Uragani, FV e batterie: l’offerta di Musk a Portorico e il futuro delle micro-grid

Il ceo di Tesla avvia un dialogo con il governatore dell'isola caraibica per ricostruire con storage e FV la rete elettrica devastata dall'uragano Maria: le microreti basate su accumuli e solare sono una soluzione vincente per le situazioni di emergenza e per creare sistemi resilienti.

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Una delle conseguenze del global warming, l’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi meteorologici estremi, potrebbe anche essere un driver per il mercato di sistemi elettrici innovativi e più puliti, come le micro-reti alimentate da fotovoltaico e batterie.

Di rapida installazione, FV e accumuli elettrochimici, infatti, sono sempre più spesso economicamente competitivi rispetto ai generatori diesel solitamente usati nelle situazioni di emergenza, dove la rete non c’è o è stata distrutta.

Rispetto a questi, inoltre, hanno il vantaggio di non dipendere dall’approvvigionamento di carburante, oltre che quello di avere un impatto ambientale minore.

Il tema è di stretta attualità dopo le devastazioni portate dai vari uragani che negli ultimi mesi hanno spazzato ampie zone degli Stati Uniti e dei Caraibi, tra cui “Maria” che ha colpito duramente Portorico.

La proposta di Elon Musk

A tal proposito, grande eco mediatico, come spesso accade per le uscite del personaggio, ha destato l’intervento di Elon Musk, il ceo di Tesla, azienda sempre più impegnata anche nel settore delle batterie stazionarie oltre che sul fronte dei veicoli elettrici.

Musk, su Twitter, ha infatti offerto all’isola caraibica prostrata dall’evento meteo il contributo di Tesla per ricostruire la rete elettrica, quasi completamente distrutta da Maria.

L’azienda di Musk, che controlla anche Solarcentury, specializzata in FV su tetto, ha già realizzato varie reti basate su accumuli e solare in diverse piccole isole e per questo il fondatore, in un tweet, ha dato la sua disponibilità per intervenire a Portorico, rimettendo la decisione al governo di quello che si avvia ad essere il 51esimo Stato Usa.

Il governatore dell’isola, Ricardo Rosselló, non se lo è fatto ripetere: “Parliamo. Vuoi mostrare al mondo la scalabilità delle tecnologie Tesla. Portorico potrebbe essere quel progetto bandiera”, ha risposto, sempre su Twitter.

Staremo a vedere come e se l’offerta si concretizzerà. Non è la prima volta che il ceo di Tesla propone, con un cinguettio, di risolvere con le sue batterie i problemi di un sistema elettrico: da un tweet è arrivata la sua offerta di stabilizzare la rete del South Australia in tempi rapidissimi e a quanto pare sta mantenendo la promessa.

Un mercato promettente

Musk a parte, è chiaro che le microgrid basate su FV e storage, adatte tanto alle ricostruzioni nelle situazioni di emergenza, quanto a portare l’elettricità dove non c’è con sistemi resilienti alle catastrofi naturali, avranno un ruolo sempre più importante nella transizione energetica.

Proprio questa settimana, Navigant Research ha pubblicato la sua previsione secondo la quale entro il 2026, si installeranno microgrid per oltre 22,3 miliardi di dollari con oltre 18 GW di storage integrato.

Al momento, rileva un altro recente studio sulla materia, realizzato da GTM Research, la soluzione più conveniente per micro-reti è quella ibrida, in cui il FV è abbinato al gas naturale liquefatto, con una forchetta tra 80 e 150 $/MWh, mentre il fotovoltaico con batterie al litio viaggia tra 216 e 397 $/MWh.

Con il calo previsto dei costi delle batterie, però (si veda anche il report Irena di cui abbiamo parlato oggi), al 2025, secondo GTM, la soluzione 100% rinnovabili FV+storage elettrochimico costerà in media il 45% in meno.

Entro qualche anno, dunque, in isole, aree rurali lontane dalla rete principale e situazioni di emergenza l’opzione solo diesel, già ora spesso di dubbia convenienza, sarà definitivamente fuori mercato e quella solare e batterie diventerà la scelta di default.

I desalinizzatori

Altro campo in cui FV e storage abbinati potrebbero fare molto è poi quello dei desalinizzatori. Questi impianti infatti sono altamente energivori e nello stesso tempo sono investimenti capital intensive, cioè con un elevato esborso iniziale: una volta installato, un desalinizzatore non può permettersi blocchi prolungati, altrimenti vanificherebbe il senso economico dello stesso investimento.

Le rinnovabili con storage, quindi, potrebbero rappresentare la carta vincente per inserire un sistema di desalinizzazione in una micro-rete priva di combustibili fossili (ne avevamo scritto qui). Se parliamo di una rete che serve il solo desalinizzatore, al momento, invece, sembra essere più conveniente alimentarlo con il FV e stoccare l’acqua.

In ogni caso è chiaro che per il FV si tratta di un’applicazione molto interessante. L’Arabia Saudita, ad esempio, consuma circa il 10% della sua energia primaria per rendere potabile l’acqua marina: secondo Wood MacKenzie, un desalinizzatore con solare fotovoltaico potrebbe essere competitivo rispetto a un desalinizzatore tradizionale (alimentato con energia da olio combustibile) anche con prezzi del barile nell’ordine di 20-30 dollari.

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