La Comunità Solare: quando l’innovazione è anche sociale, economica e culturale

Il mercato del fotovoltaico residenziale è riservato ancora ad una minoranza della popolazione. Negli Usa crescono le esperienze di Comunità Solare. Un modello di comproprietà degli impianti che può essere declinato in più modi e che consente molteplici benefici.

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Come si può fare in modo che l’energia solare non sia solo a disposizione solo di una minoranza della popolazione?

Negli Stati Uniti ci sono più di un milione di impianti fotovoltaici, abbastanza da alimentare 5,7 milioni di abitazioni (negli Usa installati a metà 2016 circa 29,3 GW di FV). Nel primo trimestre dell’anno il 64% di tutta la nuova potenza elettrica installata è venuta dal FV (vedi grafico).

Ma anche con questa impetuosa crescita, negli States, secondo il NREL, solo il 22-27% dei tetti degli edifici residenziali è oggi in grado di ospitare un impianto fotovoltaico.

I motivi sono diversi: ad esempio la tipologia costruttiva dell’edificio, l’ombreggiamento degli alberi, la scarsa disponibilità di chi affitta un immobile ad accettare la presenza di un impianto su tetto.

Poi c’è l’aspetto economico. Negli Usa coloro che guadagnano meno di 40mila dollari l’anno (in pratica il 40% della popolazione) rappresentano meno del 5% dei proprietari di una installazione ad energia solare.

Le cose, anche se ancora lentamente, stanno però cambiando, negli Stati Uniti, e anche altrove. Tra i nuovi modelli di mercato che possono raggiungere quei segmenti di domanda potenziale ancora inaccessibili c’è la cosiddetta Comunità Solare.

Può essere declinata in molti modi, ma in sintesi parliamo di un sistema in grado di fornire elettricità solare e/o benefici economici ai proprietari o soci di queste stesse comunità. Un fenomeno che si prevede crescerà più del doppio quest’anno rispetto al 2015.

Ne parlammo di recente anche in occasione di un studio condotto da ricercatori della Oregon University. In questo caso si spiegava come gruppi di 10-20 famiglie che installano e gestiscono i propri impianti fotovoltaici con un approccio “comunitario” riescano ad avere, oltre a numerosi altri vantaggi, anche una produzione del 5-10% più alta e rischi economici minori rispetto ad un approccio individuale.

Alcuni fautori della “Community Solar” hanno spiegato i diversi benefici di questo approccio.

Ad esempio il vantaggio dei minori costi iniziali. I costi e la proprietà dell’abitazione in cui si vive possono esser infatti una barriera. La comunità solare elimina la necessità di un anticipo in denaro. Le società elettriche o alcune società terze possono coprire buona parte dei costi di realizzazione iniziale, che verranno in parte reintegrati dai sottoscrittori.

Alcuni programmi consentono anche ai soci di trasferire i loro benefici in caso di trasloco nell’area o regione coinvolta dall’iniziativa.

I costi per kWp installato rispetto ad un singolo impianto FV su tetto possono essere anche inferiori del 40%.

Questa soluzione permette inoltre ai membri del programma di risparmiare sulla bolletta e, in prospettiva, di risparmiare su eventuali aumenti dei prezzi dell’elettricità, visto che le rate da pagare sono fisse (e spesso scontate per le famiglie a più basso reddito).

Programmi di questo tipo richiedono delle partnership con associazioni no profit e decisori locali, consentendo anche una maggiore condivisione di obiettivi e valori all’interno della comunità. Ci sono esempi interessanti a Los Angeles, in Colorado e nel North Carolina.

Oltre ai vantaggi di natura ambientale e climatica, va anche detto che la diffusione delle comunità solari nel medio periodo può evitare la costruzione o portare alla chiusura di centrali alimentate a fonti fossili altamente inquinanti. Non è un caso che un elevatissimo numero di persone a basso reddito, spesso di colore, in America vivano entro le 30 miglia da una centrale a carbone.

Con le comunità solari ci creano anche posti di lavoro locali. In un’ottica nazionale, va ricordato che negli Stati Uniti gli addetti al settore dell’energia solare negli ultimissimi anni sono cresciuti 20 volte più velocemente di quanto non sia accaduto per l’intera economia Usa. Gli occupati nel solare FV sono aumentati dell’86% in 5 anni.

Non può essere nemmeno escluso di realizzare impianti di taglia più grande vicino alla stessa comunità, paese o quartiere, riducendo così i costi di investimento. Alcuni esempi di comunità solare hanno anche permesso di realizzare mini reti su scala locale, particolarmente resilienti a fenomeni meteorologici estremi che avrebbe causato black out e l’isolamento delle popolazioni.

La natura stessa dell’energia solare, quello di essere una fonte decentrata, consentirà molteplici tipologie e modelli di comunità solari in sintonia con le caratteristiche sociali ed economiche del luogo.

Negli stessi Usa e in Germania, ad esempio, sta prendendo piede un’altra forma di comunità solare: cittadini-produttori si scambiano l’energia solare (e non solo) tra loro in modo da rendersi indipendenti dalla produzione centralizzata. Allo scopo vengono contatori intelligenti, fotovoltaico con sistemi di accumulo e, ovviamente, adeguati business model (QualEnergia.it, I BitCoin dell’energia rinnovabile e la rete dei piccoli venditori e utenti).

Come si vede l’innovazione nelle campo delle rinnovabili non è solo tecnologica ma anche sociale, economica-finanziaria e culturale. E questa sarà la sua forza.

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