Le implicazioni sugli scenari energetici e climatici della vittoria di Trump

La vittoria di Trump avrà conseguenze internazionali e interne su molti fronti. Anche se l’uscita degli Stati Uniti non invaliderà l’accordo di Parigi, le politiche energetiche interne potrebbero virare nettamente verso i fossili. Il ruolo di Cina, Russia ed Europa, e quello dei movimenti dal basso Usa. Un articolo di Gianni Silvestrini.

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La vittoria di Trump avrà conseguenze profonde a livello internazionale.

Negli Usa gli impatti riguarderanno una molteplicità di fronti: dai diritti civili alla politica estera, dalle scelte economiche a quelle ambientali.

Per il momento ci concentriamo sugli impatti degli scenari climatici che proprio in questi giorni vengono discussi a Marrakech dopo la ratifica dell’accordo di Parigi.

Un accordo che, paradossalmente, è entrato in vigore così rapidamente proprio per la preoccupazione di un’eventuale vittoria di Trump, che ha portato Obama ad intensificare i rapporti con la Cina accelerando l’adesione dei due maggiori responsabili delle emissioni climalteranti. Le clausole dell’Accordo sul Clima prevedono infatti che un paese che intenda abbandonare il campo lo possa fare solo dopo quattro anni.

In ogni caso, considerando l’attuale stato delle ratifiche, che vede l’adesione già di 102 paesi, anche l’uscita degli Stati Uniti non invaliderebbe comunque l’Agreement. La clausola del livello del 55% delle emissioni mondiali sarebbe infatti già garantita dagli altri paesi 96 Stati.

A livello internazionale potrebbe però esserci qualche ripensamento. La Russia, per esempio, da sempre tiepida su questa tematica, non ha ancora ratificato l’Accordo e potrebbe non passare all’adesione formale.

Ma l’abbandono del ruolo di stimolo che aveva impresso Obama nella battaglia del clima farà sì che il ruolo di apripista in questo momento detenuto da due paesi, Usa e Cina, verrà lasciato al paese asiatico e, forse, vedrà un ritorno dell’Europa.

Ed è un paradosso che il portabandiera dell’impegno climatico diventi proprio quella Cina che Trump aveva affermato essere alla base dell’imbroglio, “hoax”, ordito per indebolire le industria statunitensi impegnandole nella riduzione delle emissioni (La Cina critica le idee di Trump sull’energia).

Sul versante delle politiche climatiche interne Usa ci sarebbe certo una battuta d’arresto e molte decisioni di Obama verranno bloccate. Ma le evoluzioni in atto sul fronte delle tecnologie e dei flussi di investimenti non potranno essere fermate (Trump e la sua energia, tra propaganda e realtà) – (Hillary vs. Donald, ricette opposte su energia e clima).

Anzi, è immaginabile che, dopo il primo shock, ci saranno gruppi di base, imprese, città, contee e Stati che si impegneranno più di prima su questo fronte.

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