Energia e cooperazione: un connubio che funziona anche per l’aggregazione della domanda

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Nel settore delle cooperative energetiche un esempio interessante di aggregazione della domanda, nato grazie all’iniziativa di Confcooperative Emilia Romagna, è quello di Power Energia, una cooperativa di utenza che ha come clienti-soci persone fisiche e imprese. Ne parliamo con il suo presidente.

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Oltre mezzo milione di italiani consumano energia prodotta in cooperativa con un taglio della bolletta del 30% rispetto ai prezzi medi di mercato.

Si tratta di energia pulita che fa bene all’ambiente, oltre che alle tasche. Quello tra energia e cooperazione è un connubio che funziona e che affonda le sue radici nella storia. Una delle imprese mutualistiche con più soci al mondo è l’americana National Rural Eletric Cooperative Association, cooperativa promossa nel 1935 dal Presidente statunitense Roosevelt, che oggi conta 42 milioni di cittadini.

Senza l’energia “cooperativa” imprese e famiglie dell’intero arco alpino italiano avrebbero dei problemi nella fornitura di energia. Qui sono rimaste solo le cooperative a garantire la produzione di energia, mentre tutte le altre forme di impresa hanno gettato la spugna.

Da qualche anno in campo sono scese 73 cooperative elettriche disseminate su un territorio di 1000 kmq, dal Friuli Venezia Giulia al Trentino Alto Adige, dalla Lombardia al Piemonte fino alla Valle d’Aosta, in una rete che si articola per circa 2000 chilometri. Vengono prodotti e distribuiti localmente 500 milioni di kWh in 60 Comuni e in 110 frazioni.

Di questo connubio virtuoso, che QualEnergia.it segue con interesse (vedi sotto alcuni dei nostri più recenti articoli), si è parlato al workshop “Energia e cooperazione” organizzato da Confcooperative nell’ambito delle attività del “Mese dell’Efficienza Energetica”, promosso dal Ministero dello Sviluppo Economico e da ENEA.

La maggior parte delle cooperative che producono energia nel nostro Paese sono localizzate al Nord: una su 3 ha sede in Trentino Alto Adige, il 20% in Emilia Romagna e poi ci sono Lombardia, Veneto e Piemonte con il 10% ciascuno.

“Tra le cooperative di grandi dimensioni – ha sottolineato Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative – il 20% produce energia. E l’energia cooperativa oltre ad essere sostenibile e più economica, produce anche posti di lavoro. Sebbene per numero le cooperative rappresentino circa il 4% degli operatori, in termini occupazionali impiegano il 12% del totale degli addetti di tutte le imprese attive nel settore energetico. Le società di capitali, pur rappresentando il 76% degli operatori, occupano solo il 19% della forza lavoro complessiva”.

Nell’ambito cooperativo c’è anche un esempio importante di aggregazione della domanda, nato ormai 10 anni fa grazie all’iniziativa di Confcooperative Emilia Romagna: si chiama Power Energia ed è una cooperativa di utenza che ha come clienti-soci persone fisiche e imprese. QualEnergia.it ha intervistato il suo presidente, Cristian Golinelli.

Presidente Golinelli, come opera Power Energia?

Power Energia è nata dalle criticità sollevate dalle cooperative. Abbiamo cercato di rispondere garantendo massima trasparenza e tariffe di mercato, con l’attenzione sempre rivolta alla soddisfazione dei soci e all’utilità dei nostri strumenti. Oggi ci sono vari modi di fare aggregazione di domanda e il mercato è in continua evoluzione. A mio avviso i consorzi collettivi di acquisto sono un modello superato, per questo abbiamo sviluppato la cooperativa di utenza che è un modello che si presta a questo tipo di servizi permettendo di misurare anche l’indice di fedeltà dei soci stessi.

Quindi come vi rapportate con loro?

