Biometano, i vantaggi e il potenziale in Italia

CATEGORIE:

Quali sono i vantaggi del biometano nelle sue diverse applicazioni? Che potenziale c'è in Italia per questo combustibile, anche alla luce del quadro normativo, in corso di definizione? Sul tema proponiamo un articolo della rivista QualEnergia scritto da Luigi Mazzocchi e Mauro Scagliotti di RSE.

ADV
image_pdfimage_print

Leggi l’articolo nella versione digitale della rivista QualEnergia

Lo sfruttamento energetico delle biomasse è attuato in diverse forme fra le quali, la produzione di energia elettrica da biogas prodotto dalla digestione anaerobica, che ha assunto un ruolo di primo piano.

Dei circa 19 TWh di elettricità fornita da biomasse nel 2015, circa 8 TWh sono stati ricavati dalla combustione di gas di discarica e biogas da scarti agricoli, colture dedicate, deiezioni animali, fanghi di depurazione delle acque.

Il DM del 5 dicembre 2013 ha aperto la strada alla produzione del biometano, un vettore energetico equivalente al gas naturale e rispondente alle caratteristiche di una fonte rinnovabile. Il biometano può essere immesso nella rete del gas naturale oppure trasportato con autocarri come gas compresso o liquefatto; sono possibili tutti gli utilizzi tradizionali per il gas naturale: riscaldamento, cottura, cogenerazione, impieghi nell’industria, autotrazione.

Riguardo all’ultimo caso, il biometano è in grado di contribuire alla quota di biocarburanti, per la quale la legge fissa una soglia minima crescente negli anni. Secondo il Rapporto Statistico 2016 dell’Eba (European Biogas Association) a fine 2015 in Europa si contavano 459 impianti di upgrading in esercizio.

Il settore appare in costante crescita e nel 2015 sono stati messi in funzione 92 nuovi impianti (+25% rispetto all’anno precedente), 43 dei quali nel Regno Unito.

I vantaggi del biometano

Perché avviare la filiera del biometano? Quali sono i vantaggi rispetto alla consolidata filiera del biogas con produzione elettrica in loco? Efficienza.

Il biogas è attualmente utilizzato, nella quasi totalità, per la produzione di elettricità direttamente nel luogo di produzione in impianti di piccola-media taglia (attorno a 1 MW).

Non è ritenuto conveniente trasportarlo, tramite una rete dedicata, per poi convertirlo in elettricità in impianti di grande taglia più economici ed efficienti. Questa circostanza danneggia un utilizzo cogenerativo del calore di scarto, poiché gran parte degli impianti è per sua natura ubicata in zone rurali con fabbisogni di calore modesti.

Dai dati Gse disponibili, relativi al 2014, si evince che a fronte di una produzione elettrica da biogas di 8,2 TWh si sono ottenuti circa 2,8 TWh di calore.

Se si assume per i motori a combustione interna un’efficienza elettrica media del 35% (coerente con il dato medio nazionale), il calore prodotto risulta corrispondere a un rendimento termico del 12% e globale del 47%, valori di molto inferiori a quelli ottenibili mediante la cogenerazione in presenza di adeguati carichi termici.

Tenendo conto che l’energia elettrica immessa in rete in media tensione è fonte di perdite elettriche, convenzionalmente stimate nel 5,5 %) e che per l’efficienza dei cicli combinati, tecnologia di riferimento per la generazione elettrica a gas, si può assumere un valore medio annuo del 52%, risulta che per ogni unità di metano contenuto nel biogas si evita il consumo di 0,78 unità di gas naturale di origine fossile.

Se il biogas viene convertito in biometano e impiegato al posto del gas naturale, si ha teoricamente una sostituzione 1:1 di gas naturale di origine fossile. Il processo di trasformazione “upgrading” del biogas in biometano comporta alcuni consumi energetici, quantificabili nel 5,5%, perciò un’unità di metano presente nel biogas si traduce nel risparmio di 0,945 unità di gas naturale.

Si noti il sensibile miglioramento (circa del 20%) nello sfruttamento del biogas rispetto all’utilizzo diretto in generazione elettrica.

Flessibilità. Benché sia una fonte rinnovabile prevedibile, la produzione elettrica da biogas non può essere definita programmabile: il digestore ha modesti margini di modulazione, comunque non sfruttabili in tempi rapidi.

Una certa elasticità di produzione può essere assicurata mediante uno stoccaggio del biogas, ma si tratta di una flessibilità molto limitata. L’immissione di biometano nella rete del gas naturale o nei distributori stradali è meno soggetta a vincoli temporali rigidi; ma soprattutto, nell’auspicata ipotesi in cui si realizzino impianti di co-produzione flessibile elettricità (+calore)/biometano, si otterrebbe una generazione elettrica ampiamente (0-100%) e rapidamente (pochi minuti) modulabile, adatta a fornire servizi di riserva e bilanciamento al sistema elettrico.Emissioni. La direttiva 2009/28/Ec fissa gli obiettivi vincolanti al 2020 in materia di riduzione delle emissioni di gas serra, fra cui la frazione di energia rinnovabile rispetto ai consumi finali lordi (per l’Italia 17%).

