FCA e “dieselgate bis”: l’UE chiede chiarezza all’Italia

Le autorità USA accusano Fiat-Chrysler di aver installato software per manipolare le emissioni su alcuni modelli venduti negli Stati Uniti. Intanto la commissione d’inchiesta europea, nata dopo lo scandalo Volkswagen, ha sentito in audizione il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, sulle incongruenze del rapporto italiano.

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Che potesse scoppiare un nuovo dieselgate dopo lo scandalo che ha coinvolto Volkswagen nel 2015 era nell’aria: come hanno denunciato a più riprese organizzazioni indipendenti tra cui Transport & Environment, le differenze tra i dati ufficiali e quelli reali sulle emissioni delle auto sono notevoli.

Volkswagen è solo la punta di un iceberg che vede tutti i costruttori superare ampiamente i limiti di ossidi di azoto e CO2 delle vetture diesel (Emissioni e consumi auto: aumenta il divario tra dati ufficiali e test “reali”).

Come a settembre 2015 con la casa tedesca, le accuse partono dagli Stati Uniti perché l’EPA (Environmental Protection Agency) ha contestato al gruppo FCA guidato da Sergio Marchionne di aver violato le norme del Clean Air Act.

Nel mirino dell’agenzia americana ci sono oltre 100.000 veicoli diesel di due modelli (Jeep Grand Cherokee e Dodge Ram 1500) venduti tra il 2014 e il 2016, sui quali FCA avrebbe installato dei software in grado di alterare i valori delle emissioni.

Il software incriminato, si legge nella notifica della violazione inviata dall’EPA a Fiat Chrysler Automobiles, consentirebbe di falsare i dati sulla produzione di ossidi di azoto durante i test in laboratorio e su strada. L’EPA ha identificato una serie di dispositivi AECD sospetti (Auxiliary Emission Control Device) e ha annunciato che proseguirà le indagini.

La situazione in Europa e in Italia

Quali ripercussioni ci saranno per il mercato automobilistico europeo e italiano in particolare? Il parlamento europeo, in seguito alle polemiche sul caso Volkswagen innescate oltreoceano, ha istituito una commissione d’inchiesta per verificare la portata delle presunte manipolazioni illegali dei costruttori automobilistici, Emission Measurements in the Automotive Sector (EMIS).

Proprio ieri c’è stata una riunione dell’EMIS con tanto di audizioni per i vertici del nostro ministero dei Trasporti, Graziano Delrio e Riccardo Nencini.

Anche in Italia, infatti, ci sono parecchie ombre da chiarire, partendo dal rapporto con i risultati di alcuni test che il ministero ha consegnato alla commissione. Rapporto, è bene ricordare, datato luglio 2016 e rimasto a lungo in un cassetto, prima di essere divulgato dagli eurodeputati del M5S lo scorso ottobre.

Il documento, come ha osservato Cittadini per l’Aria, associazione che fa parte della rete europea di Transport & Environment, contiene molte incongruenze ed è assai circoscritto, perché ha esaminato solamente 14 modelli di vetture diesel euro 6 nuove, di cui metà del gruppo FCA.

Ad esempio, nei test eseguiti a motore caldo, quindi in situazioni più simili a quelle reali di guida, le emissioni di ossidi di azoto (NOx) sono state fino a tre volte superiori rispetto alle condizioni con motore a freddo. La commissione ha chiesto a Delrio di precisare alcuni aspetti del contestato dossier.

Le risposte del ministero

Le indagini effettuate dalle autorità di diversi paesi, ha evidenziato la commissione, «hanno scoperto che la maggior parte dei veicoli testati ha emissioni di NOx molto più alte sui cicli NEDC (New European Driving Cycle ndr) con avviamento a caldo rispetto ad un avviamento a freddo. Tali risultati sembrerebbero puntare verso la presenza di impianti di manipolazione o di strategie di controllo delle emissioni illegali […] State conducendo ulteriori indagini per comprendere i risultati illogici dei test, al fine di far rispettare il divieto di uso di impianti di manipolazione nel regolamento 715/2007/CE?».

Delrio, dopo aver chiarito che tutti i veicoli testati presentano questa differenza, ha risposto che il quadro attuale delle norme «non consente di determinare univocamente se le strategie di controllo delle emissioni, che evidentemente spiegano il suddetto fenomeno, debbano o possano essere considerate illegali. Al riguardo, sarebbe opportuno – per quanto tardivo – un chiarimento della normativa sulla definizione di strategie di controllo delle emissioni ammesse o proibite»

Tra le altre cose, la commissione ha poi chiesto a Delrio di motivare certe omissioni emerse dal documento, che riguardano i dati delle prove di alcuni modelli FCA, tra cui Alfa Romeo Giulietta e Jeep Cherokee.

Anche in questo caso, la risposta del ministro è stata un po’ evasiva: «I risultati delle prove condotte non lasciano dubbi sul fatto che nessuno dei veicoli sottoposti a prova possa essere inequivocabilmente accusato, stante la normativa vigente all’atto dell’omologazione, di montare un defeat device illegale. […] L’Italia pubblicherà a breve un aggiornamento del rapporto di prove a seguito di approfondimenti in corso, contenente le integrazioni ritenute necessarie […]».

Test da rifare

Il nuovo dieselgate sembra solo all’inizio, quindi, e ben lontano da una soluzione condivisa su scala europea. Come uscire da questa situazione? Secondo Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’Aria, «per prima cosa bisogna fare pulizia in casa propria. Già lo scorso maggio avevamo scritto una lettera al ministro Delrio, chiedendo di ripristinare la fiducia dei cittadini verso le autorità che devono tutelare la loro salute. Il ministero deve rifare i test, includendo modelli euro 6, con procedure più chiare e trasparenti».

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