Eventi meteo estremi: nel 2015 danni per oltre 25 mld $

Il 94% delle calamità naturali dell'anno appena concluso è dovuto a eventi meteorologici come uragani, alluvioni, ondate di calore o di freddo. La siccità estiva in Europa da sola ha fatto 2 miliardi di dollari di danni. Ecco perché le grandi compagnie assicurative sono sempre più preoccupate per gli effetti del global warming.

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Tra le lobby più preoccupate per le conseguenze dei cambiamenti climatici in atto c’è da sempre quella delle compagnie assicurative. Il motivo è facile da immaginare: l’incremento dei danni da eventi meteorologici estremi provocato dal global warming potrebbe essere economicamente disastroso per il loro business. A ricordarlo arrivano i dati del 2015 diffusi da Munich Re (allegato in basso): l’anno scorso le compagnie assicurative hanno dovuto sborsare ben 27 miliardi di dollari per danni da calamità naturali, ma va detto che il 94% di questi è stato causato da eventi meteorologici.

Il 158% di disastri in più rispetto alla media degli ultimi 30 anni

Il dato è veramente rilevante se pensiamo che alcune circostanze eccezionali hanno abbassato il peso dei danni da meteo sul totale: da una parte l’evento che ha fatto più danni, il terremoto in Nepal, per circa 4,8 miliardi di $, che non è ovviamente un evento meteorologico; dall’altra la configurazione meteorologia di El Niño che nel 2015 ha ridotto la formazione di uragani nell’Atlantico.

Analizzando i dati forniti dalla compagnia assicurativa si scopre che nel 2015 il numero delle calamità naturali è stato del 158% più elevato rispetto alla media annuale degli ultimi 30 anni: 1060 eventi contro una media di 670 eventi all’anno. Su questo dato, si fa notare, incide anche il fatto che con il miglioramento delle comunicazioni si stanno registrando anche eventi minori che prima non lasciavano traccia.

In calo, invece, le perdite economiche e i morti. Questi sono stati 23mila nel 2015, quasi il triplo del 2014 (7.700), ma meno della metà della media annuale del periodo 1985-2014 (54.000 decessi).

Il ruolo dei cambiamenti climatici

Poiché oltre il 94% dei costi legati ai disastri sono legati alla meteorologia è evidente come il cambiamento climatico in atto abbia un ruolo da “protagonista” in ciò che sta accadendo. Basta dare un’occhiata alla mappa dei disastri qui sotto (cliccare per ingrandire) per vedere come il terremoto nepalese sia in effetti l’unica calamità naturale per la quale si possa escludere una relazione di causalità con il global warming. Le altre – tifoni, siccità, incendi boschivi, alluvioni, ondate di gelo o di caldo – sono tutti eventi estremi la cui frequenza sta aumentando e molto probabilmente aumenterà ancora in parallelo al riscaldamento globale.

Le calamità più dannose

Qui sotto la classifica, secondo i danni economici causati, delle 5 più grandi calamità del 2015.

Ad esempio le ondate di calore e le siccità in Sud America, Africa e Sud-est Asiatico hanno provocato 12 miliardi di dollari danni, dei quali solo 880 milioni erano assicurati. L’estate torrida e secca dell’Europa è costata circa 2 miliardi di dollari, dei quali appena un decimo assicurati.

Nei conti di Munich Re – aggiungiamo noi – non sono compresi danni più difficili da registrare, come i costi sanitari dovuti allo smog causato dalla recente combinazione di siccità e alta pressione che ha colpito anche recentemente l’Italia e gran parte del continente.

Il conto del clima impazzito sarà molto più caro

D’altra parte i danni che il global warming causa e causerà sono difficili da quantificare perché distribuiti in tutti gli ambiti e non sono limitati ai soli impatti diretti dovuti ai fenomeni meteorologici.

Secondo uno studio pubblicato sull’Economist della scorsa estate si legge che anche se a fine secolo il riscaldamento si fermasse ai 2 °C dai livelli preindustriali, obiettivo stabilito con l’accordo di Parigi, ciò causerebbe agli investitori privati perdite per 4.200 miliardi di dollari (al valore attuale), cioè pari all’intero PIL di una potenza industriale come il Giappone o al valore delle azioni di tutte le compagnie oil&gas del mondo.

Se poi il target venisse mancato – come avverrà senza un’accelerazione nel taglio delle emissioni –  e si dovessero affrontare aumenti di temperatura maggiori, il danno economico crescerebbe. Con un aumento della temperatura globale di 5 °C il mercato finanziario perderebbe circa 7mila miliardi di dollari: un buco paragonabile per entità alla capitalizzazione della Borsa di Londra; se la febbre del pianeta salisse a +6 °C, allora il danno per i mercati finanziari salirebbe a 13.800 miliardi di dollari, sempre al valore attuale, cioè quasi il 10% del totale degli asset considerati da questa ricerca, che ammonta a circa 143mila miliardi di $.

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