Rinnovabili tedesche, tra assenza di visione e bugie della politica

Dati e studi a favore della transizione verso un futuro ad energia rinnovabile non mancano, ma non bastano per contrastare il costante attacco delle fossili, spesso sostenute dalle bugie della politica. Come quelle del ministro tedesco Gabriel che, sotto l'ombrello del mercato, tutela gli interessi di carbone e petrolio.

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Leggi l’articolo nella versione digitale della rivista QualEnergia

Helmuth Schmidt, cancelliere tedesco dal 1974 al 1982, suggeriva di andare dal medico a chi aveva delle visioni. Era un socialdemocratico pragmatico: l’incarnazione della Realpolitik. È morto a novembre 2015 a 97 anni e, oltre alla sua longevità benché forte fumatore, del suo mandato non c’è molto da raccontare. Con il suo impegno deciso per l’energia nucleare e per il riarmo ha favorito la nascita dei Verdi in Germania.

Solo oggi si nota, anche, che è stato il primo a smantellare lo stato sociale e a guidare la Germania verso il futuro neoliberale dell’ideologia del “mercato libero” come meccanismo insuperabile nell’allocazione di beni e servizi.

Il freddo sociale sul paese fu opera del successore, Gerhard Schröder, con la “Agenda 2010” con la quale la Germania è diventata il paese della stabilità, austerità e crescente disuguaglianza che secondo l’Ocse aumenta più rapidamente che in quasi tutti gli altri paesi dell’organizzazione.

Un barlume di speranza per contrastare la polarizzazione economica, sociale e possibilmente per uscire un poco da un neoliberalismo barbarico e crudele era la Energiewende, la trasformazione energetica, il progetto ambientale più grande nella storia del paese, con anche importanti conseguenze sociali. La produzione di energia da fonti rinnovabili – quasi tutti gli studi sul tema sono d’accordo – è più sociale e meno autoritaria della produzione da fonti fossili. Fino a che punto ciò sia vero dipende dai concreti indirizzi politici del processo.

I primi passi dal 2000 in poi con il conto energia erano promettenti. Tanti cittadini investivano nel solare e nell’eolico, spesso sotto il tetto di un’iniziativa civica, rendendo il rifornimento energetico democratico e decentrato.

Troppo democratico e decentrato per l’attuale vice cancelliere e ministro per l’economia e l’energia, Sigmar Gabriel. Nella presentazione della “riforma” dell’Energiewende afferma: «Questi (le energie rinnovabili, ndr) non sono cuccioli che hanno bisogno di protezione, ma sono cani da caccia molto agili che devono dimostrare al mercato degli appalti che sanno affrontare la concorrenza. Questo è, credo, urgente perché alla fine della giornata, vogliamo promuovere le tecnologie più efficienti e le ubicazioni più idonee e quindi anche economicamente più convenienti».

Quanto è bravo questo ministro a vendere, sotto l’ombrello del mercato, gli interessi di carbone e petrolio. Quando mai produzione e distribuzione dell’energia si è svolta su un mercato libero e trasparente?

Le distorsioni del mercato operate dai grandi del petrolio, carbone e gas accompagnano tutta la storia delle energie fossili. Oggi invece, con la crisi del clima, che il mercato di sicuro non risolverà come non può neanche garantire la sicurezza energetica, la transizione energetica deve avvenire in un quadro politico, specialmente se si considerano i grandi patrimoni che sono sotto attacco.

Se quest’affermazione è banale – e lo è – ci si chiede, come un ministro di un grande paese industriale si possa permettere d’esternare tali stupide falsità. Evidentemente può. Inutile irritarsi. Semmai c’è da chiedersi perché i protagonisti della trasformazione energetica ancora si fidino dei loro argomenti razionali di fronte all’inizio dell’impennarsi dei big business dell’energia contro la perdita dei loro asset.

I dati, le analisi, gli studi, gli argomenti per la transizione energetica ci sono e non bastano. Occorrono più resistenza, ma anche delle narrative più accattivanti per combattere le bugie della politica e dell’industria dell’energia convenzionale e far venire la voglia di un futuro rinnovabile.

L’articolo è stato pubblicato nel n.3/2016 della rivista bimestrale QualEnergia, con il titolo “Assenza di visione”.

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