Minieolico, una proposta per non interrompere il cammino

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Prolungare l’attuale regime incentivante per tutto l’anno in corso e ridurre in maniera meno drastica gli incentivi nella taglia dei 60 kW, differenziando tra turbine nuove di fabbrica e rigenerate. Carlo Buonfrate, presidente del CPEM, spiega la proposta inviata al Governo dalla sua associazione.

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Nell’arco di un quinquennio il minieolico da segmento marginale del tradizionale settore eolico ha assunto una propria e autonoma connotazione nel settore delle rinnovabili esprimendo valori di grande rilevanza in termini sia di numero di impianti realizzati che di potenza installata.

Le statistiche del GSE parlano di alcune migliaia di impianti fino ad ora installati in Italia, con una potenza di oltre 120 MW nella fascia fino a 200 kW.

Ciò che stupisce maggiormente è che, a differenza di altri settori delle rinnovabili, questi numeri provengono in prevalenza da una vivace filiera industriale quasi interamente italiana.

Persino il settore dell’usato ha trovato in Italia un florido mercato che si è sviluppato ad opera di molte imprese artigianali specializzate nel ricondizionamento di vecchie turbine dismesse nei paesi del nord Europa.

La domanda di impianti minieolici, soprattutto nella taglia dei 60 kW che rappresenta quasi due terzi dell’installato, si è pertanto sviluppata in parallelo sia nel nuovo che nell’usato ed è arrivata ad alimentare annualmente un fatturato di oltre 150 milioni di euro, dando lavoro a più di tre mila addetti.

La vitalità di questo settore rischia tuttavia di spegnersi lentamente nei prossimi mesi per via delle miopi decisioni del Governo che, con il varo del DM del 23 giugno scorso, ha deciso di ridurre drasticamente gli incentivi introdotti dal DM del 6 luglio del 2012, meritevoli di aver generato il forte sviluppo del minieolico e di altre forme di microgenerazione elettrica nel nostro Paese.

Ancor peggio, dopo il prospettato taglio del 30% degli incentivi nel secondo semestre di quest’anno, persiste una totale incertezza circa il futuro regime incentivante a favore delle FER, a partire dal prossimo anno.

L’assurdità di una prospettiva di estinzione dell’eolico di piccola taglia in Italia appare ancora più incomprensibile se si guardano gli ampi margini di manovra – oltre 360 milioni di euro – consentiti dal contatore dalle FER elettriche non FV che, dalle ultime rilevazioni del GSE dei giorni scorsi, permetterebbero l’ulteriore crescita di molti settori delle rinnovabili.

Proprio partendo dalla fosca prospettiva di un irreversibile declino, il CPEM ha avanzato ai Ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente una proposta (vedi lettera in allegato) capace di fornire sostegno e certezze all’eolico di piccola taglia e di salvaguardare l’esistenza della nostra industria il cui rafforzamento gioverebbe anche all’affermazione delle nostre imprese sui mercati esteri.

In particolare come Associazione dei costruttori e dei produttori di energia da minieolico, per voce del suo presidente, richiediamo il prolungamento dell’attuale regime incentivante per tutto l’anno in corso e una riduzione meno drastica degli incentivi nella taglia dei 60 kW, differenziandola in una tariffa di 230 €/MWh per le turbine nuove di fabbrica e di 190 €/MWh per quelle rigenerate, in una logica di maggiore equilibrio che tiene conto del diverso costo d’investimento.

L’effetto economico di un tale provvedimento a favore del settore, già oggi di scarso peso in termini di assorbimento delle risorse del contatore delle FER elettriche non fotovoltaiche, sarebbe praticamente neutro, consentendo però di mantenere in piedi questa vitale industria del nostro Paese.

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