La siccità in Italia tra emergenza e clima che cambia

La crisi climatica è arrivata sulle prime pagine dei giornali solo per la scarsità idrica che minaccia la capitale. Ma il nostro Paese sta subendo già da tempo gli effetti del global warming, che in futuro saranno molto più pesanti. Ricordiamo cosa sta succedendo e potrebbe accadere nel nostro paese.

ADV
image_pdfimage_print

C’è voluta la minaccia del razionamento dell’acqua a Roma per far finire, finalmente e con colpevole ritardo, sulle prime pagine dei grandi media generalisti la questione degli impatti del cambiamento climatico in Italia.

La soddisfazione è ben magra, ma dal piccolo della nostra testata di settore possiamo dire: “ve l’avevamo detto”.

Da anni infatti riportiamo le numerose pubblicazioni scientifiche che mettono in guardia sugli impatti del global warming per il nostro Paese, e non solo in coincidenza con le cosiddette “emergenze”, se di emergenze si può parlare riguardo alle manifestazioni di un cambiamento climatico ben noto e in atto da tempo.

La crisi idrica in atto

La situazione attuale, che oggi sarà forse un po’ alleviata da un po’ di maltempo, almeno al Nord, è nota: secondo i dati Crea, ente di ricerca del Mipaaf, gli ultimi mesi hanno fatto registrare temperature di 3,2 °C superiori alla media del periodo associate ad un dimezzamento delle precipitazioni: -53% rispetto alla media del mese di giugno.

I gravissimi effetti li abbiamo sotto gli occhi e stanno colpendo anche in regioni in cui normalmente la siccità non era un problema, come la pianura padana, dove, ad esempio, il livello idrometrico del Po – dal cui bacino idrico dipende il 35% della produzione agricola nazionale – è sceso 3,23 metri sotto lo zero idrometrico.

Secondo il Mipaaf, questo sta causando perdite di produzione nell’ordine del 40-50% nel settore cerealicolo, oltre ad una consistente contrazione nella produzione nazionale di latte.

Se “l’emergenza” è finita sui giornali solo in questi giorni, la crisi va fatta iniziare già alla fine del 2016, peraltro quasi completamente ignorata: nell’inverno 2016-2017 (sempre dati Crea) le precipitazioni si sono praticamente dimezzate in tutta Italia, scendendo del 47,4%, con un picco negativo a dicembre in cui è caduta addirittura il 67% di acqua in meno sulla Penisola e in particolare sulle regioni del Nordest.

Il ruolo del global warming

Non è mai facile stabilire quanto un singolo evento meteorologico estremo, come un ondata di calore e la siccità proche ci sta colpendo, sia da attribuire al cambiamento climatico in atto. La scienza non lascia invece alcun dubbio sulla tendenza che vede aumentare la frequenza e l’intensità di questi fenomeni, questa sì attribuibile con certezza al global warming.

Ad esempio, secondo uno studio pubblicato su PNAS del quale abbiamo parlato di recente (Quantifying the influence of global warming on unprecedented extreme climate events, Noah S. Diffenbaugh et al.) l’85% circa delle ondate di calore degli ultimi anni è attribuibile al global warming.

Anche sulla causa del cambiamento climatico la scienza ci dice chiaramente che dipende dall’aumento dei gas serra messi in atmosfera dall’uomo, CO2 da combustibili fossili in primis. Ma si sono ormai innescati effetti a catena che coinvolgono l’aumento delle temperature delle superfici marine e la riduzione dei ghiacci, che a loro volta contribuiscono ad accelerare lo sconvolgimento in atto.

Il Mediterraneo e l’Italia in particolare – riportavamo qualche settimana fa citando una pubblicazione su Climate Signals – è un osservato speciale dei climatologi, perché considerato un “hotspot” dove potranno verificarsi le conseguenze più negative legate ai cambiamenti climatici: non solo ondate di calore e scarse precipitazioni estive, ma anche desertificazione di vaste aree, scioglimento dei ghiacciai alpini, incendi e così via.

Anche l’Agenzia Europea per l’Ambiente (AEA), nel suo ultimo rapporto “Climate change, impacts and vulnerability in Europe 2016”, avvertiva che proprio nell’area del Mediterraneo si avranno gli impatti più gravi del cambiamento climatico.

Cosa ci aspetta

Cosa il cambiamento climatico riserva per l’Italia, oltre all’”assaggio” che stiamo già vivendo, lo hanno spiegato in una conferenza stampa alla Camera, che abbiamo riportato, Antonio Navarra e Riccardo Valentini, scienziati dell’Ipcc.

Nell’area del Mediterraneo – hanno ricordato – le temperature aumentano più di quanto avviene in media nel resto del mondo e oggi il rateo di crescita delle temperature in Italia è circa il doppio rispetto a quello globale.

Tra i molti rischi che ci attendono: una maggiore salinità, con risalita del cuneo salino nei fiumi dalla ridotta portata, e un innalzamento del livello del mare dai 7 ai 12 centimetri, riduzione dei ghiacciai alpini e impatti sui bacini idrografici, un’esplosione dell’aridità e dei fenomeni di desertificazione, con la metà del territorio italiano a rischio di degrado e una maggiore frequenza di eventi estremi.

Il “nuovo clima”, si è detto, vedrà minori precipitazioni nella stagione estiva; tendenza all’aumento dell’ampiezza del ciclo stagionale con inverni anomali ed estati con maggiori possibilità di avere ondate eccezionali di calore.

Non solo caldo e siccità: danni per centinaia di miliardi di euro

Come conseguenza della siccità, hanno spiegato i ricercatori Ipcc, si temono anche possibili fenomeni di retroazione: un suolo più secco si riscalda più facilmente e si lascia penetrare più lentamente da piogge intense. Ciò limita la capacità di accumulo riducendo ulteriormente il contenuto idrico, che a sua volta limita lo sviluppo della vegetazione determinando condizioni favorevoli alla desertificazione.

A tutto ciò si aggiunge una perdita di biodiversità stimata al doppio di quanto previsto a livello europeo, dove arriva al 10%, e diversi effetti sulla salute: in aumento il rischio di malattie trasmissibili clima-sensibili quali quelle trasmesse da insetti vettori, le tossinfezioni alimentari e malattie trasmesse con l’acqua e via così.

Dal 1980 al 2016, secondo la AEA, l’Europa ha subito danni dovuti ai cambiamenti climatici, per 400 miliardi di euro e questo conteggiando solamente gli impatti degli eventi estremi.

Le stime disponibili relative ai futuri costi dovuti ai mutamenti del clima in Europa considerano solo alcuni settori e mostrano una notevole incertezza, ma appare ormai scontato che saranno molto più elevate in futuro e, come detto, l’agenzia europea prevede che i danni più elevati si avranno proprio nella regione mediterranea.

Andrà, insomma, molto peggio di come è andata dal 2013 al 2016, quando, secondo un recente dossier di Legambiente, 18 regioni italiane sono state colpite da 102 eventi estremi con circa 7,6 miliardi di euro di danni.

ADV
×