Le regole per aggiungere un sistema di accumulo ad un impianto fotovoltaico

Tutti i chiarimenti su norme di conformità e regole tecniche per installare una batteria su un impianto solare FV esistente senza perdere gli incentivi. Quando si può e le eccezioni. Attenzione alle norme CEI di riferimento e a non fare confusione tra storage e gruppi di continuità UPS.

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Quando si può installare un sistema di accumulo (SdA) su un impianto fotovoltaico esistente, senza perdere gli incentivi? Sull’argomento regna ancora un po’ di confusione, alimentata anche da chi vorrebbe utilizzare un gruppo di continuità (UPS, Uninterruptible Power Supply) alla stregua di un SdA.

In realtà, come spiega Fabio Zanellini, presidente della commissione tecnica del gruppo sistemi di accumulo/ANIE Energia, il quadro non è così fumoso come potrebbe sembrare. Stiamo parlando degli impianti collegati alle reti di distribuzione in bassa o media tensione, come il classico fotovoltaico su tetto da 3 kW di picco.

Tutti questi impianti, infatti, possono essere abbinati a un dispositivo di storage elettrico per incrementare la percentuale di autoconsumo mantenendo gli incentivi, con una sola eccezione: quelli di potenza inferiore a 20 kWp regolamentati dal primo conto energia.

Le norme CEI

Dopo una prima serie di valutazioni economiche (QualEnergia.it, Fotovoltaico con batteria: con gli incentivi e i prezzi attuali, quanto conviene?), l’utente che ha già installato pannelli fotovoltaici e vuole aggiungere un SdA deve compiere alcuni passi fondamentali.

Per prima cosa, evidenzia Zanellini, deve scegliere un sistema conforme alle norme di connessione, che sono la CEI 0-21 e la CEI 0-16, rispettivamente per gli impianti in bassa e media tensione. Tali norme riportano tutte le caratteristiche di un SdA, compresi gli schemi di misura dell’energia prodotta/scambiata con la rete. È bene ricordare, quindi, che il tecnico installatore possiede tutti gli strumenti necessari per svolgere correttamente il suo lavoro: oltre naturalmente alle già citate disposizioni CEI, vanno ricordate le delibere 574/2014 e 642/2014 dell’Autorità per l’Energia e le regole tecniche pubblicate in seguito dal GSE.

Dichiarazioni e certificazioni

In secondo luogo, l’utente deve formalizzare la modifica del suo impianto presso il gestore di rete e il GSE, attraverso una nuova richiesta di connessione per inserire il sistema di accumulo.

Come si fa però a distinguere una tecnologia di storage conforme alle norme CEI da una che non rispetta i requisiti obbligatori? Per quanto riguarda gli impianti connessi in bassa tensione, precisa Zanellini, «è sufficiente la dichiarazione sostitutiva di atto notorio rilasciata dal costruttore. Tale dichiarazione deve estendersi a tutti i componenti, cioè inverter, batteria, sistema di controllo, eccetera e non limitarsi solo a qualcuno di essi. Per quanto riguarda, invece, gli impianti in media tensione, la norma CEI 0-16 indica le prove cui sottoporre un SdA. Oltre alla dichiarazione del costruttore, quindi, serve la certificazione di un organismo accreditato».

SdA e UPS: le differenze

Infine un po’ di chiarezza sulla confusione tra SdA e UPS. Qualche soggetto, prosegue Zanellini, sostiene che alcune configurazioni di UPS possono fungere da SdA senza dover richiedere le autorizzazioni previste e possedere le certificazioni necessarie. «Questa è un’interpretazione cui il combinato disposto di delibere e norme tecniche di connessione non lascia spazio, come chiarito recentemente da una FAQ dello stesso CEI», aggiunge l’esperto di ANIE Energia.

È vero, infatti, che i due apparati condividono una buona fetta delle apparecchiature, però le funzioni sono nettamente distinte. Un gruppo di continuità è pensato per funzionare solamente in condizioni di emergenza, ad esempio in seguito a un guasto sulla rete. Di solito ciò avviene poche volte l’anno e per pochi minuti, giusto il tempo di risolvere il problema che ha determinato l’interruzione della fornitura elettrica.

Un SdA, all’opposto, è pensato per funzionare continuativamente in parallelo alla rete di distribuzione. Continuativamente non significa sempre: il punto è che la sua entrata in funzione non dipende da un guasto o da un’emergenza, ma è decisa dall’utente secondo le sue esigenze; ad esempio, quando vuole sfruttare l’energia stoccata nella batteria per fronteggiare un picco di consumi, riducendo il prelievo di elettricità dalla rete.

Pertanto, termina Zanellini, non esiste una “terza via” costituita da “simil-UPS”: l’installazione di un UPS utilizzato poi come SdA non è conforme alla normativa vigente e non va quindi ammessa.

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