È il momento di investire in rinnovabili ed efficienza, ma in Italia serve più promozione

Riqualificazione di interi edifici e quartieri, integrazione delle soluzioni tecnologiche green, uso degli accumuli. I costi sono in discesa e gli esempi positivi non mancano, anche in Italia. Serve più conoscenza di queste opportunità, a tutti i livelli. Un resoconto di un convegno Adiconsum.

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La nostra società riuscirà ad abbandonare definitivamente l’uso delle fonti fossili a favore di quelle rinnovabili per produrre energia?

All’indomani dal G7 sull’ambiente che ha, almeno a livello di dichiarazioni, considerato “blindato” l’Accordo di Parigi definendolo “irreversibile”, la transizione verso un’economia decarbonizzata sembra ancora un processo complesso. E non certo solo per la posizione presa dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ma perché manca ancora una forte presa di coscienza collettiva a vari livelli.

Se ne è parlato in un recente convegno organizzato da Adiconsum dedicato, appunto, alle nuove tecnologie e alle nuove fonti di energia, di cui riportiamo un breve resoconto.

“Oggi sul territorio italiano abbiamo oltre 650mila impianti fotovoltaici, che hanno consentito di evitare la costruzione di una centrale elettrica di medie dimensioni. Questo vuol dire che la trasformazione è già avvenuta, ma a livello di singoli cittadini. Il cambiamento deve coinvolgere altrettanto rapidamente l’intero settore dell’edilizia che non ha ancora beneficiato di una piena consapevolezza da parte del consumatore finale – ha spiegato Gianni Silvestrini, in qualità di presidente di Green Building Council Italia, intervenendo al convegno.

“Fortunatamente – ha detto Silvestrini – stiamo andando in questa direzione, anche perché lo impongono le direttive europee, ma dobbiamo vincere le ultime resistenze. I fattori che possono accelerare questo processo sono tre: le politiche, le tecnologie e il comportamento dei consumatori. Nel nostro Paese le politiche sugli incentivi e sulle detrazioni fiscali hanno ottenuto buoni risultati, ma bisogna passare da interventi sui singoli appartamenti a misure che possano riqualificare interi quartieri. Il digitale può aiutarci nel processo di industrializzazione di alcune fasi di realizzazione degli interventi, come ci insegna la Danimarca che in pochi giorni ha riqualificato un quartiere tagliando addirittura le condutture del gas perché si sono azzerati i consumi di gas e si sono abbattuti i costi. E quando la politica si mette contro, come stanno facendo gli Stati Uniti, tocca alla spinta tecnologica e alla consapevolezza dei consumatori diventare dirompenti per consentire di vincere la sfida climatica”.

Il fisico Valerio Rossi Albertini del CNR ha spiegato che esiste una “stretta sinergia tra la scienza e le nuove tecnologie da un lato e la tutela e la sicurezza dei consumatori dall’altro”.

“Oggi siamo esposti a rischi che in passato erano sconosciuti e molti di questi pericoli derivano dal fatto che produciamo energia da fonti che non sono sostenibili. Il nostro modello di sviluppo economico, che sostanzialmente risale alla rivoluzione industriale inglese di fine ‘700, si basa su un processo predatorio che inizia con lo sfruttamento delle materie prime e finisce con una coda avvelenata che è lo smaltimento dei rifiuti. Ancora oggi il riciclo dei rifiuti è considerato quasi come un’attività accessoria. Si sta però affermando sempre di più il concetto di economia circolare, che non prevede un processo con una testa e una coda, ma reinserisce la risorsa utilizzata all’interno del ciclo produttivo come materia prima seconda. La natura stessa si basa su una grande catena universale che si sostiene e che dura da millenni. E noi la stiamo distruggendo in soli due secoli con il nostro modello produttivo. In Europa abbiamo 58mila decessi l’anno per inalazioni di polveri sottili, perché in natura non esistono polveri così sottili e il nostro sistema respiratorio non si è plasmato per filtrarle. La rivista Lancet ha certificato che chi vive in prossimità di strade trafficate ha il 50% di probabilità in più di contrarre malattie neurodegenerative”.

Il fisico del CNR ha ricordato che, rispetto ad alcune fonti rinnovabili, l’Italia è stata un paese leader: “il geotermico è stato usato per la prima volta all’inizio del ‘900 nel mar Mediterraneo, negli anni ‘30 nel nostro Paese si produceva la maggior parte di energia dall’idroelettrico e negli anni ‘60 abbiamo sviluppato il fotovoltaico. Dobbiamo renderci conto che tutto quello che non è rinnovabile ormai oltre ad essere passato remoto è passato dannoso”.

