Grosso guaio a Fukushima: che si farà ora?

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La prima ispezione con sonda ottica a uno dei reattori danneggiati, che è stato possibile effettuare solo dopo sei anni, ha dato una bruttissima sorpresa: il corium ha sfondato il vessel. Ci sono livelli i radioattività tali da “uccidere” anche i robot e ora non si sa più come mettere in sicurezza la centrale.

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Sono passati quasi sei anni da quel tragico 11 marzo 2011.

Si ricorderà uno tsunami, che oltre a provocare direttamente 25.000 morti, mise fuori uso l’alimentazione elettrica alla centrale nucleare giapponese di Fukushima Daiichi, portando all’interruzione del raffreddamento e, quindi, alla fusione di tre dei quattro reattori, con successive esplosioni di idrogeno che distrussero la centrale e sparpagliarono materiale radioattivo nelle aree circostanti.

Il disastro di 6 anni fa

«Quando in un reattore si interrompe il raffreddamento – ci ricorda l’ingegnere nucleare Alex Sorokin, titolare della società di consulenza energetica InterEnergy – anche se la centrale viene fermata in tempo, come avvenne a Fukushima, il calore di decadimento dei radionuclidi prodotti durante il precedente esercizio resta enorme, per cui, senza un adeguato raffreddamento, le temperature possono raggiungere migliaia di gradi, e la massa fusa di acciaio, uranio e altri metalli, il cosiddetto corium, è in grado di fondere ogni materiale conosciuto, continuando a scendere sempre più in basso.»

Il risultato della fusione fuori controllo dei tre reattori di Fukushima (il quarto, per fortuna, era vuoto al momento dello tsunami) fu l’evacuazione di decine di migliaia di persone dai paesi intorno, di cui solo una piccola parte è ora rientrata, grandi difficoltà nel mettere in sicurezza la centrale gravemente danneggiata e la previsione di una spesa spaventosa, sui 180 miliardi di dollari, per rimediare al tutto.

Da qualche tempo, però, di quel terribile disastro non si parlava quasi più e il silenzio faceva sperare che i lavori di messa in sicurezza e smantellamento andassero secondo i piani, portando a una tale normalizzazione della situazione tale da permettere al governo di far svolgere parte delle gare di baseball dell’Olimpiade di Tokyo del 2020 proprio a Fukushima, come suggello alla dimostrazione che tutto è ormai sotto controllo.

Purtroppo tanto normali le cose non sembrano essere.

La brutta sorpresa data dalla sonda ottica

La prima ispezione visiva di un reattore fra quelli danneggiati nel 2011, ha portato brutte sorprese alla Tepco, la società che possiede la centrale e sta cercando di rimediare al disastro, al tempo privata e poi diventata pubblica (anche in Giappone a quanto pare i profitti si privatizzano e le perdite si addossano al pubblico).

Dopo sei anni di lavori per rimuovere le macerie radioattive intorno agli edifici dei reattori, poche settimane fa i tecnici sono riusciti a far penetrare sotto al reattore numero 2, in teoria il meno danneggiato, una sonda ottica per riprendere le condizioni del vessel, il contenitore di acciaio spesso una ventina di centimetri, che una volta conteneva le barre di uranio e l’acqua ad alta temperatura in pressione.

Secondo la Tepco il vessel del numero 2 doveva essere solo leggermente danneggiato, e c’era quindi speranza che il combustibile nucleare fosse rimasto al suo interno, così che, fra qualche decennio, calata a livelli più sopportabili la radiazione, si potesse portare via il contenitore con dentro il corium per seppellire il tutto in qualche luogo sicuro.

«La Tepco – hanno scritto sul sito Fukuleaks, che segue le vicende del disastro – ha un impulso compulsivo a presentare sempre l’ipotesi più ottimistica come la più probabile, salvo poi essere costantemente smentita dai fatti.»