Il D.Lgs. 28 del 3 marzo 2011, fissa uno specifico obiettivo del 10% come frazione di energia rinnovabile nei trasporti. Il documento di monitoraggio del raggiungimento di questi obiettivi, aggiornato a fine 2014, indica che la quota complessiva di Fonti di Energia Rinnovabile è del 17%, mentre la quota nei trasporti si colloca a circa il 4,5%, e non è in crescita rispetto agli anni precedenti. Il biometano è un biocarburante la cui penetrazione nel settore dei trasporti può dare un contributo decisivo al raggiungimento dell’obiettivo al 2020.

Il potenziale italiano

Il potenziale nazionale è costituito in larga parte dagli scarti agricoli, dai reflui zootecnici, dalla frazione organica dei rifiuti e dai fanghi di depurazione delle acque. Se si tiene conto delle quantità di questi scarti ora disponibili, a fronte di una frazione di raccolta differenziata dei rifiuti leggermente sotto il 50%, e se si ipotizza che il tutto sia utilizzato per la produzione di biometano, si perviene a un valore di circa 4 miliardi di Sm3/anno di biometano.

Un altro potenziale, che può derivare da una maggiore quota di raccolta differenziata, può generare ulteriori 2 miliardi di Sm3/anno. 4 miliardi di Sm3/anno rappresentano una frazione non trascurabile (6%) dei consumi italiani di gas naturale, ed è ben superiore all’attuale consumo di gas naturale italiano nel settore trasporti (circa 1 miliardo di Sm3/anno).

La sostituzione di gas naturale con questo quantitativo di biometano eviterebbe l’emissione di 8 Mt/anno di CO2 (circa il 2,5% delle emissioni totali italiane).

Di seguito, raccolti in un grafico, i dati degli impianti di produzione del biometano in Europa.

Normative e incentivi

Alla data attuale, l’incentivazione del biometano è regolata dal DM del 5 dicembre 2013 che prevede tre tipologie d’incentivo per il biometano immesso in rete, secondo la sua destinazione d’uso.

Il biometano utilizzato per i trasporti è incentivato tramite il rilascio di Certificati di Immissione in Consumo (Cic), il biometano immesso nella rete di trasporto o di distribuzione del gas naturale, senza specifica destinazione d’uso, è incentivato con maggiorazioni rispetto al prezzo del gas naturale, mentre il biometano utilizzato in impianti di cogenerazione ad alto rendimento (Car) è incentivato con le tariffe per la produzione di energia elettrica da biogas.

Il decreto offre al produttore di biometano un’ampia gamma di possibilità per l’immissione in commercio. Ai sensi dell’articolo 1 comma 3 del DM 2013, la “rete” del gas naturale comprende non solo le reti di trasporto e distribuzione del gas naturale in concessione, ma anche le reti private, i sistemi di trasporto mediante carri bombolai e i distributori di carburanti per autotrazione sia stradali sia a uso privato, compreso l’uso agricolo, anche non connessi alle reti di trasporto e distribuzione. Il decreto DM 5 dicembre 2013 ha permesso in questi anni di sviluppare il necessario quadro tecnico, normativo e regolatorio per l’immissione in rete del biometano.

Sono state pubblicate le procedure applicative del Gse e aggiornate con giuste delibere Aeegsi, i codici di rete di trasporto e distribuzione. Nel 2016 sono state pubblicate sia la norma UNI EN 16723-1 con i requisiti di qualità per l’immissione in rete sia la seconda edizione del rapporto tecnico UNI TR 11537, che definisce le modalità di misurazione della qualità del biometano e le procedure da seguire per garantirne l’odorizzabilità.

Si stanno avviando a conclusione anche il progetto di norma europea prEN 16723-2 ed il progetto di rapporto tecnico UNI della Cuna riguardanti i requisiti di qualità del biometano per autotrazione. A fronte di questi aspetti positivi, peraltro maturati solo di recente, il decreto del 2013 non ha finora sortito gli auspicati risultati in termini di impianti realizzati. Il documento recentemente pubblicato da Rse e Regione Lombardia prende in esame alcuni possibili investimenti nel settore alla luce degli incentivi previsti dal DM 5 dicembre 2013 e ne evidenzia le principali criticità.

Le analisi effettuate mostrano come i casi più interessanti siano senz’altro quelli in cui si sfrutta la Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani (Forsu) e in cui la destinazione finale è l’autotrazione. Le limitazioni sulle matrici biologiche da utilizzare e le incertezze esistenti in campo normativo fanno sì che il biometano possa essere prodotto oggi quasi esclusivamente da sottoprodotti agricoli o da Forsu.

