Fotovoltaico su tetto: come scegliere i moduli giusti

  • 20 Luglio 2018

Le marche più affidabili, le certificazioni consigliabili, le garanzie, le tecnologie più adatte alle diverse situazioni climatiche e costruttive: proviamo a dare qualche consiglio nella scelta dei moduli fotovoltaici per un impianto residenziale o commerciale da installare su tetto in Italia.

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Silicio monocristallino o policristallino? E perché non il film sottile? Cosa cambia nelle prestazioni in base a dove si vive? Cosa guardare sull’etichetta e cosa chiedere in quanto a certificazioni? E ancora: quali sono le marche di moduli FV più affidabili e quali garanzie esigere?

Sono molte le cose da sapere per decidere quali moduli scegliere per l’impianto fotovoltaico sul tetto di casa o dell’azienda. Proviamo a dare qualche consiglio.

Le tecnologie

Un primo bivio è tra le tecnologie: tralasciando soluzioni più di nicchia e concentrandosi su quelle solitamente proposte in Italia, la scelta è quasi sempre limitata ai moduli in silicio cristallino (SiC), monocristallino o policristallino.

I moduli monocristallini, solitamente più costosi, sono un po’ più efficienti, nel senso che richiedono meno spazio a parità di potenza.

Rispetto ai policristallini, producono di più in condizioni di intensità solare minore, ma a temperature alte perdono maggiormente in prestazioni.

Molto meno diffusi, ma comunque ben presenti sul mercato italiano, sono i moduli in film sottile: silicio amorfo, tellururo di cadmio (CdTE) o seleniuro di rame, indio e gallio (CIGS).

“Queste tecnologie hanno perso di competitività nei confronti dei moduli al silicio cristallino rispetto a 5 anni fa”, spiega a QualEnergia.it il fisico Alessandro Virtuani, esperto di tecnologie fotovoltaiche che lavora per il Politecnico di Losanna e il Joint Research Center della Commissione Europea.

Altro aspetto da considerare è l’invecchiamento: la perdita media di efficienza del silicio cristallino, infatti, in assenza ovviamente di guasti e difetti, è dello 0,5-0,8% annuo, contro l’1-1,2% di quella tecnologie a film sottile.

Spazio, peso e temperature

Il consiglio dell’esperto è di puntare sul film sottile solo in situazioni in cui si vuole minimizzare il peso dell’impianto o lo si vuole integrare con coperture particolari.

Il monocristallino, secondo Virtuani, andrebbe invece preferito solo quando ci siano spazio limitati sul tetto, per avere maggiore potenza a parità di area utilizzata.

Altro elemento che a volte si considera è quello della temperatura esterna: molti installatori consigliano in caso di installazioni in luoghi molto caldi il silicio policristallino, le cui prestazioni risentono meno del calore rispetto a quelle del mono.

“In realtà – spiega Virtuani – la differenza tra mono e poli riguardo alle temperature è trascurabile: è il silicio cristallino in genere a perdere di rendimento all’alzarsi delle temperature molto più di tutte le altre tecnologie, mentre quello che resiste meglio è il silicio amorfo, seguito dal CdTe e dal CIGS” (si veda anche QualEnergia.it, Fotovoltaico, quali tecnologie scegliere per i diversi climi?).

Per impianti che raggiungono temperature molto elevate, come quelli ad esempio che sostituiscono la copertura, suggerisce l’esperto, “si possono valutare tecnologie che resistono meglio al calore, come i film sottili o il silicio cristallino di tipo SHJ eterojunction, ma vanno sempre valutati i costi”.

Certificazioni e garanzie

Tecnologie a parte, quando si compra un modulo è bene verificare che abbia le dovute certificazioni, che ne garantiscono prestazioni e sicurezza.

Gli standard minimi che un modulo deve rispettare, visibili dall’etichetta, sono lo IEC 61215 per quelli in silicio cristallino (IEC 61646 per il film sottile) e lo IEC 61730 che garantisce sicurezza e resistenza dei moduli.

Non è poi una cattiva idea chiedere sempre moduli con certificazioni supplementari in base alle caratteristiche del sito di installazione.

Ad esempio chi abita vicino al mare dovrebbe scegliere moduli certificati per la resistenza alla nebbia salina (IEC 61701); chi vive in zone nevose prodotti testati per carichi meccanici superiori alla norma (IEC 62782).

Altra certificazione supplementare utile è la IEC 62804, contro il cosiddetto PID (Potential Induced Degradation), difetto piuttosto diffuso che porta ad un degrado accelerato delle prestazioni dei moduli FV.

Molto importante nello scegliere i moduli sono le garanzie: sia contro i difetti di produzione che sul calo delle prestazioni. La prima solitamente è di 10 anni, mentre, in quanto alla produttività, solitamente viene garantito un calo massimo del 20% in 25 anni.

Per la garanzia sulle prestazioni sono da preferire quelle che prevedono un degrado lineare, anziché a scalino.

La marche più affidabili

Un consiglio di buon senso, ma valido solo fino a un certo punto, è quello di scegliere marche note e aziende di grandi dimensioni: considerando che un impianto FV dura almeno 30 anni vorremmo avere la sicurezza che il produttore ci sia ancora quando ne avremmo bisogno in caso di problemi.

Quanto alla qualità dei vari prodotti un buono strumento per valutarla, andando oltre al passaparola e alla pubblicità, è consultare le pagelle di enti indipendenti che testano i prodotti, come quelle della società di consulenza e certificazione norvegese DNV GL.

Per chi volesse approfondire, abbiamo pubblicato qui la classifica annuale 2017 DNV GL, realizzata testando oltre 50 modelli di moduli. Quel che emerge dalle prove è che non c’è nessun motivo per avere pregiudizi sui prodotti cinesi, che anzi figurano spesso nella parte alta della classifica. Peraltro, va detto, non c’è sempre una netta correlazione tra dimensione dell’industria e qualità dei moduli.

Rimandando alla classifica per valutare gli altri aspetti, ad esempio una caratteristica chiave come la resistenza ai cicli termici, tra i primi della classe troviamo: Trina Solar, Astronergy, BYD, Jinko Solar, Kyocera, LONGi, NSP, SolarWorld, SunPower e Talesun.

Articolo pubblicato originariamente su QualEnergia.it il 19 luglio 2017

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