Enel: stop al carbone dalla Colombia. Associazioni: “serve piano concreto”

Nell'assemblea degli azionisti Enel ha reso nota la sua decisione di non rinnovare i contratti di fornitura di carbone dalla Colombia. Moderato l'entusiasmo di associazioni e fondazioni ambientaliste presenti, che hanno chiesto però un piano chiaro e concreto per l'uscita definitiva dal carbone.

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Durante l’assemblea degli azionisti, che si è tenuta ieri, 4 maggio, l’Enel ha reso nota la sua decisione di non rinnovare i contratti di fornitura di carbone dalla Colombia con le multinazionali estrattive Drummond (Stati Uniti) e Prodeco/Glencore (Svizzera).

Il percorso del carbone dalla Colombia all’Italia era infatti segnato da gravi violazioni dei diritti umani e da orrendi crimini perpetrati dalle unità paramilitari, come evidenziato nella pubblicazione “Profondo Nero” e nel video “La Via del Carbone”, pubblicati dall’associazione Re:Common nell’aprile del 2016 e da vari rapporti della Ong olandese Pax.

La decisione è stata accolta con moderato entusiasmo da associazioni e fondazioni ambientaliste presenti, che hanno rilanciato chiedendo alla controllata del Ministero del Tesoro un piano chiaro e concreto per l’uscita definitiva dal carbone, definendo l’orizzonte 2050 indicato dalla società “troppo vago”.

Il mix energetico di Enel

La produzione netta del gruppo oggi viene per il 29% dal carbone, il 14% da cicli combinati a gas-ccgt, per l’11% da oil & gas, il 12% da nucleare; e poi per il 24% dall’idroelettrico e per il 10% da altre fonti rinnovabili.

Fondazione Finanza Etica (FFE) del Gruppo Banca Etica, presente all’assemblea come azionista critico, fa presente che se da una parte nel piano 2017-2019 è prevista una diminuzione al 26% della quota del carbone, e un aumento al 15% della quota delle “altre” rinnovabili, dall’altra parte si deve stigmatizzare il fatto che in Italia e in Spagna, Enel continua a produrre buona parte dell’energia con il carbone.

Ad esempio la centrale Enel di Civitavecchia è tra i dieci impianti a carbone più inquinanti d’Europ,a mentre quella di Brindisi è la più grande d’Europa ed entrambe erano alimentate dal carbone proveniente dalla Colombia.

Inoltre, come ricorda Re:Common, Enel controlla il 70% di Endesa, una multinazionale elettrica spagnola che possiede più di 5.000 MW di potenza a carbone installata sul territorio iberico.

A tal proposito Re:Common, insieme ai ricercatori dell’Instituto Internacional de Derecho y Medio Ambiente (IIDMA), ha presentato un rapporto in cui si mettono in evidenza le responsabilità di Enel, quale azionista di maggioranza di Endesa, nella produzione da carbone in Spagna e in Portogallo e nell’assenza di un piano urgente di uscita dal carbone nella Penisola iberica.

“Pensare a una transizione fuori dal carbone in Italia, per quanto ancora da definire, senza intervenire in Spagna risulterebbe una contraddizione e un’ingiustizia macroscopica”, commenta l’associazione, a cui fa eco Fondazione Finanza Etica che chiede “date concrete per l’uscita totale dal carbone”.

Tuttavia FFE, alla luce di alcuni segnali positivi di cambiamento, ha deciso di approvare il bilancio Enel.

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