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Energy manager: la scadenza della nomina si avvicina

Entro il 30 aprile i soggetti obbligati devono nominare l'energy manager. Come calcolare se i consumi di un'azienda le impongono la nomina? Come si nomina l'energy manager e che ruolo ha? Che differenza c'è con la figura dell'EGE? Facciamo un po' di chiarezza con Dario Di Santo, presidente della Federzione Italiana per l'uso Razionale dell'Energia.

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La legge 10/1991 prevede l’obbligo per i soggetti industriali sopra i 10.000 tonnellate equivalenti di petrolio (tep) di consumi annui e per i soggetti degli altri settori oltre i 1.000 tep di nominare annualmente un energy manager. La nomina va presentata attraverso la piattaforma NEMO (nomina energy manager on-line) creata da FIRE in applicazione della circolare del MiSE 18 dicembre 2014 (e disponibile all’indirizzo http://nemo.fire-italia.org).

I consumi da considerare per verificare il superamento della soglia sono quelli relativi alle fonti impiegate per alimentare processi e servizi e per produrre energia elettrica o termica mediante fonti rinnovabili e cogenerazione, indipendentemente dal fatto che sia autoconsumata o immessa in rete.

Può essere utile ricordare che un tep corrisponde a circa 5.300 kWh elettrici e 1.200 metri cubi di gas naturale, per citare i due vettori più diffusi. Per effettuare la verifica è possibile utilizzare un apposito foglio Excel disponibile sul sito FIRE, dove si trovano guide alla nomina e informazioni sul ruolo dell’energy manager.

Purtroppo ancora oggi risultano diverse inadempienze sulla nomina, soprattutto da parte dei soggetti pubblici, che dovrebbero dare il buon esempio. Enti locali e amministrazioni centrali hanno percentuali di inadempienza comprese fra il l’80 e il 90%. Speriamo che si inverta questa tendenza, anche perché la Corte dei conti ha avviato lo scorso anno delle indagini includendo anche la mancata nomina nella valutazione dei potenziali danni erariali.

Al di là dell’obbligo di legge, la nomina di un energy manager qualificato è un’opportunità irrinunciabile per le imprese e gli enti per i benefici che può apportare. Questi non riguardano solo la possibilità di risparmiare sulla bolletta energetica, ma anche i benefici non energetici che usualmente accompagnano gli interventi di efficientamento (riduzione dei costi di manutenzione, riduzione delle emissioni, miglioramento delle condizioni di lavoro, etc.).

Il percorso tracciato dall’andamento altalenante dei combustibili fossili, con i relativi rischi sui budget, e dall’accordo di Parigi impone una revisione profonda dei modelli di business e della catena di valore delle imprese, pena il rischio di risultare non più competitivi in pochi anni.

Per ottenere risultati ancora migliori conviene prendere in considerazione l’adozione di un sistema di gestione dell’energia (ISO 50001) che, oltre a rendere più efficace l’azione dell’energy manager, permette di avviare una profonda trasformazione aziendale, che conduce tutti i livelli dell’organizzazione a curare la gestione delle risorse.

In Italia l’adozione della norma sta procedendo con un buon ritmo, se si considera che contro ogni logica non è stata incentivata in alcun modo, come fatto per esempio in Germania e Francia. Ad oggi sono circa 600 i siti certificati, relativi ad oltre 300 imprese ed enti.

Tornando a parlare di energy manager, in Italia esiste inoltre la figura dell’EGE (esperto in gestione dell’energia), certificabile ai sensi della norma UNI CEI 11339. L’energy manager può essere un EGE certificato, un’opzione particolarmente utile qualora il soggetto interessato decida di nominare un energy manager esterno all’organizzazione, come spesso accade per soggetti con consumi energetici vicini o inferiori alle soglie di legge.

Da luglio 2016, inoltre, le imprese interessate a presentare direttamente progetti nell’ambito dello schema dei certificati bianchi (dunque senza avvalersi della collaborazione di una ESCO o di un distributore) dovranno avere un energy manager certificato EGE.

Su questo punto la FIRE ha presentato una proposta al MiSE per trasformare questa richiesta normativa in modo che rimanga l’obbligo dell’EGE, ma che non debba essere necessariamente certificato l’energy manager. Ciò consentirebbe alle grandi imprese, nelle quali l’energy manager è in genere un dirigente di alto livello che non sempre soddisfa i requisiti per certificarsi EGE in prima persona, di mantenere il ruolo (che in tali realtà vede come elemento fondamentale la capacità di incidere sulle scelte aziendali, più che le competenze tecniche, che in genere sono soddisfatte da collaboratori interni che possiedono i requisiti per certificarsi EGE).

Per finire, giova ricordare che anche i soggetti non sottoposti all’obbligo di nomina dell’energy manager possono nominarlo con le stesse modalità previste per quelli obbligati.

È un’opportunità valida specialmente per le realtà energivore – ossia caratterizzate da costi energetici rilevanti rispetto alle spese complessive – e per i soggetti interessati a presentare progetti relativi ai certificati bianchi in modo diretto. In tal caso, per la sola prima nomina, non si applica la scadenza del 30 aprile, che invece rimane valida per le nomine degli anni successivi.

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