Qualità dell’aria, anche il Veneto “classifica” i piccoli generatori a biomasse

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La giunta regionale ha approvato una delibera per individuare gli apparecchi più efficienti e meno inquinanti tra stufe, camini e caldaie alimentate a biomasse legnose. Previste 5 classi ambientali come in Lombardia. Mancano però le misure da adottare in caso di emergenza smog.

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Dopo la Lombardia, anche il Veneto adotta un provvedimento per classificare i generatori domestici di calore a biomasse legnose.

Con la deliberazione n. 1908 dello scorso 29 novembre, pubblicata in questi giorni sul Bollettino Ufficiale (allegata in basso), la giunta regionale ha approvato lo schema per individuare gli apparecchi più efficienti e meno inquinanti.

Parliamo dei generatori con potenza termica nominale inferiore a 35 kW: camini chiusi, inserti a legna, caminetti aperti, stufe e cucine a legna-pellet, caldaie per il riscaldamento alimentate con combustibili solidi legnosi.

Al pari della Lombardia, la norma veneta prevede cinque classi ambientali, identificate da un corrispondente numero di stelle e basate su diversi parametri, dal rendimento energetico complessivo alle emissioni di particolato primario, carbonio organico totale, ossidi di azoto e monossido di carbonio.

I dispositivi con prestazioni inferiori alle due stelle, precisa il documento, rientrano nella categoria più bassa (una stella) che rispetta unicamente i requisiti minimi della marcatura di prodotto CE.

Per verificare l’appartenenza del generatore a una determinata classe di qualità, il cittadino deve fare riferimento, in prima battuta, alla documentazione fornita dal produttore attraverso la Dichiarazione delle prestazioni ambientali o l’Attestato di certificazione; altrimenti, può consultare il Catalogo dei prodotti sul sito web della regione.

Il provvedimento del Veneto – spiega a QualEnergia.it Marino Berton, direttore generale di AIEL (Associazione italiana energie agroforestali) – «riprende la stessa classificazione dei generatori approvata in Lombardia e quindi costituisce un’anticipazione del decreto ministeriale previsto dall’art. 290 del Testo unico ambientale, atteso per la metà del 2017» (vedi QualEnergia.it).

«La differenza è che la Lombardia ha collegato questa classificazione a una serie di misure da intraprendere in caso di sforamenti delle emissioni: la prima soglia è 50 microgrammi/metro cubo di PM10 per sette giorni consecutivi, il cui superamento fa scattare, ad esempio, delle limitazioni per l’uso delle auto e dei generatori a biomasse meno efficienti. Il Veneto, invece, non ha ancora emanato il provvedimento con le misure di emergenza da adottare».

La classificazione, chiarisce una nota dell’assessore regionale all’Ambiente, Gianpaolo Bottacin, «è fondamentale ai fini dell’applicazione di misure temporanee previste in occasione di episodi acuti di inquinamento atmosferico, che l’amministrazione regionale intende disciplinare con specifiche “Linee Guida per il miglioramento della qualità dell’aria e il contrasto all’inquinamento locale da PM10”, da approvare con successivo provvedimento».

In attesa di una norma nazionale per distinguere i rendimenti e le prestazioni ambientali dei diversi generatori domestici, quindi, le soluzioni per migliorare la qualità dell’aria soprattutto nel bacino padano sono affidate alle singole iniziative regionali, oltre che alla certificazione volontaria degli apparecchi proposta recentemente da AIEL (vedi questo articolo di QualEnergia.it).

Certo resta il problema delle verifiche: come assicurarsi che effettivamente i generatori più “sporchi” siano spenti durante eventuali periodi di stop agli apparecchi a due o tre stelle?

Come evidenzia Berton, «da un lato non è semplice fare questi controlli, dall’altro lato, però, ci sono alcuni elementi tecnico-amministrativi positivi che spingono verso un turnover tecnologico degli impianti: la classificazione dei generatori, i catasti informatici regionali, le dichiarazioni di conformità rilasciate dai tecnici-manutentori».

La deliberazione della giunta regionale veneta

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