Unire incentivi energetici e antisismici, per mettere in sicurezza le case italiane

Fino ad ora gli incentivi per le ristrutturazioni antisismiche, pur disponibili e generosi, praticamente non sono stati usati. Un'idea per spingere gli italiani a rendere più sicure le proprie case potrebbe essere quella di abbinarli alle detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica.

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Il terremoto del 24 agosto scorso che ha distrutto Amatrice e una mezza dozzina di borghi fra Lazio, Umbria e Marche, facendo quasi 300 morti, potrebbe aver avuto almeno un risvolto positivo: per la prima volta si parla seriamente di un progetto, Casa Italia, per la messa in sicurezza del patrimonio edilizio italiano nelle zone a più alto rischio sismico.

Il compito appare titanico, secondo Giuseppe Cappochin, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti.

«Nelle zone a più alto rischio sismico abitano oltre 22 milioni di persone e ci sono 5 milioni di edifici residenziali, oltre a un milione di non residenziali. Le abitazioni sono oltre 10 milioni, pari a circa 1 miliardo di metri quadri. Tra il 70 e l’80% di questi edifici è stato realizzato senza requisiti antisismici, quindi si tratta di intervenire su 4-5 milioni di edifici. Ipotizzando una spesa di 300 euro a mq, per una seria e completa messa in sicurezza servono 300 miliardi di euro

Soldi che non vengono usati

Una cifra spaventosa, anche se spalmata su decenni di lavori, ma oltre all’entità c’è anche un secondo problema: i soldi stanziati in passato per ristrutturazioni antisismiche, sia in forma di finanziamenti diretti (fino a 200 euro/mq), che indiretti (detrazioni fiscali al 65%), praticamente non sono stati usati.

È famoso il caso della stessa Amatrice, dove un tour di presentazione dei fondi antisismici dopo il terremoto de L’Aquila del 2009, raccolse appena 10 adesioni.

«In effetti la ristrutturazione antisismica dell’esistente somiglia molto al pagamento di una assicurazione», ci conferma l’architetto Diego Zoppi, coordinatore del Dipartimento Politiche Urbane e Territoriali del Consiglio Nazionale degli Architetti «una cifra che sborsi oggi per rendere meno gravi possibili eventi negativi futuri, ma che non ti dà nessun vantaggio immediato e speri anzi che non arrivi mai il giorno in cui sarai contento di averla pagata.»

E in un Paese fatalista, poco previdente e spesso con risorse economiche limitate come il nostro, il ricorso a queste spese “Nel caso che…” non è molto popolare.

La proposta

Un’idea per superare questo ostacolo potrebbe essere questa: visto che invece le detrazioni fiscali per la ristrutturazioni e la riqualificazione energetica hanno avuto un buon successo in questi anni (7,4 milioni di pratiche per 27 miliardi di investimenti fatti fino al 2015), perché non unirle, nelle aree a rischio, a quelle per gli interventi antisismici, garantendo magari in questo caso detrazioni ancora più alte e/o ulteriori incentivi, così che la casa, tramite il risparmio energetico, cominci da subito a ripagare la spesa?

La proposta sta già circolando, lo stesso Capocchin l’ha annunciata dopo l’incontro che la sua associazione ha avuto con il governo, in vista della messa a punto di Casa Italia: «Questa potrebbe essere l’occasione per far compiere al settore delle costruzioni un salto in avanti verso l’innovazione: non solo sicurezza ma anche risparmio energetico e smart building attraverso politiche che indirizzino e accompagnino verso questi obiettivi.»

E naturalmente questa ipotesi piace anche agli ambientalisti: «Sì, abbinare l’incentivazione antisismica con quella per il risparmio energetico potrebbe funzionare» dice Edoardo Zanchini, presidente di Legambiente, altra associazione consultata per Casa Italia.

«Certo – spiega Zanchini – ci vorranno dei meccanismi premiali ad hoc per rendere la cosa conveniente ai privati e alle banche che dovranno finanziare questi interventi, ma credo che reindirizzando fondi e meccanismi già esistenti la si potrebbe rendere praticabile. Avevamo già accennato a questa possibilità nell’incontro su Casa Italia e insisteremo, anche se il lavoro duro sarà convincere quelli delle Finanze: dal loro punto di vista meno successo hanno gli schemi di incentivazione, e meglio è…»

Coinvolgere le ESCo

Ancora più entusiasta all’idea è chi con le ristrutturazioni energetiche sta già lavorando, le ESCo, le società che anticipano i fondi per questi lavori, recuperandoli poi, sul lungo periodo, con i risparmi energetici conseguiti.

«Abbiamo già avuto una esperienza di questo tipo a L’Aquila» ci dice Antonio Ciccarelli, della Esco Servizi Energia Ambiente.

