Drax, il “mostro” inglese del carbone che pensa anche a gas e storage

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Dopo aver convertito 3 vecchie unità “sporche” all’utilizzo di biomasse per produrre elettricità, il gruppo energetico del Regno Unito sta progettando di realizzare un megasistema di accumulo a batterie e nuovi impianti a gas. Evoluzioni e contraddizioni della transizione fossili-rinnovabili in UK.

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La mega centrale a carbone di Drax, nel Regno Unito, la seconda più “sporca” d’Europa secondo gli ultimi dati del registro UE delle emissioni (Quanto continua a inquinare il carbone in Europa), prosegue il suo tortuoso percorso di riconversione industriale con un progetto che potrebbe entrare nel Guinness dei primati della transizione energetica.

L’idea è di installare batterie per complessivi 200 MW e fino a 3,6 GW di generazione a gas naturale, trasformando l’impianto dello North Yorkshire nella “casa” del sistema d’accumulo elettrochimico più grande del mondo, con una potenza maggiore di quello che sta realizzando Tesla in Australia da 100 MW/130 MWh (vedi QualEnergia.it).

Questi numeri, precisa una nota del gruppo energetico inglese, rappresentano i parametri massimi del progetto e potranno essere raggiunti a una serie di condizioni: in particolare, una decisione finale di investimento positiva e la sottoscrizione di un contratto di 15 anni per il mercato della capacità.

L’obiettivo di questa conversione al gas più storage, infatti, è duplice: da un lato, “ripulire” la Drax Power Station dalla fonte fossile più inquinante, dall’altro, incrementare la sua flessibilità operativa, la sua capacità di rispondere alle fluttuazioni della domanda elettrica in un mercato che sta cambiando molto velocemente, con l’ingresso di nuova potenza rinnovabile.

Con gas e accumuli, in luogo del carbone, Drax potrebbe fornire diversi servizi di supporto alla rete, come la regolazione di frequenza, la copertura dei picchi di domanda e così via.

Al momento, il colosso dello Yorkshire produce il 7-8% dell’elettricità della Gran Bretagna, di cui una larga fetta (70% circa, che equivale intorno al 17-20% di tutta l’energia rinnovabile inglese) con i tre blocchi riconvertiti da carbone a biomasse dal 2013 in poi.

L’operazione coal-to-biomass ha innescato un dibattito spesso molto critico sulla sua reale sostenibilità ambientale, perché le nuove unità fagocitano pellet compresso proveniente dai boschi dell’America sud-orientale (vedi anche QualEnergia.it).

Proprio in queste settimane, Bruxelles sta negoziando il nuovo regolamento sull’utilizzo dei suoli e delle foreste, per limitare pratiche poco responsabili come l’importazione di biomassa che verrà bruciata in Europa senza però che il bilancio totale delle emissioni sia correttamente riportato; invece bisognerà calcolare il minore assorbimento di CO2 dei “bacini naturali”, degli alberi tagliati negli Stati Uniti in questo caso.

Indubbiamente il mix energetico inglese si trova in una fase di passaggio, con la crisi definitiva del carbone sorpassato dal gas e dalle tecnologie pulite.

Eolico e fotovoltaico sono in costante ascesa, mentre il gas costituisce la risorsa fossile “ponte”, verso un futuro con sempre più elettricità generata da vento e sole (In Gran Bretagna più eolico che carbone nel 2016).

I risultati della seconda asta inglese per le rinnovabili hanno poi mostrato quanto sia diventato competitivo l’eolico offshore anche nei confronti del nucleare, perché nel 2021-2023 sono previsti tre grandi impianti marini, per complessivi 3,6 GW di potenza, che produrranno energia a costi ampiamente inferiori rispetto ai prezzi concordati da EDF con Londra per la centrale atomica di Hinkley Point (articolo di QualEnergia.it con tutti i dettagli).

Tornando ai progetti globali di Drax, nel 2016 la società aveva annunciato di voler costruire quattro impianti OCGT (open-cycle gas turbine) in Inghilterra e Galles, per 1.200 MW totali, impianti in grado di avviarsi molto rapidamente per rispondere alle esigenze della rete elettrica in tempo quasi-reale, ad esempio per sopperire alla mancanza di produzione da fonte rinnovabile per coprire un picco dei consumi.

Sulle fonti pulite, il gas e gli accumuli, in definitiva, si gioca una buona parte del futuro energetico inglese, con evidenti e profonde conseguenze anche per gli altri paesi europei, a prescindere da come si svolgerà la Brexit, perché ci sono tendenze globali – riduzione dei costi delle tecnologie, concorrenza fossili/rinnovabili, riduzione delle emissioni – che vanno ben oltre i singoli confini nazionali.

Se perfino un “mostro” da 4 GW come la Drax Power Station sta cercando, pur tra varie contraddizioni, di mutare pelle, questo è un segno inequivocabile di come molte grandi utility dell’energia si stiano orientando verso un modello economico più low-carbon.

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