La beffa delle royalties sul gas da restituire alle compagnie

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Una sentenza del TAR Lombardia ha stabilito che nel corso del 2015 Stato, Regioni e Comuni avrebbero incassato royalties sulle produzioni di gas più alte di circa il 20%. Dovranno restituirle? Il Ministero dello Sviluppo Economico farà ricorso al Consiglio di Stato e la questione arriva anche in Parlamento.

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Altra beffa in arrivo per le comunità che ospitano giacimenti di gas in Italia. Una recente sentenza del TAR Lombardia ha stabilito che nel corso del 2015 Stato, Regioni e Comuni avrebbero incassato royalties sulle produzioni di gas del 2014 più alte di circa il 20% rispetto a quanto gli sarebbe spettato. La decisione del Tribunale (la n. 1220/2016, depositata il 17/6/2016) ha previsto anche la sospensione dei provvedimenti di riscossione sulle produzioni del 2015.

La sentenza, che respinge le argomentazioni dell’Avvocatura di Stato, nasce da un ricorso promosso da Edison e da altre compagnie come Eni, e Shell, che chiedevano di ancorare la determinazione delle royalties a un indice diverso (e più basso) rispetto all’indice QE (quota energetica costo materia prima gas), determinato in euro/GJ per ogni trimestre dall’Autorità per l’Energia ai fini della fissazione delle tariffe di vendita ai clienti finali appartenenti al c.d. “mercato tutelato”.

Il TAR annulla così i provvedimenti amministrativi e regolamentari del Ministero dello Sviluppo Economico in materia, e impone l’applicazione dell’indice Pfor” per la determinazione quantitativa delle royalties dovute dalle predette compagnie petrolifere: “l’indice Pfor, ove si consideri che quest’ultimo è commisurato proprio alle quotazioni di Borsa del gas, (…) è (…) un criterio aggiornato all’attuale contesto di mercato, e di per sé idoneo a rispecchiare l’effettivo valore del prodotto”, si afferma nella sentenza.

A quantificare quel 20% in più era stato appunto il MiSE. L’applicazione dell’indice QE è stata giustificata dal dicastero in ragione del “superiore interesse pubblico, da leggersi anche con riferimento al principio del pareggio di bilancio di cui all’articolo 81 Cost.”, considerando quindi le royalties alla stregua di un’entrata tributaria.

Ora però Stato, Regioni e Comuni potrebbero dover rimborsare le compagnie energetiche della quota delle royalties che queste hanno pagato in più. Si tratterebbe di cifre milionarie, che incidono su bilanci consolidati delle amministrazioni locali.

Tanto per dare un’idea delle royalties incassate nel 2015 (pdf), applicate a produzioni idrocarburi degli anni 2013 e 2014, per tutti gli idrocarburi liquidi e gassosi, la cifra totale in gioco è di quasi 352 milioni di euro, di cui poco meno della metà è andato alle Regioni (163 milioni di €).

Oltre il 64% del gettito totale proviene da Eni (per il gettito delle royalties dal 2008 vedi MiSE DG-UNMIG).

Per evitare questo rischio il ministero dello Sviluppo economico sembra stia preparando un ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar Lombardia. Potrebbe impugnare la sentenza anche una delle regioni più coinvolte? Secondo il settimanale L’Espresso solo l’Eni dovrebbe riavere indietro 21,7 milioni di euro.

La questione adesso è approdata anche in Parlamento, visto che i senatori M5S, con capofila Gianni Girotto, hanno presentato un’interrogazione al MiSE per sapere nel concreto quale saranno gli effetti della sentenza del Tar.

L’interrogazione sottolinea come sul sito del MiSE DG-UNMIG vi siano i dati sulle royalty incassate l’anno scorso, ma non vi sia il dettaglio degli importi relativi al gas (oggetto delle sentenze) rispetto agli altri idrocarburi.

I senatori chiedono al Ministero se “non ritenga necessario rendere accessibili sul sito i dati utili ai fini del calcolo delle royalty, con espressa evidenza della differenza tra la produzione lorda e la produzione netta, per garantire una maggiore trasparenza delle informazioni e aumentare la consapevolezza nei cittadini dell’incidenza delle franchigie e dei consumi interni”.

Gli esponenti del M5S chiedono inoltre se non sia il caso di “intervenire per modificare il quadro regolatorio, al fine di chiarire il metodo di misura della valorizzazione delle royalty sulla base delle condizioni di mercato.

Più in generale dovremmo ricordare che le royalties in Italia restano relativamente basse e non hanno comunque mai consentito un rilancio di molte aree del paese interessate dalle estrazioni di idrocarburi.

Un recente studio dell’economista Leonardo Cuoco, uno dei tanti sull’argomento, riferito a idrocarburi e Basilicata (“Le dinamiche della popolazione e delle strutture economiche del comprensorio petrolifero della Basilicata: dal 1991 al 2015”) spiega che nel comprensorio petrolifero della regione gli investimenti delle compagnie avviati negli anni ’90 “non hanno modificato né le tendenze allo spopolamento dei comuni né i processi di deindustrializzazione dell’apparato industriale ed artigianale preesistente”. Cuoco dice che “si ha motivo di credere che, in assenza di politiche e programmi alternativi, è destinato a crescere il rischio che le tendenze negative siano inarrestabili” e parla di processi di vera e propria desertificazione tra 15 o 20 anni dopo la fine del ciclo produttivo degli idrocarburi.

Per questo da più parti si vorrebbe che le royalties vengano spese meglio, mettendo fine alle modalità di spesa a pioggia e concentrandole per promuovere opportunità autentiche di sviluppo oltre l’economia degli idrocarburi.

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