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La mannaia di Trump sui fondi per rinnovabili e ambiente

L’amministrazione repubblicana ha proposto un budget per l’anno fiscale 2018 che prevede riduzioni generalizzate per le tecnologie pulite. Colpita soprattutto l’Environmental Protection Agency con il 31% di fondi in meno rispetto al passato. In forse anche le attività di ricerca e sviluppo di diversi uffici e laboratori.

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Quanto rischiano le energie rinnovabili con la politica di Donald Trump? La risposta è “molto” scorrendo le pagine del Budget Blueprint (documento completo allegato in basso) presentato dall’amministrazione repubblicana per l’anno fiscale 2018.

L’obiettivo è lo stesso che Trump ripeteva in campagna elettorale: Make America Great Again, con una ricetta che dovrebbe favorire la sicurezza e la prosperità del popolo americano destinando più fondi alla difesa e alle misure per contrastare l’immigrazione illegale (si parla sempre del muro sul confine con il Messico).

Chiaramente, per trovare 54 miliardi di dollari aggiuntivi per le spese militari e di controllo delle frontiere, senza pesare sul debito pubblico, la Casa Bianca dovrà “pescare” da altri dipartimenti. I tagli annunciati nel campo dell’energia ad esempio sono particolarmente rilevanti. Vediamo le situazioni più critiche.

Partiamo dall’Environmental Protection Agency (EPA), l’agenzia federale per la protezione ambientale che, se il budget 2018 sarà approvato dal Congresso, si vedrà ridurre i fondi del 31% in confronto all’anno fiscale 2016-2017, ricevendo in totale 5,7 miliardi di dollari, oltre due miliardi e mezzo in meno (negli USA il calendario fiscale per il budget federale va da ottobre a settembre, quindi abbraccia un periodo spalmato su due anni differenti).

La Casa Bianca, si legge nel documento, intende sospendere i finanziamenti per il Clean Power Plan (vedi anche QualEnergia.it), oltre che per i programmi internazionali sui cambiamenti climatici e le attività di ricerca in questo settore, risparmiando circa 100 milioni di dollari.

Trump vorrebbe poi eliminare una cinquantina di programmi gestiti dall’EPA, che nel complesso valgono quasi 350 milioni di dollari.

Guardiamo ora al Dipartimento dell’Energia (DOE, Department of Energy): la scure qui dovrebbe assestare un colpo meno secco, perché si parla di una riduzione globale del 5,6% per il 2018 rispetto all’anno fiscale precedente. Il DOE otterrebbe così 28 miliardi, quasi due in meno di quanto gli aveva assegnato Barack Obama. Ma il problema sta soprattutto nella distribuzione dei fondi disponibili.

Il documento, infatti, propone di rafforzare le attività nel nucleare con particolare attenzione alla produzione di armi e alla decontaminazione dei siti, riempiendo maggiormente le casse della National Nuclear Safety Administration: 1,4 miliardi di dollari in più in confronto a prima (+11%).

Come evidenzia un’analisi di GTM Research sui tagli annunciati da Trump, gli uffici del DOE che operano nei vari settori delle rinnovabili e dell’efficienza energetica (EERE, Energy Efficiency and Renewable Energy) dovrebbero rinunciare a quasi un miliardo e mezzo di dollari, cioè -70% nel confronto con il budget approvato dalla precedente amministrazione.

Nessuna tecnologia potrebbe salvarsi da questo bilancio “lacrime e sangue”: dall’eolico al solare FV, passando per i veicoli elettrici, la geotermia, l’edilizia sostenibile e così via (tabella sotto che riprendiamo dall’articolo di GTM).

Va detto, però, che nemmeno le fonti convenzionali sarebbero esenti dai tagli di fondi presidenziali.

Le attività di ricerca e sviluppo per le tecnologie CCS (carbon capture and storage) e l’esplorazione di risorse non convenzionali di petrolio e gas, ad esempio, dovrebbero fare i conti con molti meno soldi rispetto a quelli elargiti nel recente passato.

Altri tagli riguarderanno due importanti laboratori focalizzati sulle tecnologie innovative del solare fotovoltaico e dell’energy storage: parliamo del National Renewable Energy Laboratory (NREL) e del Berkeley National Laboratory. Per entrambi si prospettano riduzioni complessive di budget nell’ordine del 22-28% con una punta del 54% per il solare fotovoltaico del Berkeley.

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