Una strategia che ha bisogno di discontinuità con le recenti politiche energetiche

Le critiche del settore fossile, la chiusura delle centrali a carbone al 2025, la spinta sul gas, i target sulle rinnovabili al 2030 e l'ambizioso obiettivo per il fotovoltaico. Una SEN in chiaro scuro che richiede strumenti normativi e politiche ben diverse da quelle passate. Un'analisi di Gianni Silvestrini.

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Fuori il carbone, rilancio delle rinnovabili, riduzione dei consumi e ruolo centrale del gas. Questi gli indirizzi della Strategia Energetica Nazionale, presentata venerdì 10 novembre dai ministri Calenda e Galletti.

Si tratta certamente di una discontinuità rispetto al precedente documento del 2013. E lo dimostrano le critiche dei sostenitori dei fossili, che lamentano l’assenza di attenzione alla produzione nazionale di idrocarburi. Ma, certo, si potrebbe e dovrebbe fare di più.

Vediamo dunque come si intendono allineare gli obiettivi italiani con quelli europei, che prevedono per la fine del prossimo decennio una riduzione del 40% delle emissioni climalteranti rispetto al 1990, una quota del 27% di fonti rinnovabili e un taglio del 30% dei consumi energetici.

Il segnale più netto viene dalla chiusura delle centrali a carbone entro il 2025 in sintonia con una tendenza internazionale che ha già visto analoghe decisioni da parte di Regno Unito, Francia, Olanda e Finlandia, in un contesto di più generale riduzione dei consumi del carbone (nel mondo -4% nell’ultimo biennio).

La produzione persa, 43 TWh nel 2015, potrebbe essere completamente sostituita dalla crescita del contributo delle rinnovabili.

Secondo la SEN, nel 2030 le tecnologie “green” dovranno coprire il 55% dei consumi elettrici, un valore più alto rispetto al 49% indicato nel documento messo in consultazione sei mesi fa. Questa revisione era prevedibile e avrebbe potuto essere anche più incisiva. 

Significativa in questo senso la richiesta alla Commissione Europea da parte dell’Enel e altre utility di innalzare l’obiettivo delle rinnovabili al 2030 dal 27 al 35%, un target che implicherebbe sul versante elettrico una quota verde superiore al 60%. Come cambiano i tempi …

Ma per raggiungere i risultati indicati nella SEN occorre una chiara discontinuità rispetto al rallentamento delle rinnovabili registratosi degli ultimi cinque anni, avviando una decisa crescita dell’eolico e del fotovoltaico.

Particolarmente significativo il balzo in avanti previsto per il solare che dovrebbe triplicare la sua produzione da 23 a 72 TWh/anno, un risultato ottenibile solo decuplicando l’attuale livello delle installazioni.

Dai 369 MW del 2016 si dovrà quindi in poco tempo passare a valori annui di 3.000-3.500 MW con impianti abbinati a batterie.  A differenza però della passata esplosione consentita da incentivi elevatissimi, questi obiettivi potranno essere raggiunti con un  limitato sostegno economico nei primi anni e successivamente eliminando gli incentivi grazie al crollo dei prezzi del fotovoltaico e dei sistemi di accumulo.

Tre quarti dei MW potrebbero essere realizzati sulle superfici di edifici e capannoni e il resto con impianti in siti industriali abbandonati, cave e discariche dismesse, aree militari non più utilizzate, bacini idroelettrici e superfici non coltivate. Servono però nuove norme che facilitino la realizzazione degli impianti e che consentano di valorizzare i servizi alla rete. Per esempio va subito consentita la possibilità di distribuire alle famiglie l’elettricità prodotta sui tetti dei condomini.

Un altro ambito decisivo affrontato dalla SEN è quello dei trasporti e dell’edilizia.

Si tratta di comparti che, secondo gli impegni europei, nel 2030 dovranno garantire un terzo delle emissioni in meno rispetto al 2005, mentre con le politiche attuali il taglio si fermerebbe al 24%.

In entrambi i casi vanno avviate non solo politiche di riduzione della CO2, ma previsti interventi in grado anche di ridare fiato al mondo produttivo.

Parliamo infatti della necessità di passare dai miglioramenti su singoli appartamenti alla riqualificazione spinta di interi edifici e quartieri, anche utilizzando forme avanzate di industrializzazione e digitalizzazione.

Nella SEN si accenna alla necessità della “deep renovation”, ma senza troppa convinzione, come dimostra la limitata ambizione nella riduzione dei consumi finali al 2030, solo 6 Mtep per l’edilizia. Non vengono inoltre menzionate le notevoli opportunità per il mondo delle imprese offerte da modelli innovativi di intervento sperimentati con successo all’estero, come Energiesprong.

La stessa cosa vale per i trasporti, con poche righe dedicate alla mobilità elettrica e con l’indicazione di una possibile diffusione di “quasi 5 milioni di auto” nel 2030. Un obiettivo che potrebbe essere decisamente più elevato. Ma soprattutto sarebbe stata necessaria l’indicazione di una data limite per la vendita di automobili a benzina/diesel come hanno fatto Francia e Regno Unito.

Trapela un certo imbarazzo ad approfondire questa transizione, considerato il noto scetticismo di FCA. Eppure, analogamente al comparto delle costruzioni, occorrerebbe una seria politica per favorire un ruolo delle imprese italiane in un mercato destinato ad esplodere nel prossimo decennio ed evitare di essere magari costretti ad importare auto elettriche cinesi.

Un settore che vede invece una forte attenzione nella SEN è quello del gas, in particolare nella realizzazione di nuove infrastrutture. Queste però andrebbero attentamente analizzate nell’ambito di una più incisiva politica dell’efficienza e delle fonti rinnovabili e in coerenza con gli scenari di decarbonizzazione al 2050. Il rischio concreto è quello del possibile sottoutilizzo di importanti investimenti. 

Un allegato specifico è infine rivolto alla metanizzazione della Sardegna. Considerando che l’isola ha un enorme potenziale di fonti rinnovabili in grado di garantire il soddisfacimento del 100% della domanda elettrica entro il 2040 e la copertura dell’insieme dei consumi energetici entro il 2050, sarebbe stato interessante valutare una diversa strategia basata su soluzioni spinte in grado di fare dell’isola l’avanguardia della transizione energetica, oltre ad offrire significative ricadute occupazionali.

(L’articolo è stato pubblicato anche su La Stampa, lo ripubblichiamo qui con il consenso del quotidiano)

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