Entrando nel merito delle tecnologie oggi in commercio, Alessandro Giubilo di Flexienergy, Presidente Assieme, ha precisato: “Questo è il momento giusto per investire sulle fonti rinnovabili perché il settore non è mai stato così ricco di idee e di tecnologie adatte al consumatore finale, con un ottimo rapporto prezzo/prestazioni. Negli ultimi anni, ad esempio, il costo del fotovoltaico è calato di sei volte e possiamo dire che oggi un pannello costa meno delle tegole che lo ricoprono. Inoltre parliamo di tecnologie affidabilissime che dureranno più a lungo di chi le installa. L’Italia, purtroppo, non spinge molto sulla pubblicità delle rinnovabili, ma gli incentivi ci sono a differenza di altri paesi in cui mancano del tutto. E se pensiamo al nostro patrimonio edilizio, ci rendiamo conto che abbiamo un bacino spaventoso che ha un gran bisogno di essere riqualificato”.

In questo grafico l’andamento storico dei prezzi del fotovoltaico ($/W) e delle batterie al litio ($/Wh), in relazione all’andamento dell’installato.

Cosa deve fare un consumatore per rendere la propria abitazione efficiente?

Ad esempio, ridurre i consumi attraverso un’analisi domotica, installare un impianto fotovoltaico e un impianto di riscaldamento e produzione di acqua sanitaria a pompe di calore, infine isolare l’edificio. “Commercialmente esistono almeno 4 tipi di sistemi fotovoltaici – ha spiegato Giubilo – Quelli di prima generazione, quelli con l’accumulo, gli off-grid fuori rete e gli off-grid connessi in rete. Un impianto connesso in rete senza accumulo oggi costa circa 1500-1700 per kWp, ma nel frattempo sono nati quelli con accumulo che rappresentano una tecnologia più interessante per il consumatore, perché permettono di recuperare una parte di energia da utilizzare quando non c’è il sole. I costi sono più elevati, ma si può beneficiare della riduzione del 50% realizzando un investimento di lungo periodo”.

Nel grafico le previsioni di Bloomberg sui costi delle batterie agli ioni di litio e l’andamento del mercato annuale del loro principale driver, l’auto elettrica.

“Il rapporto tra ambientalisti e consumatori non è stato fatto di anni facili, ma oggi siamo in un’altra fase – ha precisato Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – Un’alleanza che rappresenta un’opportunità straordinaria che è ben raccontata nell’ultimo Rapporto Comuni Rinnovabili. In tutti i Comuni italiani siamo arrivati ad avere 1 milione di impianti fotovoltaici con alcuni Comuni rinnovabili al 100% che eccedono i fabbisogni termici ed elettrici delle famiglie e spendono il 30-40% in meno per riscaldarsi, pur vivendo in posti in cui fa freddo. Ormai il cambiamento è in atto e il futuro è dei prosumer. Due settimane fa abbiamo presentato le nostre proposte per aprire ai diritti dei prosumer e a forme di distribuzione locale, liberando l’autoproduzione da fonti rinnovabili, come ci chiede l’Europa. Perché dobbiamo aspettare tre anni e non possiamo iniziare a farlo subito?

“Tutto quello di cui abbiamo parlato finora è realizzabile perché ci sono gli accumulatori – sottolinea Gian Battista Zorzoli, presidente del Coordinamento Free – Fino a poco tempo fa l’unico sistema per accumulare energia elettrica in modo significativo era il pompaggio. In un solo decennio, dal 1859 al 1866, sono stati inventati l’accumulatore a piombo e la pila a secco che hanno dominato il mercato per più di un secolo. Con i pc sono nate esigenze nuove e le nanotecnologie hanno consentito di trasformare materiali inutilizzabili per produrre batterie nuove. Oggi ne abbiamo un numero rilevante, ma quelle più usate sono le batterie a litio, sviluppate proprio per il consumatore. Così come è successo per il fotovoltaico, anche la batteria a litio ha subito una caduta dei prezzi repentina negli ultimi anni. Il fatto che siano realizzate su linee automatizzate fa prevedere un ulteriore abbassamento dei costi. Tanto è vero che Tesla ha realizzato una Gigafactory di batterie a litio: si stima che quando la fabbrica andrà a pieno regime nel 2020 produrrà batterie per una capacità di 35 GWh, con una riduzione dei costi di oltre il 30%”. (vedi QualEnergia.it).

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