Trasporti e pendolari in Italia, peggiorano le condizioni e aumentano i prezzi

In Italia continuano a peggiorare le condizioni di chi si muove sulla rete secondaria, sugli intercity e sui regionali dove invece si sono ridotti i treni o sono state aumentate le tariffe. Ogni anno Legambiente pubblica il rapporto Pendolaria per fare il punto della situazione. Ecco i primi dati.

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Tra guasti tecnici, ritardi e sovraffollamento, la rete ferroviaria nazionale mette alla prova ogni giorno i milioni di pendolari italiani che la utilizzano per raggiungere il luogo di lavoro o studio.

Se da una parte cresce l’offerta del servizio ad alta velocità (+276% dal 2007 sulla Roma-Milano), dall’altra peggiorano le condizioni di chi si muove sulla rete secondaria, sugli intercity e sui regionali dove invece si sono ridotti i treni (in 15 Regioni) o sono state aumentate le tariffe (in 16 Regioni).

È quanto emerge, in estrema sintesi, dal nuovo rapporto di Legambiente “Pendolaria” (allegato in basso), che fa una prima valutazione del trasporto ferroviario pendolare in Italia per l’anno in corso e redige la lista delle 10 peggiori linee. Un’analisi puntuale dei finanziamenti e dei processi organizzativi verrà poi presentata nel rapporto che uscirà a gennaio 2017.

Complessivamente – emerge da Pendolaria 2016 – dal 2010 a oggi, a seguito della riduzione dei trasferimenti da parte dello Stato, si possono stimare tagli nel servizio ferroviario regionale pari al 6,5% e negli intercity del 19,7%. Solo in pochissime regioni è aumentato il servizio (il caso migliore è la Provincia di Bolzano), in tutte le altre è stato ridotto o è numericamente rimasto uguale ma con tagli su alcune linee, mentre sono cresciute le tariffe (si veda la tabella di seguito).

Per ripensare la mobilità urbana e il trasporto su ferro – scrive Legambiente – è fondamentale aumentarne la competitività con maggiori investimenti per rispondere alla nuova e crescente domanda di mobilità delle aree urbane.

“Ad oggi il trasporto ferroviario italiano conta, invece, treni troppo vecchi, lenti e lontani dagli standard europei di frequenza delle corse”, si spiega nel rapporto.

In Italia sono quasi 3.300 i treni in servizio nelle regioni. L’età media dei convogli in circolazione sulla rete regionale è di 17,2 anni con differenze rilevanti da regione a regione. Rispetto allo scorso anno la media di età è migliorata (era 18,6), ma il miglioramento è avvenuto solo in alcune regioni per l’immissione di nuovi convogli (come nel Lazio, in Veneto, Lombardia e Toscana) o di dismissione di quelli più vecchi (come in Lombardia e Puglia).

Ad esempio in Campania continua ad aumentare l’età media, nonostante alcuni segni di investimento, soprattutto a causa dell’anzianità del parco rotabile di EAV (Circumvesuviana, Sepsa e MetroCampania NordEst).

Le regioni con i treni più vecchi sono l’Abruzzo, la Basilicata e la Sicilia. Attualmente il 69% dei treni in circolazione supera i 15 anni di anzianità.

Altro fattore sempre più evidente è quello della differenza marcata tra la qualità dei treni nelle regioni del centro-nord e quelle del sud, che si posizionano quasi tutte ai vertici di questa classifica.

La ragione sta nel fatto che l’acquisto di nuovi treni è stato garantito in questi anni da acquisti diretti da parte delle Regioni o dai contratti con Trenitalia, e ha visto meno investimenti proprio nelle regioni del Sud.

“Fino ad oggi il Governo nazionale, a differenza di quelli degli altri Paesi europei, non ha mai speso per comprare nuovi treni”, commenta Legambiente. “Ma attenzione, per ora stiamo parlando di soli investimenti nella sostituzione del parco rotabile in circolazione, che proprio per la sua età è causa di ritardi, problemi e impedisce un servizio di qualità. Ma nel nostro Paese c’è bisogno di aumentare e potenziare il servizio, per avere un servizio di livello europeo”.

Secondo uno studio dell’associazione occorre acquistare circa 1.300 treni per rinnovare il parco rotabile in circolazione – sostituendo i treni con almeno più di 20 anni di età – e potenziare l’offerta nelle tratte più frequentate delle aree metropolitane oltre che nelle regioni meridionali. In particolare al Sud oggi sono numerose le linee che collegano anche importanti centri urbani (la Jonica e la Tirrenica in Calabria, Palermo-Messina, Palermo-Catania, Trapani-Palermo in Sicilia per citarne alcune) che vedono transitare ogni giorno pochissimi convogli e sempre più obsoleti.

Per arrivare a questi risultati è fondamentale l’importanza di una regia nazionale in grado di indirizzare in modo uniforme le politiche in tema di mobilità e trasporti e la necessità di maggiori investimenti tali, ma è altrettanto necessaria la partecipazione delle Regioni.

