Il pellet nel mondo: Italia quarto mercato, ma è importatore netto

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Negli ultimi 10 anni la produzione mondiale di pellet è aumentata di oltre 4 volte. La domanda annuale è cresciuta del 14%. Entrati sul mercato nuovi paesi. Usa il principale esportatore. In Italia l'85% della domanda è soddisfatta dall'import. I prezzi restano stabili, ma l'Iva è molto superiore a Germania e Austria.

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Nel corso degli ultimi 10 anni la produzione mondiale di pellet è aumentata di oltre 4 volte.

Nel 2006 era stimata in 6-7 milioni di tonnellate, è passata a 14,3 Mt nel 2010 e ha poi superato i 26 Mt nel 2015.

Questi alcuni dei tanti dati riportati, insieme ad una analisi molto dettagliata del mercato mondiale e della filiera, nel documento “Global Wood Pellet Industry and Trade Study 2017”, curato dalla task Bioenergy della IEA (allegato in basso).

Mentre sull’analisi dei motivi di un rilevante divario dei costi del prodotto da paese e paese c’è un po’ di incertezza, si può affermare con maggiore certezza che il tasso annuo di crescita della domanda dal 2011 sia stato su scala mondiale di circa il 14%.

Non solo è aumentata la domanda, ma anche il commercio intercontinentale, dominato principalmente dalle relazioni tra Usa e Gran Bretagna. Per gli usi non industriali gli scambi commerciali di pellet prevalgono invece in Europa.

Nuovi paesi sono entrati in questo mercato, dalla Russia a quelli Baltici, ma soprattutto stanno diventando molto importanti quelli del sud-est asiatico, con una forte spinta in Corea del Sud e Giappone, ormai tra i principali consumatori mondiali.

Su scala regionale, l’Europa resta il principale produttore con il 54% del totale (dato 2015), seguita dal Nord America (35%), che è il principale esportatore. Asia, Russia, Australia e America Latina rappresentano insieme appena l’11% della produzione mondiale.

Nella figura qui sotto (clicca per ingrandire) possiamo avere una prima panoramica sulla produzione e l’importazione ed esportazione del pellet nei diversi paesi.

A guidare la classifica dei produttori nazionali sono gli Stati Uniti con 7,4 Mt nel 2015 e 6,3 Mt nel 2016. Il Canada è il paese che ha registrato la recente maggiore crescita, avendo aumentato l’esportazione da 1,6 Mt nel 2015 a 2,4 nel 2016.

Altri grandi produttori sono la Germania (2,2 Mt) e la Svezia (1,5 Mt).

Riguardo ai consumi, la Gran Bretagna primeggia in questa classifica con 6,7 Mt nel 2015, seguita dagli Usa (2,9 Mt), dalla Danimarca (2,8 Mt) e dall’Italia con 2,1 milioni di tonnellate.

I prezzi del pellet per i consumatori residenziali in Europa si attestano tra i 200 e i 300 euro per tonnellata, con l’eccezione di Svizzera e Francia dove (senza includere l’Iva) sono i più alti.

I prezzi hanno raggiunto il loro apice nell’UE nell’anno 2013, in particolare in Austria, Germania, Svezia e Italia. Il minore fabbisogno di riscaldamento degli ultimi tre anni li ha fatti abbassare in tutta Europa, con una conseguente sovrapproduzione registrata nel 2016 (vedi grafico).

Per l’Italia nel 2016 non ci sono ancora dati attendibili, ma anche lo studio, che si basa su dati Aiel, valuta il forte gap esistente tra consumo e produzione nazionale di pellet: infatti circa l’85% è importato (dato 2015), pari a circa 1,6 Mt, gran parte del quale (28%) proveniente dall’Austria (dato 2015).

I maggiori consumi si hanno nell’ordine in Lombardia (45% del totale nel 2014), Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige.

La domanda è ovviamente legata alla forte crescita delle apparecchiature (caldaie e stufe) che bruciano pellet. Dal grafico si può notare come la gran parte di queste macchine in Italia siano stufe, a fine 2016 stimate in 1,6 milioni di unità.

I prezzi del pellet in Italia dal 2009 non sono cambiati molto, come si può vedere dal grafico, sia per il pellet venduto in sacchi che quello sfuso.

In media (2015) il prezzo in sacchi da 15 kg è di circa 229 €/t, esclusa Iva, che è oggi al 22%, mentre ad esempio quella applicata in Germania è del 7% e in Austria del 13%.

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