Se la miniera d’oro esaurita diventa una “batteria” per il fotovoltaico

Il progetto per un sistema di accumulo da abbinare a un parco fotovoltaico da 50 MW in Australia. Lo studio di fattibilità comprende un sistema di pompaggio capace di sfruttare due crateri minerari abbandonati della corsa all’oro. Vediamo come potrebbe funzionare.

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Energia pulita dalle vecchie miniere? Kidston, nel Queensland settentrionale, in Australia, sembra solo una delle migliaia di città fantasma senza futuro, retaggio della corsa all’oro iniziata sul fiume Copperfield nel 1907.

L’ultima compagnia mineraria abbandonò il sito nel 2001 e da allora sono stati in molti a domandarsi che cosa si sarebbe potuto fare per riportare in vita quei luoghi ormai improduttivi.

L’idea è venuta alla Genex, una società australiana specializzata in energie rinnovabili. Perché non sfruttare i due crateri minerari in disuso per realizzare un innovativo sistema di pompaggio idroelettrico? Andiamo però con ordine, perché il primo passo sarà costruire un parco fotovoltaico da 50 MW presso l’ex miniera d’oro di Kidston (foto accanto al titolo).

Come si apprende da una nota di ARENA (Australian Renewable Energy Agency –  vedi allegati in basso) l’impianto solare di Genex rientra in una tornata di grandi progetti fotovoltaici cofinanziati dalla stessa agenzia: 12 in totale, per 482 MW di capacità installata complessiva e oltre 90 milioni di dollari australiani di fondi governativi. Al parco FV di Kidson saranno destinati 8,9 milioni di dollari.

Questa prima fase del progetto solare consentirà di produrre circa 145 GWh l’anno di energia elettrica, sufficiente a coprire i consumi di oltre 27.000 abitazioni. In futuro l’impianto sarà esteso a una potenza cumulativa installata pari a 150 MW.

A questo punto entrerà in gioco il pompaggio idroelettrico per immagazzinare l’energia generata in eccesso dai pannelli fotovoltaici (PHES, pumped hydroelectric energy storage).

Come sappiamo, questa tecnologia è applicata normalmente alle centrali idroelettriche: quando c’è un surplus inutilizzato di elettricità sulla rete, si fanno entrare in funzione le pompe che riportano l’acqua dal lago inferiore di raccolta al bacino “a monte”. In questo modo, l’acqua può scendere di nuovo a valle attivando le turbine.

A Kidston, invece, Genex vorrebbe impiegare i due crateri minerari, in buona parte già riempiti d’acqua e situati ad altezze differenti, per alimentare dei cicli di pompaggio con l’energia fotovoltaica nei momenti di bassa richiesta sulla rete. In sintesi, anziché sprecare l’elettricità proveniente dai pannelli, il sistema attiverebbe le pompe per far confluire l’acqua dal cratere inferiore a quello superiore (vedi schema qui sotto).

Sarebbe il primo impianto di pompaggio idroelettrico su vasta scala (300 MW di potenza installata) di tipo off-river, cioè non collegato a fiumi o torrenti ma a ciclo chiuso, con la stessa acqua in circolo tra i due crateri/bacini. Ogni ciclo durerebbe 5-9 ore generando fino a 2.250 MWh di energia da immettere in rete durante i picchi di domanda (in allegato in basso tutti i dati del progetto).

Genex finora ha ricevuto un finanziamento di 4 milioni di dollari da ARENA per completare gli studi di fattibilità. L’obiettivo è ottenere nuovi fondi statali e avvicinarsi, così, alla progettazione e realizzazione di questa soluzione integrata di fonti rinnovabili intermittenti e storage idroelettrico

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