Le immagini della sonda hanno rivelato una realtà ben diversa: entrata nel contenitore in cemento che circonda il reattore ha ripreso un foro di un metro di diametro nella grata di protezione sotto al vessel, provocato con ogni probabilità dal corium che, sfondato il vessel, ne è fuoriuscito, “sciogliendo” la grata e finendo in fondo al contenitore in cemento armato del reattore, l’ultima barriera fra lui e il mondo esterno.

Radioattività tanto alta da “uccidere” anche i robot

Non si sa se il corium abbia fuso anche quel grande spessore in cemento, ma sembra probabile che ciò non sia accaduto.

«Se avesse sfondato il cemento alla base, il corium sarebbe arrivato in contatto con l’acqua della falda acquifera del terreno, e ora ci sarebbero rilasci di vapore radioattivo tutto intorno alla centrale. Visto che così non è, è probabile che il cemento abbia resistito. Comunque, per esserne certi, alla Tepco progettano di trivellare in diagonale fin sotto ai contenitori in cemento dei reattori e inserire nei pozzi sensori che controllino temperature e livello di radiazioni», ci spiega Sorokin.

E a proposito di livello di radiazioni, quello misurato nel reattore 2 dalla sonda è incredibilmente alto. L’analisi dei disturbi indotti all’elettronica dalle radiazioni vicino al foro nella grata, ha dato un risultato che è forse il più alto livello di radiazioni misurato finora sulla Terra: 530 Sievert/ora, contro i 75 Sievert/ora che la Tepco si aspettava.

Per capire l’enormità della cifra, basti considerare che con 6 Sievert/ora la morte è quasi certa: se un uomo si esponesse ai 530 Sievert/ora, presenti nel reattore, morirebbe quindi in pochi secondi.

I livelli sono talmente alti da aver messo in discussione pure la prossima tappa dell’ispezione del reattore, che doveva avvenire con un robot Irid, in grado di aprirsi la strada fra i detriti con getti d’acqua ad alta pressione: a 75 Sievert/ora la sua sopravvivenza era calcolata in circa 10 ore, con questo nuovo livello non durerebbe più di due ore, prima che le radiazioni “friggano” la sua elettronica.

Cosa si potrà fare adesso?

Come cambierà questa scoperta la strategia di smantellamento della Tepco?

«Certamente rende tutto più complicato e costoso – risponde Sorokin – Se, come è probabile, la situazione è la stessa o persino peggiore, anche negli altri due reattori, l’avere il corium, fonte di calore e radioattività intensissima, fuori dall’involucro di contenimento, rende impossibile lo smontaggio dei reattori, la rimozione delle parti radioattive e la loro sepoltura in una discarica controllata.»

Per quanto se ne sa e allo stato attuale della tecnologia, la soluzione più semplice in questo momento sembra fare come a Chernobyl: coprire tutto con un mostruoso sarcofago di acciaio, ancora più grande di quello appena terminato a Chernobyl, e isolare l’area intorno per secoli», ci spiega l’ingegnere nucleare.

Una soluzione che certo non piacerà agli abitanti della zona … «Beh, non è detto che finisca così. Bisogna infatti considerare che comunque per i prossimi 20-30 anni, non si potrà smontare nulla nelle aree con altissimo livello delle radiazioni. Occorrerà attendere che gli isotopi più energetici e di vita più breve decadano, facendo abbassare radioattività e temperature, e durante quel lungo periodo sicuramente i giapponesi svilupperanno robot specializzati per funzionare in aree altamente radioattive, che useranno poi nell’area per procedere allo smantellamento, senza intervento umano diretto.»

Dovranno essere – spiega l’esperto – macchine schermate e robuste, con microprocessori, dispositivi elettronici e logiche di programmazione speciali, in grado di resistere ai danni indotti dalle radiazioni.

«Ma – conclude – può anche accadere che si segua la linea opposta: tornare a macchine dotate di relè e attuatori elettromeccanici, comandate da sistemi di controllo esterni posti a distanza sicura, probabilmente via filo, una tecnologia simile a quella della seconda guerra mondiale, insomma.»

Comunque sia l’annuncio del “tutto risolto a Fukushimache il governo giapponese voleva dare alle Olimpiadi del 2020, pare decisamente prematuro.

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