Cambiamo la potenza del contatore. Ma quanto costa?

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La riforma delle tariffe elettriche avrebbe dovuto rendere gratuito il cambio di potenza, mentre ha semplicemente ridotto i costi: dal primo aprile verrà eliminato il contributo fisso amministrativo e ridotto di circa il 20% il contributo previsto per ogni ‘scatto’ di kW di potenza aggiuntiva.

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Con l’entrata in vigore della riforma delle tariffe elettriche si potrà cambiare più facilmente la potenza contrattuale della propria fornitura.

Ci sarà una maggiore possibilità di scelta dei livelli di potenza impegnata poiché è stata introdotta una gradualità più fitta rispetto a quanto previsto finora, in modo da permettere all’utente di individuare il livello più adatto alle proprie esigenze.

In particolare, già dal 1° gennaio 2017, si può chiedere di aumentare o diminuire la potenza contrattualmente impegnata:

  • di 0,5 kW, fino a 6 kW;
  • di 1 kW, oltre 6 kW e fino a 10 kW;
  • di 5 kW oltre 10 kW e fino a 30 kW.

Inoltre i clienti domestici avranno a disposizione, nella nuova Bolletta 2.0, l’indicazione del livello massimo di potenza prelevata per ogni mese oggetto di fatturazione e, almeno una volta all’anno, il dettaglio dei livelli massimi di potenza prelevata mensilmente negli ultimi 12 mesi.

Questi dati dovrebbero permettere all’utente di poter compiere scelte informate sul livello di potenza impegnata ottimale.

Ma il cambio di potenza non sarà gratuito, come invece veniva comunicato in fase di presentazione della riforma. Ci sarà semplicemente una riduzione dei costi che prevede l’azzeramento della quota fissa e uno sconto sul contributo di connessione (delibera 782-16 dell’Autorità per l’Energia).

L’Autorità, nel comunicato di fine anno, precisa che dal prossimo 1° aprile, verrà eliminato il contributo fisso amministrativo a favore dei distributori per la copertura degli oneri amministrativi, che attualmente è di 27 euro, e ridotto di circa il 20% il contributo previsto per ogni ‘scatto’ di kW di potenza aggiuntiva.

Quest’ultimo contributo non verrà richiesto all’utente che chiede un aumento di potenza dopo una precedente riduzione effettuata sullo stesso contatore o verrà restituito qualora il cliente decida di rinunciare alla potenza aggiuntiva precedentemente richiesta. Questi sconti partiranno da aprile per dare la possibilità ai distributori di aggiornare il software, un po’ come è avvenuto l’anno scorso per il Canone Rai che è stato inserito in bolletta solo da agosto.

Quanto costa cambiare la potenza impegnata?

Fino ad aprile, il cambio della potenza contrattuale costerà ai clienti del servizio in maggior tutela:

  • un contributo fisso di 27,03 euro richiesto dal distributore sia che si chieda un aumento sia che si chieda una diminuzione della potenza;
  • un contributo amministrativo di 23 euro;
  • per le richieste di aumento della potenza disponibile, un contributo di 69,36 euro per ogni kW di potenza disponibile aggiuntiva richiesta.

Per i clienti del mercato libero il costo cambio dipende da quanto previsto nei singoli contratti, fatto salvo che il distributore addebita comunque al venditore i 27,03 euro di contributo fisso più il contributo per i kW aggiuntivi richiesti.

Se si chiede l’aumento di potenza direttamente al momento dell’attivazione del contatore di energia elettrica, si risparmiano i 27 euro relativi ai costi amministrativi. Ma spesso per i nuovi allacciamenti è comunque il distributore che detta le condizioni, limitando a volte la potenza massima impegnata.

L’aumento della potenza comporta anche (nelle bollette successive) un aumento del deposito cauzionale, quando è previsto, e della quota potenza della tariffa per il trasporto e la gestione del contatore. Chi è nel mercato libero, inoltre, farebbe bene a verificare se l’offerta sottoscritta è valida per qualsiasi livello di potenza impegnata.

Cosa cambia da aprile

Sia nel mercato libero che nella maggior tutela, non si pagherà più il contributo di 27 euro e ci sarà uno sconto del 20% sul contributo previsto per ogni kW di potenza aggiuntiva richiesta.

Per gli utenti della maggior tutela questo contributo è fissato a 69,36 euro, quindi da aprile verrà ridotto a circa 55 euro se si chiede l’aumento di 1 kW, mentre se si vuole uno scatto di 0,5 kW si pagherà la metà (circa 27 euro).

Questa riduzione dei costi, però, sarà valida solo per i prossimi due anni poiché durante la consultazione avviata nel 2015 dall’Aeegsi, gli operatori hanno fatto pressione affinché l’Autorità fissasse “solo un periodo iniziale” nel corso del quale praticare tali sconti, ritenendo che un completo annullamento di tali costi avrebbe potuto “indurre sia un ricorso ingiustificato alle variazioni di potenza sia possibili disparità di trattamento tra clienti del mercato libero” (delibera 582-15).

Posizione che è sembrata piuttosto strumentale e contraria allo spirito stesso della riforma. Fino ad oggi, infatti, i cambi di potenza sono stati frenati proprio da una certa rigidità delle operazioni e dei costi.

Ed ecco il controsenso: la riforma da una parte incentiva a spostare i consumi maggiormente verso il vettore elettrico, ad esempio attraverso l’uso di pompe di calore, ma dall’altra lascia i costi a carico degli utenti. Chi decide di installare una pompa di calore, infatti, dovrà chiedere un aumento di potenza e la riforma avrebbe dovuto permettere questo cambio senza oneri aggiuntivi.

In molti casi non sarà richiesto neanche un intervento in loco da parte dell’operatore, ma si potrà intervenire da remoto quindi si tratta di un costo ingiustificato che rischia di frenare l’obiettivo stesso della riforma.

Infine, come evidenziato proprio dai distributori, lo stato attuale delle colonne montanti diffuse nei condomini di molte città non permette (almeno temporaneamente) l’aumento di potenza; quindi in alcuni casi si dovrà intervenire sulla colonna montante per consentire il cambio. E a pagare saranno molto probabilmente i condomini.

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