La farsa della falsa certificazione energetica degli edifici

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Qual è la situazione della certificazione energetica degli edifici, la cosiddetta APE, obbligatoria in tutte le compravendite e gli affitti? Per molti aspetti desolante. È considerata da molti una fastidiosa e incomprensibile routine. E gli scarsi controlli hanno fatto proliferare i certificatori online a prezzi stracciati.

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Perché in Italia così tante iniziative meritevoli diventano una farsa?

Questa amara constatazione viene alla mente dopo aver un po’ indagato sullo stato della certificazione energetica degli edifici, quell’iniziativa presa nel 2005 dall’Italia nel quadro dei provvedimenti europei per aumentare l’efficienza energetica e diminuire le emissioni di CO2.

Oggetto di numerosi aggiustamenti, la norma sostanzialmente prevede adesso che ogni immobile, al momento della compravendita o dell’affitto, debba avere un certificato energetico (Ape) relativo all’energia necessaria a raggiungere le condizioni di comfort per il riscaldamento invernale e alla la produzione di acqua calda sanitaria (in seguito potrebbero entrarvi anche il raffrescamento estivo e l’illuminazione artificiale), espresso in termini di kWh/mq per anno.

A seconda di altre caratteristiche della casa (come la presenza di generatori a energia rinnovabile), poi, il certificato esprime una valutazione complessiva della “bontà energetica” dell’abitazione, con una lettera che va dalla A4 (migliore) alla G (peggiore), un po’ come avviene per gli elettrodomestici.

Fino al 2012 il proprietario della casa poteva aggirare la normativa autocertificando l’abitazione in classe G (opportunità seguita praticamente all’unanimità), da allora, però, è obbligatorio farsi rilasciare la certificazione da un tecnico abilitato che deve fare un sopralluogo nell’abitazione e prendere personalmente i dati necessari da inserire in software approvati allo scopo, per avere un responso attendibile, prendendosi la responsabilità di quanto certificato.

Gli annunci immobiliari

Come corollario alla norma, tutti gli annunci immobiliari devono contenere già la classe energetica dell’appartamento messo in vendita o in locazione, pena multe fino a 8.000 euro.

L’idea di base di questo adempimento tecnico non era quella di infastidire gli italiani con ulteriore burocrazia e spese, ma forzarli a considerare nella scelta delle abitazioni anche i loro consumi energetici (un fattore che peserà poi fortemente negli anni in cui uno abiterà la casa appena acquistata o affittata), così da iniziare un circolo virtuoso di apprezzamento degli appartamenti più “risparmiosi”, e deprezzamento di quelli “colabrodo termico”, che avrebbe poi a sua volta generato una spinta dei proprietari a fare ristrutturazioni energetiche.

Ma basta fare un giro su internet per capire che le cose sono andate storte.

Partiamo con il dare un’occhiata agli annunci immobiliari: mentre quelli delle grandi agenzie contengono praticamente tutti il livello energetico della casa, quelli “fai da te” spesso e volentieri non ce l’hanno, oppure l’hanno sostituito con scuse risibili come “immobile non soggetto a certificazione”, una categoria che comprende, in pratica, solo edifici non abitabili, come box auto, edicole o chiese.

In entrambi i casi, però, spicca che quasi tutte le case offerte siano in categoria G, con consumi spesso stratosferici, anche più di 300 kWh/mq anno, con rari F e rarissime categorie migliori.

Spesso le case in categoria G hanno consumi di 175 kWh/mq anno, cioè la soglia minima di quel livello (per confronto, una classe A ha consumi <35 kWh/mq anno). Il che fa sospettare non una certificazione, ma una, teoricamente proibita, autocertificazione. E l’essere “energeticamente scarso”, non sembra avere molta influenza sul prezzo delle abitazioni.

Lo stato delle cose, o meglio delle case, fa capire come la certificazione sia diventata una fastidiosa, incomprensibile routine per i più, visto che chi vende o compra non sembra minimamente preoccuppato dall’offrire o interessarsi a immobili-colabrodo che moltiplicheranno le spese per climatizzazione ed acqua calda nei decenni successivi. Come se chi acquista un’auto non fosse interessato a conoscerne i consumi e, anzi, accettasse tutto contento che l’utilitaria appena comprata consumi come un Humvee.

Peggio ancora, però, è provare a cercare un certificatore per una ipotetica abitazione: la pagina di ricerca si riempie di annunci in evidenza di società che offrono certificazioni “online” a prezzi stracciati, fra i 49 e i 69 euro, mentre il prezzo medio di una certificazione, secondo l’ordine degli ingegneri, si dovrebbe aggirare intorno ai 150-200 euro.

Dialogo con certificatore online

Per capire questo “miracolo” proviamo a chiamare uno di questi siti, l’unico che offra un contatto telefonico, e non solo online.

Ci risponde una cordialissima signora che ci spiega come è sufficiente che mandi alla loro email la planimetria della casa, o anche solo i suoi dati catastali, il tipo di impianto di riscaldamento e di acqua calda e una “descrizione” degli infissi e, tempo 3 giorni,  riceverò a casa la mia certificazione, firmata da un tecnico autorizzato.

«Ma non venite a fare il sopralluogo?».

«Se quello che ci manda è sufficiente, non è necessario».

«Ma non è obbligatorio farlo?».

«Su questo non mi pronuncio».

«Ma e se il compratore poi contesta la certificazione?».

«Ah, non lo fa nessuno: dovrebbero farne una anche loro e iniziare una causa giudiziaria. La verità è che quasi nessuno si preoccupa dei consumi energetici domestici, e tantomeno sa della certificazione obbligatoria. Lo scopre solo dal notaio e allora corrono a farne una, il prima possibile e spendendo il meno possibile»

«E non ci sono controlli sulla validità della certificazione?».