Dalle simulazioni effettuate, gli impianti a Forsu presentano sempre tempi di rientro inferiori ai corrispondenti impianti alimentati da sottoprodotti agricoli. Nel caso d’immissione in rete del biometano e destinazione d’uso autotrazione, a condizione di collocare sul mercato sempre il 100% del prodotto si possono avere tempi di ritorno dell’investimento compresi tra quattro e sette anni per la Forsu e dell’ordine di dodici anni per l’agricolo.

Più favorevole sembra essere il caso di biometano trasportato extra rete e collegato a un distributore proprio. Con il 90% di prodotto sul mercato, si possono avere tempi di ritorno dell’investimento compresi tra 3,1 e 5,3 anni per la Forsu e di 5,3 anni per il corrispondente impianto agricolo.

La sostanziale differenza tra i due casi sta nel fatto che nell’impianto agricolo le biomasse rappresentano sempre un costo, anche nel caso di scarti di valore nullo, tenuto conto degli oneri di trasporto, stoccaggio e movimentazione. Negli impianti a Forsu, invece, l’alimentazione a rifiuti dell’impianto costituisce un ricavo, dato dalla tariffa di conferimento.

La più favorevole incentivazione del biometano per autotrazione rispetto ad altri possibili impieghi trova la sua motivazione nelle difficoltà che l’Italia sta incontrando nel raggiungimento degli obiettivi comunitari in tema di biocarburanti. Le modalità di incentivazione del biometano per autotrazione, tuttavia, presentano una sostanziale criticità. Il DM 5 dicembre 2013 specifica che il produttore che immette in rete il biometano, nella stipula di un contratto bilaterale di fornitura con il soggetto che lo immette in consumo, acquisisce una parte dell’incentivo costituito dai Cic.

Questi ultimi però non hanno un valore certo, essendo soggetti a fluttuazioni di mercato, e ciò rende, di fatto, non bancabile l’investimento. Altri ostacoli riguardano la riconversione d’impianti esistenti a biogas, incoraggiati dalle tariffe elettriche, riconversione che risulta poco attraente, escludendo la possibilità di valorizzare investimenti già in parte sostenuti, ed essendo la data di scadenza degli incentivi (dicembre 2018) ormai troppo vicina per consentire lo sviluppo di un adeguato numero di progetti.

Il MiSE ha allo studio un nuovo decreto biometano, che è stato posto in consultazione pubblica tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 e che introdurrà una serie di novità essenziali ai fini dello sviluppo del settore, superando almeno in parte le criticità del precedente decreto.

Biometano e trasporti

Tra le principali novità che appaiono dall’esame della bozza di decreto vi è proprio il ritiro a titolo oneroso, da parte del Gse, del biometano avanzato e dei Cic. Il Gse ritirerà il biometano avanzato destinato ai trasporti che è immesso nelle reti con l’obbligo di connessione di terzi riconoscendo al produttore il valore dei corrispondenti Cic, incluse le eventuali maggiorazioni, per un importo certo e fissato in 375 a certificato. Questo elemento dovrebbe garantire una maggiore bancabilità degli investimenti nel settore, contribuendo a superare le attuali incertezze.

Un altro punto interessante del nuovo decreto riguarda la riconversione degli impianti esistenti. La definizione nel decreto vigente di un incentivo ridotto al 40% rispetto a quello previsto per l’avvio di nuovi impianti produttori di biometano, non ha finora favorito le riconversioni. Il nuovo decreto prevede, nel caso di riconversioni di impianti a biogas esistenti, che gli incentivi siano riconosciuti in misura pari al 100% degli incentivi spettanti all’analogo nuovo impianto.

Nel caso di impianti di produzione di energia elettrica da biogas esistenti che beneficino già di incentivi sull’energia prodotta, tale incentivo continuerà ad applicarsi, parallelamente a quello sul biometano, fino a un valore non superiore al 70% della produzione annua media incentivata prima della riconversione per l’intero periodo residuo di diritto.Il nuovo decreto prevede infine agevolazioni per la realizzazione di nuovi impianti di rifornimento di gas naturale sia in forma di gas compresso sia di gas liquefatto, fino a un massimo del 70% del costo di realizzazione dell’impianto di distribuzione e comunque entro un valore massimo di 600mila euro.

Successive maggiorazioni riguardano la realizzazione di impianti di liquefazione del biometano, fino al raggiungimento massimo del 70% del costo di realizzazione dell’impianto di liquefazione ed entro un valore massimo di 1.200.000. Queste maggiorazioni sono in linea con la direttiva 2014/94/UE «Dafi», recepita tramite D.Lgs. 257/2016, e aprono interessanti prospettive per il biometano liquefatto come possibile sostituto del gas naturale liquefatto che si sta diffondendo nel settore del trasporto merci con mezzi pesanti.

L’articolo è stato originariamente pubblicato sul n.1 2017 della rivista bimestrale Qualenergia con il titolo “Il bello del gas, bio”

ADV
×