Le 10 peggiori linee d’Italia

Anche quest’anno a guidare la poco onorevole classifica delle tratte peggiori troviamo la Roma -Ostia Lido e la Circumvesuviana (si veda anche QualEnergia.it Ferrovie e pendolari, un’Italia a due velocità): nella prima il servizio della linea suburbana gestita da Atac appare totalmente inadeguato alla domanda di spostamento dei circa 100.000 studenti e lavoratori quotidiani. Guasti e problemi tecnici si ripercuotono sugli utenti tra corse che saltano senza che venga fornita un’adeguata informazione e continui ritardi.

I circa 28 km che separano la stazione di Porta San Paolo a Ostia Lido vengono coperti con lentezza esasperante da treni vecchi (spesso di oltre 20 anni), sovraffollati, privi di aria condizionata d’estate o riscaldamento d’inverno. Stessa situazione nelle stazioni: le biglietterie solo nel 21,4% dei casi, nel 78,6% non vi è la presenza di personale ferroviario, o è saltuaria, nell’85,7% dei casi i tabelloni elettronici degli orari sono guasti.

La Circumvesuviana invece, collega un’area metropolitana di circa due milioni di abitanti e si estende per 142 km distribuiti su 6 linee e 96 stazioni. Qui il pendolare non fa più caso ai ritardi. La speranza, semmai, è che la corsa non venga cancellata e che si arrivi a destinazione senza gravi intoppi perché il peggio non sarebbe il probabile guasto ma l’incidente o il principio di incendio, oppure il finestrino preso a sassate. Fino al 2003 la Circumvesuviana assicurava più di 500 corse al giorno ma oggi i numeri sono dimezzati.

Salvo guasti, oggi viaggiano 56 treni, ma ne occorrerebbero almeno 70 per garantire un servizio dignitoso. Ma la débâcle riguarda tutta l’Eav, l’holding (Circumvesuviana, Cumana, Circumflegrea e Metrocampania NordEst) con deciso crollo di utenti su tutte le tratte: da 40 milioni (nel 2010) a 27 milioni sulla Circumvesuviana, da 20 a 11 milioni quelli della Sepsa (Cumana e Circumflegrea); da 67 milioni a 40 quelli di MetroCampania Nordest, continua Legambiente.

Al terzo posto troviamo la Reggio Calabria-Taranto, la linea che dovrebbe unire le regioni del Sud, i centri turistici e i porti, garantendo un servizio di qualità per studenti, turisti, lavoratori, attualmente in uno stato di grave degrado. Solo 4 collegamenti al giorno da Reggio a Taranto, per una durata minima di 6 ore e 15 minuti, ma con tre cambi e un tratto in pullman.

Al quarto posto troviamo la Messina-Catania-Siracusa, ma va detto che tutte le tratte siciliane sono scomode e inefficienti, a danno dei siciliani e dei turisti che giungono sull’isola, con solo 429 corse regionali in tutta la regione (sono 2.300 in Lombardia).

La Cremona-Brescia occupa il quinto posto grazie a treni più lenti oggi di 15 anni fa (34 minuti nel 2002, 58 oggi), ritardi, soppressioni, carrozze sovraffollate, disagi dovuti allo spostamento del sottopasso di Brescia per i lavori dell’alta velocità. Materiale rotabile tra i più vecchi (treni con 25/30 anni di età) e servizio ancora parzialmente effettuato da automotrici diesel.

La Pescara-Roma, al sesto posto, è una linea su cui pochissimi pendolari oggi prendono il treno malgrado gli spostamenti intensi tra le due Regioni e i tanti centri lungo la direttrice. La ragione? Ogni giorno il numero di pullman è tre volte quello dei treni, e su gomma si viaggia più veloci e più comodi con collegamenti che vanno dalla mattina presto alla sera tardi.

Al settimo posto troviamo i collegamenti per Casale Monferrato, con la linea per Vercelli e quella per Mortara che sono state chiuse a seguito del tagli decisi dalla Regione Piemonte.

La tratta Bari-Martina Franca-Taranto si colloca all’ottavo posto grazie alla lentezza dei treni (41 kmh) e alla presenza del binario singolo per gran parte della tratta che, secondo uno studio della Regione Puglia, potrebbe potenzialmente servire oltre 700 mila persone tra pendolari e turisti.

Al nono posto troviamo i 52 km a binario unico della Treviso-Portogruaro utilizzata soprattutto dagli studenti e dagli utenti dell’Ospedale Riabilitativo di Motta di Livenza. Negli ultimi mesi i servizi su questa linea hanno subìto un graduale peggioramento, con forte riduzione dei convogli soprattutto nel pomeriggio, e uso di mezzi vecchi (almeno 35 anni) con velocità media di soli 50 kmh, continua Legambiente.

Tra le 10 linee peggiori anche la Genova-Acqui Terme. Tratta con 46 km a binario unico, che ha subito forti tagli, caratterizzata da ritardi cronici dovuti a problemi durante l’attraversamento dei passaggi a livello, ai lavori di potenziamento della stazione di Rossiglione e quelli tra Genova Brignole e Genova Principe. Eppure è una linea di collegamento con la Regione Piemonte che attraversa molti nodi del pendolarismo nell’area genovese e che potrebbe rappresentare una alternativa all’utilizzo dell’auto per tanti lavoratori e studenti.

Il rapporto di Legambiente  (pdf)

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