COP23, pochi passi avanti, zero azione. Se ne riparlerà in Polonia nel 2018

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Mentre i dati climatici e i livelli delle emissioni di CO2 continuano a peggiorare, la COP di Bonn porta a casa modestissimi risultati e rinvia tutto al prossimo evento negoziale, che si svolgerà in Polonia nel 2018. Le associazioni ambientaliste vedono il bicchiere mezzo pieno e chiedono più ambizione da parte dei governi, soprattutto europei.

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Le emissioni globali di CO2 aumenteranno del 2% quest’anno dopo essere rimaste stabili per tre anni.

Le concentrazioni medie globali di anidride carbonica hanno raggiunto le 403,3 parti per milione nel 2016 (nel 2015 eravamo a 400). Quest’anno probabilmente sarà il terzo più caldo dall’epoca post-industriale, cioè da 138 anni (+0,86 °C sopra la media del ventesimo secolo), dopo il 2016 (al 1° posto) e il 2015 (al 2° posto).

Aumentano gli eventi meteorologici estremi con danni alle persone e all’economia, soprattutto nelle aree più povere del pianeta.

E intanto c’è chi si rallegra per i modesti risultati che escono dai negoziati di Bonn (più nel dettaglio vedi I negoziati di Bonn sui cambiamenti climatici e l’inizio del dialogo “Talanoa”).

La COP23 appena conclusa è stata più ricerca del dialogo che azione, mentre si dovrebbe accertare definitivamente che perfino rallentare la crescita delle emissioni non è più sufficiente e, peraltro, nemmeno così scontato, come è stato dimostrato dai recenti dati di Global Carbon Project e viste le dinamiche future dei prezzi e del ruolo di petrolio e gas (vedi analisi IEA).

In questo chiaro-scuro, le associazioni ambientaliste parlano di piccoli passi avanti, ma al tempo stesso chiedono ai governi accelerazione e maggiore ambizione (come in effetti si ripete ogni anno da alcuni decenni in queste sedi).

Per Legambiente la COP di Bonn ha registrato quei passi in avanti, “ma c’è ancora molta la strada da percorrere per tradurre la promessa di Parigi in realtà. Servono fatti e scelte concrete e un ruolo da leadership da parte dell’Europa”.

“L’accordo raggiunto a Bonn, che include non solo la revisione degli impegni di riduzione delle emissioni, ma anche il sostegno finanziario ai paesi poveri colpiti dagli impatti dei cambiamenti climatici in corso – spiega la Presidente nazionale di Legambiente Rossella Muroni – si limita solo all’avvio del processo di revisione degli impegni. L’azione concreta dovrà essere presa alla COP24 del prossimo anno a Katowice in Polonia”.

Servirà, secondo Legambiente, ancora molto lavoro sul testo negoziale concordato, in modo da poter adottare a Katowice le linee guida finali secondo quanto previsto a Parigi.

Legambiente chiede all’Europa una leadership, che purtroppo non sta dimostrando da tempo, a partire dai suoi paesi più importanti come Germania e Francia, con una strategia per avere zero-emissioni entro il 2050, in modo da poter avere tutti gli strumenti a disposizione per rivedere al rialzo l’attuale impegno di riduzione del 40% al 2030.

Altra richiesta dell’associazione ambientalista, quella che vadano subito rivisti i target proposti per rinnovabili ed efficienza energetica in discussione nell’ambito del pacchetto Clima-Energia 2030.

Per WWF Italia, che parla di alcuni progressi per “un aumento delle ambizioni fino al 2020 e oltre”, i negoziati di Bonn hanno portato a un accordo su questioni importanti, come l’azione e il sostegno fino al 2020 e sul ruolo delle comunità locali e delle popolazioni indigene nell’azione per il clima.

Ma, si spiega, “i governi devono urgentemente rafforzare l’azione, finalizzare le regole per attuare l’Accordo di Parigi e rafforzare urgentemente l’ambizione degli impegni per il clima post 2020″.

“Sin dall’inizio, i paradossi di questa COP sono stati molti. I negoziatori si sono riuniti a Bonn – ha dichiarato il leader del programma mondiale per il clima e l’energia del WWF, Manuel Pulgar-Vidal – sotto una presidenza delle Fiji e, mentre gli Stati hanno deliberato sulle azioni future, città, regioni, imprese e comunità hanno intensificato gli sforzi per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi. Abbiamo visto che i Governi nazionali sono ancora in ritardo”.

Si rimanda, come si è solito fare i questi estenuanti processi negoziali, al prossimo anno e a mesi di trattative e di compromessi che nei fatti porteranno a pochissimo, visto poi che il fattore chiave è il tempo. Ma soprattutto sono le attuali logiche economiche basate sulla crescita ad ogni costo a non consentire un drastico taglio delle emissioni: l’effetto decoupling non è così marcato.

Ma tornando ai commenti delle associazioni ambientaliste registriamo che per il WWF “la presidenza polacca dovrà integrare e puntare a sostenere gli sforzi delle Fiji per accelerare i progressi verso la messa a punto delle regole che guideranno l’attuazione dell’accordo di Parigi e garantire finanziamenti certi e adeguati per i paesi in via di sviluppo, compresi quelli relativi alle emergenze (loss and damage)”.

“La sensazione che abbiamo avuto in questa Conferenza – ha detto Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed Energia del WWF Italia – è stata che effettivamente la transizione è in atto e che ha molti protagonisti, dalle città alle aziende. Abbiamo visto molta meno pubblicità e molta più comunicazione effettiva tra i diversi attori”.

Intanto Greenpeace Italia, che ritiene i risultati di questa Cop risultati “non del tutto soddisfacenti”, ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio per sottolineare l’urgenza della situazione e rimarcare il dovere dell’Italia e dell’Unione europea, di passare subito dalle parole ai fatti.

“L’Italia sta facendo alcuni passi avanti. Tra questi l’annuncio dell’abbandono del carbone entro il 2025 o l’adesione all’alleanza ‘Powering Past Coal’ avvenuta proprio durante la Cop. Ma per ora si tratta solo di annunci a cui non seguono i fatti”, ha detto Luca Iacoboni, responsabile della campagna Clima ed Energia di Greenpeace Italia.

Secondo Greenpeace, che guarda più dentro i nostri confini, “è incomprensibile e inaccettabile che il nostro governo sia favorevole a finanziare con soldi pubblici carbone, gas e nucleare, e che non proponga una data chiara per l’abbandono del carbone in Europa. Dovrebbe poi promuovere obiettivi più ambiziosi per la produzione di energia da rinnovabili. Stiamo facendo gli interessi di Germania, Polonia, e altri Paesi estremamente legati ai combustibili fossili, e se continueremo così saremo responsabili del fallimento delle politiche climatiche”.

Il 18 dicembre si terrà a Bruxelles un Consiglio Europeo sull’energia, durante il quale gli Stati Membri esprimeranno le proprie posizioni sul pacchetto di misure “Clean Energy for all Europeans“.

Greenpeace ricorda che su questo provvedimento le posizioni del governo italiano sono poco chiare e per nulla ambiziose e che “per l’Ue si tratterà del primo banco di prova dopo la COP”.

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