Efficienza energetica, passo indietro del Consiglio UE sugli obiettivi al 2030

Per colpa anche del freno italiano su alcuni temi, gli Stati membri hanno concordato alcune proposte di modifica alle direttive europee che finiscono per annacquare le misure indicate dalla Commissione. I risultati in sintesi con un commento di Francesco Ferrante, vicepresidente Kyoto Club.

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Il Consiglio UE sull’energia di ieri non ha smentito le preoccupazioni della vigilia.

Quando la discussione verte sull’efficienza energetica, l’Europa si spacca e fatica a trovare un accordo, con il risultato di annacquare, grazie anche al freno dell’Italia, le misure definite in prima battuta da Bruxelles.

I 28 Stati membri hanno approvato una serie di modifiche alle nuove proposte di direttiva che rientrano nel “pacchetto energia” presentato lo scorso anno dalla Commissione, per consentire all’Europa di onorare l’intesa di Parigi sul clima e ridurre le emissioni inquinanti nei vari settori.

Partiamo dai cambiamenti che interessano la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica.

Il nodo più stretto da sciogliere riguardava lo status dell’obiettivo di efficienza al 2030, che alcuni Stati avrebbero addirittura voluto abbassare di qualche punto percentuale rispetto all’indicazione originaria della Commissione (27% anziché 30%) e considerarlo solo indicativo.

Come spiega a QualEnergia.it il vicepresidente del Kyoto Club, Francesco Ferrante, che ha seguito da vicino gli sviluppi delle trattative, “il Consiglio ha proposto di rendere non-vincolante l’obiettivo del 30% e ha introdotto diversi tecnicismi, per depotenziare molto l’obbligo dell’1,5% di risparmio energetico annuale rivolto ai consumatori finali”.

In pratica, i delegati dei 28 Stati membri vorrebbero spaccare a metà il periodo 2020-2030: l’obbligo dell’1,5% sarebbe valido solo fino al 2025, per poi scendere automaticamente all’1%, a patto però che la Commissione, nella valutazione intermedia prevista per il 2024, stabilisca che l’Europa sia in linea con i suoi obiettivi di risparmio energetico.

Un testo così modificato sarebbe un passo indietro, commenta Ferrante, ricordando che la posizione della Commissione e del Parlamento su questi temi è più avanzata di quella appena espressa dal Consiglio. Quindi è lecito sperare che dai prossimi negoziati trilaterali possa uscire un provvedimento migliore.

L’Italia, prosegue Ferrante, “finora s’è comportata male, appoggiando l’ala meno ambiziosa degli Stati membri. Ad esempio, se nella battaglia per rendere vincolante il traguardo del 30% si fosse schierata con Francia e Germania, avrebbe potuto esercitare ben diversamente il suo peso nei negoziati” (vedi anche la lettera inviata al ministro Calenda dal Coordinamento FREE).

L’altra direttiva discussa ieri è la 2010/31/UE sulle prestazioni energetiche degli edifici.

Anche in questo caso, il Consiglio ha approvato delle modifiche di compromesso tra la versione originale della Commissione e le richieste dei singoli paesi.

Una nota particolarmente stonata riguarda l’obbligo d’installare colonnine di ricarica per i veicoli elettrici negli edifici. Il Consiglio, infatti, ha proposto di diminuire il numero di punti “ad almeno uno” per gli edifici non residenziali di nuova costruzione e quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti con più di dieci posti auto complessivi.

Nel testo iniziale della Commissione, invece, almeno un posteggio ogni dieci avrebbe dovuto possedere una colonnina: quindi, ad esempio, in un edificio con 30 parcheggi, gli automobilisti avrebbero trovato almeno tre punti di ricarica, mentre con il testo modificato basterebbe una sola colonnina.

Per quanto concerne gli edifici residenziali nuovi e quelli sottoposti a ristrutturazioni rilevanti, resta l’obbligo di realizzare i condotti per cavi elettrici (pre-cablaggio), in modo da permettere la successiva installazione dell’infrastruttura di ricarica in ciascun posto auto.

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