Scenari alternativi per la sostenibilità ecologica e l’equità sociale

Per testare l'efficacia e la coerenza di politiche energetiche che portino a una riduzione delle disuguaglianze, il Movimento per la Decrescita Felice ha ideato il modello 2Mete, ispirato alla letteratura di macroeconomia ecologica. Vediamo di cosa si tratta.

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L’articolo è stato pubblicato sul n.5/2017 della rivista QualEnergia con il titolo “Un modello per la transizione”

Gli impegni dell’Accordo di Parigi impongono all’Italia di attuare politiche in grado di promuovere una decarbonizzazione (pari almeno al 40% nel 2030), con l’aumento dell’efficienza energetica e della quota di Fer sul consumo finale lordo di energia.

Il dibattito che si è sviluppato su questi obiettivi è ricco e variegato. Manca ancora la consapevolezza che una reale transizione energetica, capace addirittura di ridurre dell’80% le emissioni CO2 nel 2050, possa essere attuata indipendentemente dalla struttura dell’economia italiana.

Quindi è opportuno valutare come gli scenari macroeconomici possano influenzare il raggiungimento degli obiettivi energetici, l’efficacia delle strategie energetiche, e viceversa, quali siano le conseguenze macroeconomiche della trasformazione del settore energetico. Ciò significa capire in quale contesto sociale si inserisce la transizione energetica.

Una risposta tecnica può indurre una trasformazione che rafforzi le disuguaglianze economiche invece che aumentare l’equità sociale. Per chiarire l’importanza di questi legami, su iniziativa e sostegno del Movimento per la Decrescita Felice, è stato sviluppato il modello 2Mete (Modello di Macroeconomia per la Transizione Energetica), ispirato alla letteratura di macroeconomia ecologica.

La macroeconomia ecologica intende unire gli sviluppi recenti della teoria post-keynesiana con quelli dell’economia ecologica. In particolare, il modello si propone di testare l’efficacia e la coerenza di politiche che permettano di raggiungere gli obiettivi energetici e che portino a una riduzione delle disuguaglianze, verificandone l’impatto sulle principali variabili macroeconomiche.

Per raggiungere lo scopo è stato necessario sviluppare una teoria che analizzasse i legami tra economia, energia e ambiente, tenendo conto: degli effetti dell’innovazione tecnologica sul consumo di energia e sull’occupazione (automazione); dello sviluppo del settore dell’economia sociale e locale; della dinamica della popolazione e degli effetti dell’invecchiamento della stessa sulla domanda e sul bilancio pubblico; del ruolo delle istituzioni sul mercato del lavoro (flessibilità); della composizione del mix energetico.

Tipologie sociali

Il modello prende in considerazione quattro tipologie di individui: gli occupati, i disoccupati, i pensionati e i capitalisti. La dinamica della popolazione determina il numero dei soggetti attivi e dei pensionati.

L’economia è composta da tre settori principali: il settore dei beni di consumo finali tradizionali, il settore dell’economia locale e sociale e il settore di produzione di energia.

Data l’importanza del settore energetico nella struttura del modello, si distingue il consumo finale e intermedio di energia elettrica, di gas metano e di petrolio, tenendo conto che la produzione di energia elettrica può avvenire attraverso le fonti fossili (solide, liquide e gassose) o quelle rinnovabili.

L’economia locale e sociale include il non-profit, ma anche la vendita diretta, come la produzione di beni alimentari (per esempio produzione a chilometro zero, gruppi di acquisto solidale) o le riparazioni.

Le specificità di questo settore fanno comprendere gli effetti che determinate politiche, sulla diffusione dell’economia locale o sulla durata dei prodotti, possono avere all’interno del sistema economico. Questa struttura è completata considerando la presenza del sistema bancario, del governo e degli scambi con l’estero. Si rimanda al report completo (link in fondo all’articolo), per una descrizione dettagliata del modello.

Di seguito, ci soffermiamo su alcuni particolari elementi. Per quanto riguarda la distribuzione del reddito, ogni gruppo di individui percepisce una specifica fonte di reddito. Per esempio, gli occupati percepiscono un reddito pari al salario orario del settore nel quale sono occupati, moltiplicato per il numero di ore annuali mediamente lavorate nel settore. Inoltre, alcune famiglie sono anche proprietarie delle imprese, e ottengono i dividendi (ossia i profitti distribuiti).

In questo modo è possibile analizzare come la dinamica della distribuzione funzionale impatta sulla distribuzione personale e la domanda aggregata per consumi e servizi finali. La spesa aggregata delle famiglie in consumi è una funzione del reddito disponibile realizzato nel periodo precedente e della ricchezza iniziale del periodo. Una volta determinata la spesa per consumi, le preferenze delle famiglie determinano la quota spesa nei tre settori (economia tradizionale, economia locale e sociale, energia).

La produzione ha bisogno di tre fattori produttivi: lavoro, capitale ed energia. Uno dei punti cruciali del modello è la dinamica della produttività del lavoro e dell’efficienza energetica. Per quanto riguarda il lavoro, per tenere conto delle continue modifiche delle istituzioni che determinano il funzionamento del mercato del lavoro, assumiamo che una quota dei lavoratori sia proporzionale alla capacità installata dalle imprese, mentre la restante quota dipenda direttamente dalla domanda fronteggiata nell’anno dal settore.

L’aumento della flessibilità nel mercato del lavoro tende ad aumentare la quota di lavoro variabile che seguirà il ciclo economico della domanda aggregata. Assumendo data la produttività media del settore all’inizio del periodo e il numero di ore medie lavorate viene così determinata l’occupazione.Le decisioni private d’investimento sono il cardine della dinamica del modello. Queste decisioni riguardano quello in capitale fisso e quello specifico in efficienza energetica.

L’ammontare d’investimento in capitale fisso è determinato dal tasso di crescita del capitale desiderato che è funzione dell’utilizzazione della capacità produttiva e del rapporto tra i profitti non distribuiti e il valore del capitale impiegato. Da un punto di vista finanziario, se gli investimenti sono maggiori dei profitti non distribuiti, la differenza è realizzata attraverso il credito delle banche che aumenta lo stock di debito delle imprese.

Nel caso contrario, lo stock di debito delle imprese si riduce. In ogni settore, la variazione della produttività del lavoro dipende da cinque fattori: dal tasso di crescita esogeno; dal tasso di crescita del capitale del settore; dal tasso di crescita del salario orario medio del settore; dalla variazione percentuale del numero di ore lavorate nel settore; dagli investimenti e i sussidi pubblici in automazione.

In modo simile, la variazione dell’efficienza energetica dipende dall’ammontare degli specifici investimenti effettuati delle imprese o dallo stato e dal tasso di crescita del capitale. Gli investimenti in efficientamento energetico sono caratterizzati da rendimenti decrescenti.

Quindi, più alto è il livello di efficienza raggiunto, più piccolo sarà l’effetto sul livello di efficienza di un’unità di investimento.I salari orari in ogni settore dipendono positivamente dal tasso di crescita della produttività del lavoro e dell’inflazione, negativamente dal tasso di disoccupazione. Dati i salari, possiamo stabilire quali sono i costi unitari di produzione e, attraverso il costo unitario e il livello di tassazione indiretta, la fissazione del prezzo dei beni, assumendo un mark-up specifico in ogni settore.

Il mark-up è influenzato dall’aumento della produttività del lavoro.

Infine, i profitti sono in parte distribuiti e in parte trattenuti dalle imprese nel periodo successivo per ripagare i debiti o per coprire una parte della spesa in investimenti …

continua a leggere l’articolo sulla versione digitale della rivista bimestrale QualEnergia

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