Come rilanciare il settore dell’edilizia in Italia

Per far riprendere il mercato dell’edilizia in Italia si dovrà puntare sulle riqualificazioni energetiche profonde. Gli obiettivi europei al 2030, la spinta all’economia circolare, l’industrializzazione e più innovativi strumenti di incentivazione sono i fattori che potranno consentire questo cambiamento. L'editoriale di Gianni Silvestrini.

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Il mercato dell’edilizia si sta lentamente riprendendo, dopo aver perso ben mezzo milione di posti di lavoro dal 2008.

Il Cresme stima per il 2017 una crescita del 2,6%, grazie all’espansione delle ristrutturazioni che assorbono ormai tre quarti degli investimenti, compensando così il continuo calo delle nuove costruzioni.

Ci sono almeno quattro elementi che, se ben gestiti, potranno rilanciare questo comparto.

Impegni UE per il 2030

Innanzitutto sono stati definiti dalla UE gli impegni climatici al 2030 nei settori non coperti dalla direttiva ETS – e cioè edilizia, trasporti, industrie non energivore e agricoltura – che implicheranno per l’Italia il taglio di un terzo delle emissioni climalteranti rispetto ai valori del 2005.

Un obiettivo che, dopo l’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi il 4 novembre, potrebbe venire ulteriormente innalzato nei prossimi anni.   

Nel settore civile le emissioni, che negli ultimi 25 anni sono aumentate, dovranno invertire la tendenza riducendosi di un quarto rispetto agli attuali livelli: un obiettivo che implica un deciso salto di qualità dell’organizzazione del settore e degli strumenti utilizzati per ridurre i consumi.

Economia circolare

Sempre dall’Europa viene una seconda indicazione, coerente con la spinta a rendere più circolare l’economia.

Entro il 2020 il 70% dei materiali di scarto dell’edilizia dovrà infatti essere avviata al riciclo: parliamo di 32 milioni di tonnellate di rifiuti inerti, un dato probabilmente sottostimato. Anche in questo caso lo sforzo da compiere sarà elevato, visto che oggi la percentuale riciclata è solo del 10%, mentre in altri paesi europei la quota già raggiunge livelli dell’80-90%.

Rivoluzione digitale e riorganizzazione industriale

Accanto a questi due potenti stimoli connessi con obiettivi ambiziosi definiti a livello internazionale, stanno emergendo degli strumenti che potranno rendere interessanti e praticabili questi scenari. Parliamo da un lato della riorganizzazione e riqualificazione del mondo delle costruzioni, dall’altro dell’introduzione di innovativi strumenti di incentivazione.

La rivoluzione digitale è infatti destinata a trasformare l’edilizia, dalle fasi della progettazione, alla realizzazione degli interventi, al riciclo degli scarti, alla gestione degli immobili.

Una delle novità che emergeranno riguarda il passaggio a forme spinte di industrializzazione degli interventi di riqualificazione energetica, sul modello dell’esperienza olandese di successo di Energiesprong.

Se sapremo cogliere queste opportunità riusciremo a ridurre drasticamente tempi e costi, consentendo nel medio periodo di recuperare le risorse in grado di alimentare il processo autonomamente, cioè senza incentivi, proprio grazie ai drastici risparmi di energia.

E’ dunque auspicabile che il programma Industria 4.0, recentemente annunciato, venga utilizzato per qualificare almeno una parte del nostro mondo delle costruzioni. Alcune imprese, investendo nell’innovazione, potranno poi aggregare piccole realtà in agili cordate attrezzate in grado di affrontare le nuove sfide.

Strumenti di incentivazione innovativi

Affinché questo modello possa andare a regime, vanno anche introdotti efficaci stimoli economici. Si tratta di superare i limiti delle detrazioni fiscali, che hanno svolto un’importante azione di stimolo, ma non sono adatte per interventi su interi edifici.  

Proprio per innescare questo passaggio, Enea e Green Building Council Italia avevano proposto la costituzione di un Fondo dedicato all’efficienza energetica e al rischio sismico con il coinvolgimento della Cassa Depositi e Prestiti, che avrebbe dovuto erogare il 90% del capitale necessario. L’incentivo doveva essere diretto agli interventi in grado di ottenere le riduzioni dei consumi, 50-70%, necessarie per raggiungere gli obiettivi climatici.

Lo Stato avrebbe poi riconosciuto al Fondo un credito d’imposta decennale di misura analoga alle attuali detrazioni fiscali (65%), mentre la parte restante sarebbe stata veicolata al Fondo dai distributori elettrici attraverso le bollette ridottesi proprio grazie agli interventi effettuati.

Questo modello, che aveva riscontrato un notevole interesse presso i Ministeri delle Infrastrutture e dell’Economia, era ispirato in parte a soluzioni sperimentate con successo all’estero. Inoltre, era coerente con i limiti agli aiuti di Stato e risolveva il tema degli incapienti.

Al momento non sembra però che la proposta abbia trovato spazio nella Legge di Stabilità. Se così fosse, si tratterebbe di un’occasione persa, perché avrebbe contribuito a dare una scossa al mondo dell’edilizia.

È comunque importante che sia stato, almeno in parte, recepito lo spirito di fondo e cioè la necessità di passare alla “Deep Renovation” di interi edifici.

Lo scorso anno si era avuta una piccola, per quanto inefficace, apertura. Ora la spinta sembra essere più incisiva. Il tempo non è molto e l’auspicio è che le innovazioni “dirompenti” sul lato dell’offerta, accompagnate da incentivazioni realmente efficaci, consentano di avviare la rigenerazione delle nostre città, di ridurre le bollette delle famiglie e di raggiungere gli obiettivi ambientali.

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