Quelle relazioni pericolose tra rischi climatici e conflitti geopolitici

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Uno studio di Climate Diplomacy riassume i potenziali legami tra variabili ambientali e aumento delle minacce su scala locale e nazionale: scontri tribali, instabilità politica, controllo delle risorse disponibili, sicurezza idrica e alimentare, migrazioni, povertà energetica.

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I cambiamenti climatici possono acuire notevolmente i conflitti etnici, sociali ed economici nelle aree più povere del Pianeta.

A tale affermazione, di per sé abbastanza ovvia, non corrisponde però una letteratura scientifica omogenea, perché alcuni studi, da una parte, hanno evidenziato che certe variabili ambientali (alluvioni, siccità, eccetera) influenzano l’insorgere di scontri tra popolazioni locali e dell’instabilità politica, altri studi, invece, non hanno riscontrato alcun legame specifico tra clima e rischi geopolitici.

Questa la premessa dello studio Climate and Conflict: Reviewing the Statistical Evidence (sintesi allegata in basso), pubblicato da Climate Diplomacy, l’iniziativa supportata dal governo tedesco in collaborazione con il think-tank berlinese adelphi e altri partner.

Secondo un recente documento della Nato Parliamentary Assembly, che si è concentrato sulla sicurezza idrica e alimentare nell’area MENA, il surriscaldamento globale è un “threat multiplier”, un moltiplicatore delle minacce su vasta scala (vedi QualEnergia.it).

Sottovalutare i rischi climatici (climate risk) è sempre più pericoloso, perché le conseguenze del global warming possono essere particolarmente distruttive, pensiamo ad esempio alle siccità prolungate con aridità dei terreni, che a loro volta innescano violenze tribali per il controllo delle scarse risorse disponibili (bestiame, cibo, pozzi) oppure migrazioni verso territori più miti e fertili.

La mappa qui sotto evidenzia le zone “rosse” in tutto il mondo, dove le variabili ambientali causano con più facilità determinati conflitti, perché, ad esempio, le istituzioni democratiche sono assenti o molto fragili, le persone vivono senza accesso ai servizi pubblici basilari (l’energia è tra questi), la distribuzione del reddito è iniqua e via dicendo.

Il seguente schema, invece, riassume le diverse relazioni tra shock climatici, effetti intermedi sulle popolazioni, incremento di conflitti e ipotesi di prevenzione.

Il legame tra clima e conflitti, si legge nello studio, quando emerge, è mediato da fattori economici e sociali, ad esempio l’impoverimento delle comunità rurali a seguito di qualche catastrofe ambientale.

Africa e Medio Oriente sono le aree più soggette a questo tipo di “relazioni pericolose” tra deterioramento ambientale e peggioramento delle condizioni di vita.

Ecco perché le politiche globali – inevitabile pensare agli accordi di Parigi e ai fondi da destinare alle economie emergenti – dovrebbero supportare in modo più incisivo la transizione energetica nei paesi africani e asiatici.

Il documento completo (pdf)

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