ENI, il greenwashing e la strategia che manca sul clima

La nostra partecipata pubblica sta pubblicizzando molto il suo impegno ambientale, ma, a differenza di altri giganti dell'oil&gas, non ha una strategia complessiva per gestire rischi e opportunità legati alla transizione energetica. La sua visione resta legata al passato fossile.

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Negli ultimi mesi siamo stati sommersi da messaggi pubblicitari mirati a evidenziare l’attenzione dell’Eni alle tematiche ambientali.

Nel concreto la multinazionale ha in effetti avviato alcuni progetti. Pensiamo ai 220 MW, prevalentemente fotovoltaici, da realizzare entro il 2022 su siti industriali italiani abbandonati, alle ricerche sulle pellicole solari per le finestre da commercializzare tra qualche anno, o all’alleanza con Novamont per la prima vera bioraffineria a Porto Torres.

Ma la priorità data a questi filoni innovativi è molto limitata.

Quello che in effetti manca è una strategia complessiva adeguata alla sfida climatica in grado di riorientare radicalmente le politiche industriali a fronte dei rischi legati al raggiungimento di un picco della domanda e al congelamento di una parte delle riserve di idrocarburi necessario per non superare i  2 °C.

Nel campo delle utility elettriche questo ripensamento, indispensabile per la loro stessa sopravvivenza, è già in atto. La diversificazione delle strategie delle multinazionali oil and gas è invece molto più cauta.

Così la norvegese Statoil sta realizzando un parco eolico al largo della Scozia con la propria tecnologia innovativa “floating” Hywind che consente ancoraggi a profondità superiori ai 100 metri.

La francese Total, che già aveva acquistato nel 2011 la statunitense Sunpower, ha investito oltre un miliardo di dollari per prendere il controllo della Saft, produttrice di batterie.

Fa eccezione la danese DONG (Danish Oil and Gas) che si è lanciata nella generazione elettrica, tanto che il 75% dei suoi investimenti è ormai diretto verso le rinnovabili, in particolare verso l’eolico.

Citiamo questi casi perché segnalano l’avvio di una rivisitazione sulle strategie di lungo termine. Puntare su dei parchi solari da far realizzare a terzi, rappresenta solo una opportunità marginale di business per Eni.

Occorrerebbe invece sfruttare il know how interno, la strada seguita da Statoil, o acquisire società di punta, il percorso di Total, per trovarsi preparati al progressivo affermarsi delle rinnovabili ed al calo del mercato dei fossili.

Ma su questo fronte, l’Eni sembra avere una visione strategica che andava bene, forse, un decennio fa. Come sottolinea l’amministratore Descalzi, “sia chiaro: non vogliamo snaturare il nostro core business di petrolio e gas”.  Ecco, proprio questo è il punto.

Estratto dall’editoriale “Energia in bilico” del n.3/2016 della rivista bimestrale QualEnergia.

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