Edilizia efficiente, tra regolamenti comunali e normativa UE

  • 26 Ottobre 2016

Sono 1251 i Comuni italiani che hanno modificato i propri regolamenti edilizi introducendo parametri di sostenibilità nelle costruzioni. Si tratta del 15,6% del totale. Il punto della situazione in un rapporto curato dall'Osservatorio E-LAB di Legambiente e del Consiglio Nazionale Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori.

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Sono 1251 i Comuni italiani che hanno modificato i propri regolamenti edilizi introducendo parametri di sostenibilità nel settore delle costruzioni. Si tratta del 15,6% dei Comuni italiani e una popolazione coinvolta che sfiora ormai i 24 milioni di abitanti.

Tra i temi più affrontati rimangono quelli dell’isolamento termico (1038 Comuni), del fotovoltaico (1037) e del solare termico (994).

Per quanto riguarda la diffusione geografica dei regolamenti sostenibili, a primeggiare sono soprattutto le Regioni del centro-nord Italia con Lombardia (503 Comuni), Toscana (148), Emilia Romagna (139), Piemonte (104) e Veneto (102).

Ma anche nel Sud Italia crescono le amministrazioni che introducono nei regolamenti edilizi l’obbligo delle fonti rinnovabili, l’orientamento degli edifici e l’isolamento termico all’interno dei regolamenti edilizi.

Dati più che buoni e incoraggianti che dimostrano come nell’edilizia italiana si stia puntando su innovazione, sostenibilità e rigenerazione urbana grazie ad una spinta che parte dal basso. Anche se c’è ancora molto da fare e sono ancora diversi i problemi da affrontare come ad esempio la mancanza in molte regioni di controlli e sanzioni sulle certificazioni energetiche.

È quanto emerge dal primo rapporto “L’innovazione nell’edilizia italiana” (in allegato in basso) curato dall’Osservatorio E-LAB di Legambiente e del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori che restituisce una fotografia interessante sulla situazione dell’edilizia italiana.

Vengono presi in considerazione i seguenti parametri: l’efficienza energetica (isolamento termico, isolamento acustico, serramenti, tetti verdi, orientamento e schermatura, pompe di calore e caldaie a condensazione, contabilizzazione individuale del calore, ventilazione meccanica, teleriscaldamento), le fonti rinnovabili (solare, termico e fotovoltaico, mini idroelettrico, minieolico e biomasse), il risparmio idrico (la permeabilità dei suoli, il risparmio idrico, il recupero delle acque meteoriche, il recupero delle acque grigie e fitodepurazione), l’innovazione ambientale e tecnologia (materiali locali e riciclabili, raccolta differenziata, piste ciclabili, rifiuti, antisismica), la certificazione energetica e semplificazione.

Lo studio ricostruisce al tempo stesso anche il quadro dei provvedimenti europei, nazionali e regionali in materia di innovazione energetica e ambientale, sottolineando l’importante ruolo svolto dall’Unione Europea attraverso Direttive e finanziamenti.

In particolare è merito delle Direttive europee se in Italia sono in vigore standard minimi di prestazione energetica per le nuove costruzioni e se si dispone di un quadro di obiettivi e strumenti di intervento relativi alla riqualificazione degli edifici esistenti.

Il modo di progettare e di costruire risente, dunque, della spinta dell’Unione Europea e di quella dei Comuni. Per quanto riguarda gli obiettivi Ue, oltre a quelli fissati dalla Direttiva Europea 31/2010 dove si definisce un’accelerazione ancora più forte nella transizione verso uno scenario nel quale il peso dei consumi energetici legati al settore delle costruzioni si dovrà ridurre significativamente grazie a un rapido miglioramento degli standard e a una fortissima integrazione delle fonti rinnovabili, arrivano quelli della Direttiva 27/2012 che fissa regole e obiettivi per l’efficienza energetica negli edifici esistenti al 2020.

Senza dimenticare che dal 1° gennaio 2021 sarà possibile costruire nuovi edifici solo se “near zero energy”, ossia capaci di garantire prestazioni dell’involucro tali da permettere di fare a meno di apporti per il riscaldamento e il raffrescamento, oppure di riuscire a soddisfarli attraverso fonti rinnovabili.

Il livello di queste prestazioni crescerà nei prossimi anni, con scadenze già fissate, ma – osservano gli autori del rapporto –  diverse regioni italiane non sembrano essere preoccupate.

Le Regioni Lombardia e Emilia Romagna hanno anticipato l’entrata in vigore dei limiti del Decreto per gli edifici pubblici. Un segnale che lascia ben sperare per il futuro.

Per quanto riguarda il quadro della normativa in vigore in Italia, tra i vari decreti lo studio ricorda il Decreto Rinnovabili, entrato in vigore nel giugno 2012, che stabilisce che in tutto il territorio nazionale i nuovi edifici, e quelli in ristrutturazione, facciano ricorso obbligatoriamente all’energia rinnovabile almeno per il 50% dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria.

Mentre sulla partita dell’efficienza energetica in edilizia, si segnalano positivi interventi normativi da parte delle Province Autonome di Trento e Bolzano, e delle Regioni Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Liguria e Valle d’Aosta dove sono in vigore da tempo le norme che impongono un limite massimo alla trasmittanza termica delle pareti esterne e una percentuale minima di schermatura delle superficie vetrate.

Lo studio mette anche in luce alcuni problemi: i ritardi con cui l’Italia ha in questi anni recepito le Direttive, la mancanza in molte regioni di controlli e sanzioni sulle certificazioni energetiche, malgrado le Direttive europee.

E soprattutto la carenza di una regia nazionale e di una strategia di riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico, dove costi e sprechi risultano assai rilevanti. 

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