Imu su piattaforme offshore, anche il Comune di Rimini chiede il conto ad ENI

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Dopo Cesenatico e Ravenna anche il Comune di Rimini si è costituito in giudizio nei confronti di Eni contro i ricorsi presentati per il mancato versamento dei tributi dovuti (oltre 13 mln di €) per le piattaforme di estrazione. Per le 119 piattaforme italiane un contenzioso di 300 mln di €.

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Dopo Cesenatico e Ravenna anche il Comune di Rimini ha deciso di costituirsi in giudizio nei confronti di Eni contro i ricorsi presentati per il mancato versamento dei tributi dovuti per le piattaforme di estrazione.

La cifra in ballo è di 13,3 milioni di euro. I ricorsi riguardano gli avvisi di accertamento notificati per l’omesso versamento di Ici nel 2011, Iscop nel 2011 e Imu nel periodo 2012-2015.

Il comune vuole vedersi riconoscere una somma che comprende la quota di imposta dovuta per le sei piattaforme, oltre 6,5 milioni di euro, e le relative sanzioni.

Come avvocato la giunta di Rimini ha scelto lo stesso legale che si occupa della difesa dei Comuni di Cesenatico e Ravenna.

Il Comune di Cesenatico dovrebbe ancora ricevere 3,8 milioni di euro di Imu (6 mln già ricevuti) per le piattaforme entro le 12 miglia marine, ma Eni ha presentato ricorso contro gli avvisi di accertamento che fanno riferimento alle annualità 2014 e 2015.

Per il Comune di Ravenna Ici, Imu e Tasi ammontano a circa 40 milioni di euro.

Il contenzioso tra azienda e Comuni nasce nel dicembre scorso, quando la Corte di Cassazione attraverso due sentenze ha stabilito che le piattaforme estrattive vanno considerate come immobili “speciali”, pertanto devono essere accatastate e sono soggette al pagamento dell’Imu.

La Cassazione, infatti, aveva stabilito l’imponibilità delle piattaforme petrolifere in particolare con la sentenza 3618 del 24 febbraio 2016 (le strutture dovevano essere accatastate nella categoria D/7). Secondo tale pronuncia, le piattaforme dovevano pagare l’imposta locale sugli immobili come qualsiasi altra officina, magazzino o attività commerciale.

Il Consiglio dei Ministri aveva provato a rendere non imponibili le piattaforme, anche con effetto retroattivo, in quanto queste –secondo un decreto legge poi non approvato – non costituirebbero fabbricati iscrivibili in catasto.

La nuova interpretazione da parte della Cassazione oggi permette ai Comuni di far partire gli avvisi di accertamento per le imposte arretrate, che l’azienda invece sta impugnando davanti alle varie commissioni tributarie.

A livello nazionale si stima un contenzioso intorno alle 119 piattaforme petrolifere censite nel mare italiano, che vale almeno 300 milioni di euro, e che abbraccia tutte le imposte fino al 2016, somme che in alcuni casi sono già state acquisite o considerate nei bilanci degli enti locali.

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