«Dopo il terremoto del 2009, abbiamo convinto gli abitanti di una palazzina ricostruita in modalità antisismica con 1,8 milioni di fondi statali, ad aggiungere di tasca loro altri 140mila euro per la ristrutturazione energetica. I fondi in realtà li abbiamo anticipato noi e li stiamo riprendendo facendo pagare loro per 10 anni “normali” bollette energetiche, tenendoci la differenza con i consumi reali. Risultato? I proprietari, senza aver anticipato nulla, vivono in case non solo sicure ma anche molto più confortevoli e pregiate sul mercato, godono già della detrazione del 65% in 10 anni sulle tasse, per i soldi spesi per isolamento, fotovoltaico e pompa di calore, e, fra qualche anno, spenderanno anche molto poco di consumi. Noi abbiamo fatto un buon investimento che riprenderemo in circa 6 anni e le emissioni da quella casa sono quasi azzerate.»

Complementarietà tecnica

Usare schemi simili non solo per la ricostruzione, ma anche per la ristrutturazione antisismica potrebbe rendere Casa Italia molto più di successo dei tentativi precedenti.

«In effetti c’è una complementarietà tecnica – osserva Roberto Olivieri presidente di AssoEsco – le ristrutturazioni antisismiche comportano spesso la rimozione degli intonaci e il montaggio di ponteggi per sistemare reti e tiranti nei muri, rinforzare i pilastri, alleggerire i tetti e così via. Altri lavori vanno fatti sul terreno per sistemare fondamenta, tubazioni ecc. Ecco, in quelle occasioni si può pensare ad interventi energetici come l’aggiunta di un cappotto termico, l’installazione di pannelli solari e di infissi migliori, la modernizzazione dell’impianto di riscaldamento o la creazione di una rete di teleriscaldamento, magari a biomasse locali, per i piccoli centri appenninici, così da eliminare dalle case una delle maggiori fonti di rischio: i tubi del gas. Questo porterebbe a grandi risparmi complessivi sui lavori.»

E l’intervento delle ESCo renderebbe la ristrutturazione “totale” più appetibile per il miglioramento del comfort di vita e del valore dell’immobile, ma in particolare permetterebbe di far accedere a questi interventi i tanti proprietari di case che non hanno capitali da anticipare per l’antisismico, anche se aiutati da fondi governativi e detrazioni fiscali.

Incentivi cumulabili e libretto dell’edificio

«Però la cosa non può essere finanziata con la riduzione delle bollette: l’intervento antisismico costa molto di più di quello energetico, ci vorrebbero molti decenni per rientrare. Occorrerebbe quindi che in questi casi lo Stato girasse alle ESCo, e magari non in 10 ma in 5 anni, la detrazione fiscale del 65% sugli interventi, oltre agli incentivi per 5 anni del Conto Termico previsti per la Pubblica Amministrazione, permettendo la loro cumulabilità. Sommando tutto e considerando un tempo di restituzione dell’investimento di 20 e non 10 anni, potremmo forse convincere le banche a finanziare questo tipo di intervento “totale”, senza ulteriori aggravi pubblici», propone Olivieri.

Certo non in tutte le case si potrebbe intervenire così: in certe strutture portanti in cemento armato, per esempio, la ristrutturazione antisismica consiste nel rinforzare pilastri e travi, senza intervenire sui muri, mentre in case di centri storici, può darsi ci siano vincoli che impediscono di inserire cappotti termici o pannelli solari. Ma sicuramente sarebbe applicabile in milioni di casi.

«Non sottostimiamo però la complessità del compito che aspetta il nostro Paese – spiega il tecnico del CNA Zoppi – prima di partire con gli interventi occorrerà fare un rapporto tecnico per ogni edificio, per il terreno su cui sorge e per la situazione urbanistica intorno, solo così si potrà capire cosa serva e quanto costi. Un primo passo potrebbe essere introdurre il libretto dell’edificio, una sorta di valutazione tecnica di massima che porti a un ranking di stabilità e sicurezza da affiancare a quello energetico. Ma certo ci sono resistenze da chi teme così di veder crollare il valore di molte case». Sempre meglio rispetto al veder crollare la casa stessa sulla testa di chi li abita, si potrebbe rispondere…

Coinvolgere investimenti privati

«Non ci sono comunque solo incentivi e detrazioni. Per esempio un altro strumento potrebbe essere quello usato in città europee come Nantes e Amburgo – aggiunge Zoppi – dove interi quartieri degradati sono stati risanati coinvolgendo pubblico e privato in un progetto complessivo di lunga durata che soddisfacesse tutti. In quel caso per ogni euro pubblico, ne sono arrivati 3 o 4 privati. Gli investitori stranieri credo accorrerebbero anche in Italia a finanziare il gigantesco progetto Casa Italia, anche se ne ricavassero rendimenti bassi, a patto che gli si fornisca un quadro economico e legislativo stabile sul lungo termine. Oggi spesso stanno alla larga dall’Italia proprio perché temono i ripensamenti politici, le lungaggini burocratiche e della giustizia.»

Una diffidenza che certo la vicenda del Conto Energia fotovoltaico non avrà aiutato a dissipare.

Ma se un progetto di messa in sicurezza delle nostre case, ci permettesse, oltre a evitare lutti e danni, anche di rendere ambientalmente più sostenibile e confortevole il nostro vecchio patrimonio edilizio, di dare tanto lavoro agli italiani e persino di recuperare la fiducia degli investitori internazionali, certo sarebbe il modo migliore che avremmo per onorare i morti del 24 agosto.

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