Caso Suniva e concorrenza sleale: Usa e Cina sull’orlo di un’altra “guerra sul solare”

Il produttore statunitense di celle e moduli fotovoltaici, fresco di bancarotta, ha chiesto all’agenzia federale per il commercio di varare nuove misure antidumping sui pannelli 'made in China'. Tra qualche mese la risposta. Gli scenari e le possibili conseguenze per il mercato FV globale.

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Una nuova guerra commerciale dei moduli fotovoltaici è alle porte?

La domanda è lecita, considerando quello che sta avvenendo negli Stati Uniti intorno al caso-Suniva, l’azienda americana del solare che ha dichiarato fallimento la scorsa settimana, dopo aver chiuso la sua fabbrica di pannelli da 200 MW in Michigan e licenziato senza preavviso 131 lavoratori.

Cerchiamo di capire gli scenari che si aprono, con la sua richiesta di erigere barriere protezioniste contro l’invasione di moduli e celle FV di provenienza cinese.

Liberismo vs protezionismo

La diatriba del libero commercio vs misure antidumping, come sappiamo, ha già spaccato l’industria europea del settore, da quando, nel 2013, Bruxelles ha introdotto i dazi sui moduli di silicio cristallino made in China, fabbricati sottocosto grazie anche alle sovvenzioni statali concesse da Pechino.

Di recente, la Commissione UE ha deciso di prolungare di 18 mesi le aliquote “punitive” – che altrimenti sarebbero scadute a marzo – sui moduli low cost, concedendo però uno sconto di sei mesi rispetto alla proposta originaria (due anni) e abbracciando così una linea un po’ più morbida e di compromesso tra favorevoli e contrari a mantenere le tariffe doganali (vedi l’approfondimento di QualEnergia.it).

Ritroviamo tutte queste dinamiche e preoccupazioni nel mercato americano. Suniva, alla fine del 2016, ha incrementato la capacità produttiva di celle FV ad alta efficienza degli stabilimenti in Georgia a 450 MW. Tuttavia, gli investimenti non sono bastati a fronteggiare la concorrenza dei marchi cinesi.

Le difficoltà si sono aggravate con il costante eccesso di offerta di moduli sulla domanda, che ha spremuto i prezzi a livelli particolarmente bassi, tanto da far perdere 50 milioni di dollari a Suniva dal 2015, secondo quanto riportato da GTM Research.

Così l’azienda USA ha inviato una richiesta all’agenzia federale per il commercio internazionale (USITC, United States International Trade Commission), in base alla section 201 del Trade Act del 1974, che può portare all’adozione di misure protezioniste per tutelare le aziende americane che siano seriamente minacciate dalle importazioni crescenti di determinati prodotti.

Le richieste di Suniva: e dopo?

Ciò che chiede Suniva è molto “pesante”: si parla di quasi raddoppiare il prezzo dei pannelli di importazione, non solo dalla Cina, ma più in generale dal Sud-Est asiatico.

Conviene ricordare, infatti, che gli Stati Uniti hanno imposto dazi sui moduli con etichette di Cina e Taiwan negli anni passati, assecondando lo schieramento protezionista capeggiato dal ramo americano di SolarWorld, la multinazionale tedesca che si è sempre schierata per il “sì” alle barriere antidumping.

SolarWorld, durante l’amministrazione di Barack Obama, era riuscita a convincere il Dipartimento USA del commercio a varare aliquote del 30% o superiori applicabili ai prodotti FV di moltissime aziende cinesi, tra cui colossi come Suntech e Trina Solar.

Com’era prevedibile, non è stata una guerra a senso unico, perché la Cina ha risposto con misure altrettanto forti per penalizzare l’industria statunitense del polysilicon.

Le restrizioni appena invocate da Suniva dovrebbero durare quattro anni, partendo con un dazio di 0,40 $/watt sulle celle per poi scendere gradualmente a 0,33, mentre il prezzo minimo dei moduli (minimum floor price) sarebbe fissato a 0,78 $/watt per il primo anno, arrivando a 0,68 al quarto.

La commissione federale avrà 180 giorni di tempo per esaminare la richiesta e trasmettere le sue raccomandazioni al presidente Donald Trump, che a sua volta dovrà decidere se seguirle o quali altre azioni intraprendere. Difficile, per il momento, formulare ipotesi: la ITC darà ragione a Suniva? Trump vorrà applicare la sua politica d’indipendenza energetica anche al solare FV?

Come hanno osservato gli analisti di GTM Research, il livello di protezione chiesto da Suniva farebbe tornare indietro il mercato americano di qualche anno, con prezzi mai visti dal periodo 2012-2015 durante il primo ciclo di sovraccapacità produttiva globale.

L’America, in sostanza, si ritroverebbe con i moduli più cari del mondo, circa il doppio rispetto agli altri paesi, con un incremento dei costi complessivi d’installazione per i grandi impianti FV utility-scale. Quindi, secondo gli esperti citati da GTM Research, l’impatto delle eventuali super-tariffe doganali potrebbe essere controproducente per l’industria FV americana.

Reazioni contrastanti

D’altronde, la stessa SEIA (Solar Energy Industries Association) ha criticato senza appello la mossa di Suniva: l’associazione, si legge in una nota ufficiale, “è contraria a qualsiasi risoluzione che limiti l’equa importazione di prodotti solari attraverso nuove tariffe o altre barriere, che possano minacciare il sostentamento dei 260.000 occupati USA del solare e delle rispettive famiglie”.

La maggior parte di questi “solar jobs”, evidenzia poi GTM Research, riguarda la filiera del downstream, cioè installazione, manutenzione-assistenza, piuttosto che la produzione di celle e moduli, di conseguenza una politica eccessivamente protezionista rischierebbe di ridurre il numero di nuovi progetti e danneggiare così migliaia di occupati e di piccole-medie imprese.

Più sfumata appare la reazione di SolarWorld USA. Secondo il presidente, Juergen Stein, “il caso-Suniva dimostra con forza che l’industria manifatturiera americana del solare soffre ancora per la concorrenza sleale. In particolare, aziende cinesi ampiamente sussidiate, così come altri produttori, stanno vendendo sottocosto i loro prodotti, forzando i concorrenti a registrare perdite, licenziare addetti e uscire dal mercato”.

Tuttavia, nel medesimo comunicato si legge che SolarWorld “valuterà la richiesta avanzata da Suniva, ma preferisce che ogni eventuale azione contro il commercio sleale sia presa considerando tutte le parti della filiera FV americana”.

Tradotto: facciamo attenzione a non esagerare con le misure antidumping, perché potremmo colpire gli interessi di molte industrie sane e competitive.

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