Quello che facciamo è un’analisi dettagliata della spesa elettrica e di gas dell’impresa che viene a chiederci un preventivo. Guardiamo anche se l’applicazione delle accise è corretta e se ci sono eventuali oneri impropri, dopodiché valutiamo se c’è la possibilità di migliorare la situazione o se è meglio non cambiare fornitore. Il risparmio medio si aggira intorno al 10%, ma oltre al beneficio di avere una tariffa più conveniente, da anni restituiamo ai nostri soci anche i ristorni. Il nostro obiettivo è quello di andare sul mercato domestico e lo faremo non appena riusciremo a raccogliere una massa critica importante, con l’aiuto delle cooperative di utenza territoriali.

Le possibilità di aggregazione della domanda sono frenate dalla mancanza delle regole attuative che l’Autorità per l’Energia non ha ancora emanato?

Dal punto di vista tecnico e normativo non vediamo freni particolari, anche perché ci rivolgiamo ad un mercato ben definito che è quello delle cooperative. Nutriamo invece qualche perplessità rispetto all’effettiva trasparenza della nuova bolletta 2.0 che ha cambiato gli aspetti commerciali. Le imprese, soprattutto se piccole, difficilmente si registrano sul sito della società fornitrice per scaricare il dettaglio. La principale lamentela che abbiamo ricevuto riguarda quindi la difficoltà di poter disporre velocemente del dettaglio. Per questo abbiamo attivato un servizio, su richiesta dei soci, di ripristino della vecchia fattura di dettaglio.

È cambiato rispetto al passato il rapporto tra le cooperative energetiche e il settore delle rinnovabili e dell’efficienza energetica?

Non direi che è cambiato, ma piuttosto che sta maturando, soprattutto sul fronte dell’efficienza energetica. Restano però due fattori principali che incidono su queste scelte: la dimensione aziendale e la mancanza di stabilità e certezza normativa e fiscale. Nelle imprese troppo spesso ancora si assiste all’adozione di misure, più o meno significative, che derivano da obblighi più che da strategiche scelte aziendali. Basti pensare agli audit energetici che sarebbero alla base di interventi di efficienza e il cui impatto economico è basso. 

E sulle rinnovabili?

In questo comparto invece molte cooperative hanno già investito nel passato con progetti anche molto importanti. Probabilmente c’è ancora spazio per investimenti, ma resta un dato che frena: la scarsa certezza normativa. In questi anni abbiamo assistito a troppi cambiamenti, anche retroattivi e penalizzanti per pensare che le cooperative, ma anche tutte le imprese, siano propense a significativi nuovi investimenti.

Le cooperative possono incidere sullo sviluppo del settore delle rinnovabili, ad esempio firmando PPA di lungo termine con i produttori? Gli attuali ostacoli normativi sono superabili?

Sul fatto di poter superare gli attuali ostacoli normativi credo che la domanda vada rivolta ai legislatori. Se c’è la volontà tutto è superabile. Mi pare che per quanto successo in questi anni e per il contesto attuale, non solo normativo, sia difficile pensare ad una diffusione e ad uno sviluppo significativo di PPA. Basta vedere i nostri SEU quale scarsa diffusione hanno avuto. Questa tendenza di acquistare energia rinnovabile con contratti a lungo termine credo stia avendo un discreto successo in Paesi con meno vincoli e impedimenti, ma da noi oggi non li vedo come una soluzione possibile su larga scala. A meno che non ci venga in aiuto la riforma del MSD.

A proposito dell’imminente riforma del mercato del servizio del dispacciamento, quale potrà essere l’impatto della domanda aggregata sul mercato elettrico?

La riforma potrà avere un impatto anche molto importante. Dipende da quale forma definitiva prenderà. Di sicuro c’è che qualcosa di significativo dovrà essere modificato, perché i cambiamenti nel sistema elettrico in questi anni sono stati importanti. Se la riforma saprà superare il modello tradizionale di MSD per aprirsi davvero, ad esempio, alle rinnovabili non programmabili e alla generazione distribuita allora potremo assistere a nuovi scenari. Una buona riforma del MSD che permetta, ad esempio, la stipula di contratti bilaterali a lungo termine potrebbe portare ad uno sviluppo interessante alla domanda aggregata. Ma qui torniamo alle considerazioni precedenti.

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