a Torino è stata di 35 microgrammi/mc nel 2014, 39 nel 2015 e 36 nel 2016; a Milano è stata nei tre anni 35-41-36; a Napoli è stata 29 nel 2014 e nel 2015 e 28 nel 2016. A Roma, dai 29 microgrammi per metro cubo del 2014 si è passati a 31 nel 2015 e di nuovo a 29 nel 2016.

ADV
×