Dazi fotovoltaico, gli Stati UE bocciano la proroga di Bruxelles

Continua il braccio di ferro tra favorevoli e contrari all’estensione delle misure antidumping sui moduli FV provenienti dalla Cina. La Commissione UE a dicembre ha proposto di mantenerle fino al 2019, abbassando però il prezzo minimo d’importazione. Gli Stati membri in un primo incontro hanno votato "no".

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Bruxelles non avrà vita facile per estendere le misure antidumping contro la libera importazione di pannelli fotovoltaici cinesi: gli Stati membri hanno appena votato contro la proposta della Commissione UE di prorogare di due anni i dazi, imposti a suo tempo per tutelare le fabbriche europee.

Nulla è ancora deciso, ma la pressione del fronte del “No” sull’esecutivo comunitario sta diventando sempre più convinta.

Il voto in questione, che però non è vincolante, riporta il sito EurActiv, è arrivato da un comitato di esperti dei 28 paesi, al termine di una riunione per discutere il piano che ha spaccato in due l’industria europea del fotovoltaico.

Oltre metà dei rappresentanti – si legge in una nota diffusa da SolarPower Europe, l’associazione che vorrebbe eliminare le barriere commerciali tra Europa e Cina – ha bocciato la visione protezionista della Commissione. Quest’ultima dovrà quindi rivedere le sue posizioni e apportare delle modifiche al documento presentato lo scorso dicembre, che poi andranno nuovamente sottoposte al parere degli Stati membri.

Allora torniamo un attimo alla fine del 2016: la disputa commerciale Europa-Cina sui moduli FV era nel vivo, sulla scia di un continuo botta e risposta tra favorevoli e contrari alle disposizioni antidumping. Così la Commissione aveva ipotizzato di allungare fino al 2019 la sua politica di relativa “chiusura” al fotovoltaico made in China (vedi QualEnergia.it).

I dazi scadranno a marzo 2017: la domanda che tutti continuano a porsi è se convenga mantenerli o sia più saggio cancellarli. Il piano dell’esecutivo prevedeva anche di abbassare il prezzo minimo d’importazione (MIP, minimum import price) dei moduli fotovoltaici in silicio cristallino da 0,56 €/watt a 0,46 €/watt.

Facciamo un altro passo indietro, precisamente al 2013, l’anno in cui l’Europa decise d’imporre alcune misure per arginare le vendite di pannelli solari sottocosto, provenienti dalle industrie cinesi fortemente sussidiate da Pechino. Si voleva, in questo modo, proteggere gli stabilimenti europei da una concorrenza asiatica giudicata troppo agguerrita.

Si trattava, per l’appunto, di dazi e prezzi minimi d’importazione, che certamente potevano avere un senso negli anni passati ma ormai sembrano un po’ anacronistici, come abbiamo spiegato in questo articolo. Moltissime aziende cinesi, infatti, sono uscite di propria iniziativa dagli accordi volontari sul MIP, perché ormai preferiscono pagare i dazi piuttosto che sottostare a un prezzo minimo che non riflette più le condizioni reali del mercato.

Ricordiamo che in Europa i pannelli fotovoltaici standard si scambiano a prezzi ben inferiori – dazi inclusi – ai 56 centesimi di euro per watt indicati del MIP. Ciò è dovuto in buona parte alla sovraccapacità produttiva dei marchi cinesi che da diverso tempo contribuisce ad abbassare i costi di celle e moduli FV.

Va anche ricordato che in più occasioni Bruxelles ha investigato le pratiche commericali sospette di alcune compagnie asiatiche, accusate di aggirare la legislazione antidumping con delle triangolazioni commerciali. In pratica, facevano transitare i moduli solari prodotti in Cina da un paese terzo, come Malesia o Taiwan, prima di esportarli verso l’Europa senza applicare le percentuali dei dazi.

A difendere le barriere doganali resta solo l’associazione EU ProSun, capitanata dall’azienda tedesca SolarWorld. La loro tesi è inalterata: quella cinese è concorrenza sleale, che mette in difficoltà l’industria fotovoltaica europea. Di opposto avviso è una fetta sempre più vasta di produttori-installatori FV in Europa, assolutamente convinti che sia necessario eliminare dazi e MIP a favore di un mercato più aperto.

Intanto però, nonostante o forse anche a causa dei dazi, la produzione di moduli fotovoltaici nell’UE è diminuita nel 2016 del 16% rispetto al 2015; è stata appena di 2,7 GW contro una capacità di 6,7 GW (QualEnergia.it).

Sarebbe l’unico modo, secondo SolarPower Europe, per accelerare la discesa dei costi dei sistemi FV nel vecchio continente, ridando slancio all’intera filiera downstream (progettazione, installazione, assistenza).

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