Smog, quando il fotovoltaico è “oscurato” dall’inquinamento atmosferico

Una ricerca della Princeton University ha stimato che le particelle “sporche” presenti nell’aria (aerosol: nitrati, solfati, particolato carbonioso eccetera) possono ridurre fino al 35% la generazione elettrica massima potenziale dei moduli solari. Lo studio in sintesi.

ADV
image_pdfimage_print

Accumuli di polvere e sporcizia, tempeste di sabbia, smog: diversi fattori contribuiscono a peggiorare il rendimento dei pannelli fotovoltaici in diverse aree del pianeta, soprattutto quelle più aride e inquinate, diminuendo l’irraggiamento solare che arriva sulla superficie dei moduli (effetto soiling).

Uno studio della Princeton University, Reduction of solar photovoltaic resources due to air pollution in China (vedi qui un estratto), ha stimato la perdita di efficienza dei parchi FV in Cina, dovuta all’inquinamento atmosferico.

Nelle regioni settentrionali e orientali del paese, in cui sono maggiori le concentrazioni di aerosol nell’atmosfera, le particelle “sporche” possono ridurre fino al 35% l’output elettrico potenziale dei pannelli solari; in media ogni giorno fanno perdere una produzione energetica pari a 1,5 kWh/metro quadro.

L’utilizzo massiccio di combustibili fossili, si legge in una nota dell’università americana, incrementa la quantità di aerosol presente nell’aria: parliamo ad esempio di solfati, nitrati e particolato carbonioso, tutte sostanze che influiscono indirettamente sull’efficienza dei moduli fotovoltaici, perché impediscono ai raggi solari di “colpire” con la massima intensità i pannelli a terra, che siano fissi o con sistemi di tracking.

I ricercatori di Princeton hanno combinato i dati satellitari della NASA con un modello che analizza la performance degli impianti FV, esaminando gli impatti dell’aerosol sulla generazione fotovoltaica nell’intera Cina dal 2003 al 2014.

La cattiva qualità dell’aria, evidenzia lo studio, dipende da molteplici fonti inquinanti: centrali termoelettriche a carbone, traffico automobilistico, impianti a biomasse, senza dimenticare certi eventi naturali come le tempeste di polvere e sabbia nelle zone semidesertiche.

Torniamo così ai rischi e problemi della transizione energetica in Cina (vedi QualEnergia.it), al confronto tra fonti fossili e rinnovabili, con queste ultime che producono meno elettricità di quella massima producibile, non solo perché la rete elettrica è congestionata, ma anche perché l’inquinamento disperde una parte della radiazione solare prima che possa raggiungere il suolo.

Cina, India e altri paesi emergenti, di recente industrializzazione, affermano gli scienziati americani, dovrebbero allora includere queste ricerche nei rispettivi piani energetici, mentre gli operatori-investitori dovrebbero cercare di ottimizzare i progetti dei grandi parchi FV, scegliendo i siti più soleggiati e meno inquinati, aumentando la frequenza delle pulizie dei pannelli, potenziando le linee di trasmissione.

La Princeton University intende proseguire le rilevazioni in altri paesi, l’India soprattutto, per determinare quanto l’aerosol riduca la generazione elettrica FV con l’assorbimento dei raggi solari, e per stimare il deterioramento di efficienza dei moduli provocato dai depositi di agenti inquinanti direttamente sulle superfici dei moduli (QualEnergia.it, Quanta efficienza perde il fotovoltaico con polvere e smog).

ADV
×