«No, nella sua regione no».

«Ma non volete sapere se la casa ha isolanti nei muri o nelle pareti, o un impianto fotovoltaico o solare termico?»

«Ah sì, se ci sono anche quelli lo specifichi, ma tanto, ripeto, la categoria energetica non influisce sul valore della casa, anche perché quando uno compra una nuova abitazione, comunque preventiva pesanti lavori per ristrutturarla come gli piace, anche dal punto di vista della climatizzazione».

«Ma e se volessi aumentare un po’ la classe energetica?».

«Lei metta i dati reali, se poi vediamo che si avvicina a una classe superiore, ci pensiamo noi a fare qualche limatura nei consumi stimati per agevolarla».

Tutto molto serio, insomma.

Simile la procedura anche per i siti tutti on line: chiedono il minimo indispensabile di notizie, così che il cliente possa fornirle di persona, su appositi moduli e poi inviano il certificato senza che nessuno si disturbi a venire a verificare se quello che è stato dichiarato è valido o meno.

Le certificazioni serie e la bassa qualità energetica delle abitazioni

Chiedo lumi su questa bizzarra procedura all’ingegner Valerio Puggioni, della EnUp S.r.l. di Roma, società di ingegneria che svolge anche certificazioni domestiche, con tutti i criteri di legge, ai prezzi medi di 150-200 euro.

«Oltre che illegale è assurdo fare certificazioni senza una visita: come si fa a sapere che tipo di muratura ha una casa, senza vederla? E la presenza e tipo di isolanti? O le misure delle finestre e tipo di infissi? O lo stato dell’impianto di riscaldamento? O se la caldaia ha fatto i controlli periodici previsti per legge? Certificare senza visitare è sostanzialmente una truffa, che toglie lavoro ai professionisti che fanno le cose per bene,  come noi che usiamo strumenti sofisticati per calcolare i reali consumi energetici dei nostri clienti».

Ma non dovrebbe controllare l’autorità pubblica se le certificazioni sono fatte regolarmente?

«In alcune regioni, come la Lombardia, le certificazioni si inseriscono in un apposito sito, così che formano un database immediatamente consultabile, anche per i controlli. Nel Lazio, e immagino in altre regioni, le certificazioni bisogna mandarle per email, quindi finiscono in un mucchio virtuale che nessuno controlla, tanto che spesso vanno smarrite e tocca rinviarle».

Si può quindi anche scoprire di essere stati imbrogliati, acquistando una casa con certificazione “fai da te”?

«Certo, se si scopre che una casa indicata di classe alta, è energeticamente molto dispendiosa. Ma a quel punto serve una seconda certificazione e una causa legale che dimostri il dolo del certificatore che ha firmato il primo certificato e che non si tratti solo di errori in buona fede. Comunque, diciamoci la verità: anche facendo le certificazioni per bene, il 90% delle case che controlliamo finisce in classe G, per la scarsa qualità del costruito nei decenni scorsi».

Ma se è così, e il nostro patrimonio edilizio è così scarso da un punto di vista energetico, serve veramente una certificazione obbligatoria per tutti, visto che fornisce quasi sempre lo stesso pessimo risultato? Non sarebbe più opportuno farla fare solo a chi ha case nuove o fortemente ristrutturate (in questi casi il certificato è fornito direttamente dal costruttore/ristrutturatore), come valore aggiunto dell’abitazione?

«Innanzitutto ricordiamoci che è un obbligo di legge e le leggi si rispettano», ci dice Antonio Armani, presidente dell’Ordine degli ingegneri di Trento «Secondariamente vi fidereste voi di un controllo statico dell’abitazione che state per acquistare fatto on line solo su dati forniti dal proprietario? Ovviamente no, non si capisce allora perché per la certificazione energetica, che peserà fortemente sul costo futuro della gestione della casa, ci si accontenti del fai da te. La certificazione è una operazione seria, di cui si prende la responsabilità un professionista, che però deve essere messo nelle condizioni di lavorare in modo opportuno: non la si può fare a distanza e basandosi solo sulle dichiarazioni di una parte in causa come il proprietario. Così diventa una farsa».

Ma forse il certificato non è poi tanto necessario, visto la situazione media delle case italiane si potrebbe anche dare per scontato che chi non lo presenta ha una casa energeticamente pessima …

«Ci si dimentica che la certificazione con visita consente anche di valutare lo stato degli impianti e indicare carenze, sprechi e fonti di rischio. E c’è poi un altro aspetto che viene sempre tralasciato e che nei certificati online diventa una formuletta standard: il tecnico deve anche dare consigli su come migliorarne la situazione energetica dell’immobile visitato, facendo una sorta di preventivo fra costi di alcuni interventi e risparmi che genererebbero. In questo modo si offre al richiedente e all’acquirente dell’immobile una prospettiva per intervenire e ridurre i propri consumi».

Ma allora come si spiega che ci sia così tanto ricorso all’online e a certificati “farlocchi”?

«Forse è stato un errore estenderlo anche agli affitti, facendo così esplodere il numero di richieste e fiorire il mercato online. E un altro errore è stato ammettere come certificatori laureati che non sanno nulla di impiantistica domestica, come geologi, fisici o persino agronomi. Però il punto centrale è che se fai delle norme obbligatorie, ma non istituisci nessun controllo, i furbi arrivano subito. Qui in Trentino c’è un ufficio apposito di controllo, che sorteggia a campione certificati presentati durante le compravendite immobiliari, e va a verificare come sono stati ottenuti: sono venuti da noi già alcune volte, senza trovare irregolarità. Ma so che in altri casi sono fioccate le multe. Facessero lo stesso in tutta Italia …».

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