Le Filippine accusano le multinazionali delle fossili

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La Commission on Human Rights of the Philippines ha inviato a quasi 50 compagnie dell'industria fossile dei documenti per presunte violazioni ambientali e dei diritti fondamentali della popolazione. Potrebbe diventare una vasta indagine contro i giganti petroliferi e minerari, principali inquinatori del pianeta.

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Per la prima volta nella storia un’organizzazione governativa per i diritti umani sta accusando i giganti delle fonti fossili di aver contribuito a peggiorare i cambiamenti climatici.

Stiamo parlando della Commission on Human Rights of the Philippines (CHR), che proprio in questi giorni ha inviato a quasi cinquanta carbon-majors i documenti che le inchioderebbero alle loro responsabilità per presunte violazioni ambientali e dei diritti fondamentali della popolazione.

Tra i nomi più importanti, coinvolti nella vicenda, figurano anche due grandi realtà italiane, Eni e Italcementi, come riporta una nota di Greenpeace. Tutto era partito nel 2015 proprio da una petizione promossa dall’associazione ecologista, che è stata accolta dalla Commissione filippina e poi girata alle compagnie, che avranno 45 giorni di tempo per rispondere.

La Commission on Human Rights non è certo un’aula di un tribunale, e quindi non potrà multare le aziende né forzarle a ridurre le emissioni inquinanti. Tuttavia, potrebbe aprire una vasta indagine sugli impatti ambientali dell’industria fossile.

Nel mirino ci sono multinazionali come ExxonMobil, BP, Chevron, Shell, ConocoPhillips, BHP Billiton, Glencore e tante altre. Colossi che operano in vari settori, dal petrolio al carbone, passando per il gas, le miniere, il cemento (ne avevamo parlato qui).

La petizione, con la sua lista di aziende “inquinanti”, si basa sugli studi condotti da Richard Heede, direttore del Climate Accountability Institute in Colorado. Secondo i suoi calcoli, sono solo poche decine le società maggiormente responsabili delle emissioni nocive nell’atmosfera.

Le Filippine, essendo un arcipelago con migliaia di piccole isole, sono tra i Paesi più esposti agli effetti più catastrofici del surriscaldamento terrestre. Nel 2013 furono colpite dal tifone Haiyan,  (vedi foto in alto a sinistra) uno dei più violenti registrati finora nel mondo, che uccise oltre 6.000 persone e costrinse più di 650.000 abitanti ad abbandonare le proprie case.

Ma tra gli eventi estremi collegati al global warming non ci sono solo i tifoni, ma anche inondazioni e ondate di calore. Secondo i firmatari della petizione, le carbon majors starebbero violando – o rischierebbero di violare – i diritti umani dei cittadini filippini, a causa delle loro attività su scala mondiale. In ballo ci sono alcuni diritti fondamentali: al cibo, all’acqua, a un alloggio adeguato, in generale alla vita.

Non sarà facile inchiodare le compagnie fossili, né dimostrare la correlazione tra l’incremento delle emissioni di CO2 e l’intensificarsi di eventi atmosferici estremi nelle Filippine.

Eppure, l’azione condotta dalla Commission of Human Rights è importante per almeno un paio di ragioni. Innanzitutto, può costituire un precedente legale e morale che mette in discussione il modo tradizionale di operare di queste compagnie, poco o per nulla attente alle misure e tecnologie per ridurre le emissioni di gas-serra.

In secondo luogo, questo caso potrebbe aumentare la pressione su governi e istituzioni di tutto il mondo, portandoli magari a supportare politiche di disinvestimento dalle fonti fossili. Le aziende, inoltre, con ogni probabilità dovranno almeno indicare come intendono eliminare e prevenire le violazioni dei diritti umani, provocate dall’utilizzo di petrolio, gas e carbone e dai loro effetti sul clima.

Sono tutte considerazioni che riportano alla paventata esplosione di una bolla del carbonio, con il conseguente tracollo di molte società petrolifere e minerarie (vedi anche QualEnergia.it sul petrolio USA e gli scenari globali).

Intanto, più di 30.000 filippini, molti dei quali sono dei sopravvissuti alle catastrofi naturali degli anni scorsi, chiedono che le aziende inizino a farsi carico delle devastazioni ambientali di cui loro stesse sono, almeno in parte, responsabili. Le udienze di entrambe le parti dovrebbero cominciare in autunno. Continueremo a seguire la vicenda e i suoi sviluppi.

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