L’inquinamento atmosferico e le morti premature in Italia

  • 28 Dicembre 2015

Lo smog non è solo un problema ambientale, ma ha notevoli conseguenze sulla salute: 84.400 è il numero annuale delle morti premature in Italia stimato dall’Agenzia ambientale europea. Poi ci sono gli ingenti costi socio-economici. I limiti per particolato atmosferico, ozono, biossido di azoto e anidride solforosa secondo l'UE e l'OMS.

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In questi giorni l’attenzione dell’opinione pubblica è richiamata dagli elevati livelli di inquinamento atmosferico nella pianura padana e in molti centri urbani del resto d’Italia. Lo smog non è solo un problema ambientale: danneggia fortemente la salute: 84.400 è il numero annuale delle morti premature in Italia stimato dall’Agenzia ambientale europea (59.500 per Pm 2.5, 3.300 per l’ozono, 21.600 per il biossido di azoto), mentre l’iniziativa Apheko, ricerca su 10 città (inclusa Roma), ha stimato che vivere vicino a strade trafficate sia responsabile del 15-30% di casi di asma (età: 0-17 anni) e di cardiopatia ischemia e di broncopneumopatia cronica ostruttiva (età: oltre 65 anni).

L’allarme è stato ribadito nei giorni scorsi da Giovanni Viegi, direttore dell’Istituto di Biomedicina e Immunologia Molecolare (Ibim) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Palermo e docente di Effetti dell’inquinamento sulla salute nel corso di Laurea in Scienze Ambientali dell’Università di Pisa. Il ricercatore spiega che l’epidemiologia ambientale nell’ultimo mezzo secolo ha disegnato e condotto migliaia di studi sulla popolazione, evidenziando che l’inquinamento atmosferico è un fattore di rischio certo per malattie cardio-respiratorie.

“L’inquinamento atmosferico è associato a mortalità per malattie cardio-respiratorie, tumore al polmone, ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie (compresa la polmonite) e per asma, incidenza e riacutizzazione di asma, rinite allergica, sintomi respiratori (tosse, espettorato, respiro sibilante, difficoltà di respiro), riduzione della funzione respiratoria – spiega Giovanni Viegi – inoltre, causa un incremento dell’assenteismo lavorativo e scolastico, nonché la necessità di aumentare le dosi di broncodilatatori nei pazienti con patologia ostruttiva cronica. Determina quindi enormi costi socio-economici”.

Sono poi passati 10 anni da quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha emanato le sue linee guida per il particolato atmosferico (Pm), l’ozono (O3), il biossido di azoto (NO2), l’anidride solforosa. Tali limiti, con l’eccezione di quello per l’ossido di azoto, sono molto più restrittivi di quelli ammessi dall’Unione Europea.

”La conseguenza è descritta nel Rapporto dell’Agenzia ambientale europea (Air quality in Europe – 2015 report), pubblicato agli inizi di dicembre in concomitanza con l’avvio della Conferenza sul clima Cop21 di Parigi. Vi è una variazione enorme tra le stime delle percentuali di esposizione della popolazione europea agli inquinanti – dice Viegi – ad esempio per le particelle inalabili (Pm10), secondo i limiti Ue il 17-30% è esposto contro il 61-83% secondo i limiti Oms”.

Gli analoghi valori ”per le particelle fini (Pm2.5) sono 9-14% e 87-93%, e quelli per l’ozono (inquinante tipicamente estivo) sono 14-15% e 97-98%, rispettivamente”. Le mappe presenti nel Rapporto “mostrano che la pianura padana e alcune grandi città italiane sono tra le zone europee più inquinate – ricorda il ricercatore – il Rapporto stima anche il numero annuale delle morti premature (cioè avvenute prima dell’età aspettata, corrispondente all’aspettativa di vita per un tale paese, specifica per sesso) in Italia: 59.500 per Pm2.5, 3.300 per O3, 21.600 per NO2”.

In Italia, negli ultimi 25 anni sono stati condotti molti studi epidemiologici per valutare gli effetti dell’inquinamento atmosferico nei centri abitati da parte di istituzioni sanitarie, università e Cnr. I risultati pubblicati sia su riviste scientifiche sia sul web sono stati concordanti con quelli degli studi condotti in altri Paesi, evidenziando la pericolosità dell”inquinamento atmosferico per la salute umana. Oltre alla partecipazione italiana a studi quali Aphea ed Escape, tra i principali studi condotti in Italia vanno citati: Misa-1, Misa-2, studio Oms delle 13 città italiane, EpiAir ed EpiAir2.

Tali studi, utilizzando statistiche sanitarie di routine e dati di monitoraggio ambientale hanno messo in relazione gli eventi sanitari acuti (mortalità, ricoveri ospedalieri) con i livelli di concentrazione degli inquinanti gassosi e particolati, oltre a contribuire agli studi succitati, hanno contribuito allo studio Sidria e condotto le indagini sui campioni di popolazione generale del Delta del Po e di Pisa e sul campione di adolescenti di Palermo, confermando gli effetti negativi dell’inquinamento atmosferico con questionari, spirometrie e test allergologici.

Quali possono le misure di contrasto? Secondo Viegi “la letteratura scientifica negli ultimi anni ha mostrato l’efficacia della chiusura dei centri urbani per circa due settimane al traffico privato (da 11 a 41% di riduzione di eventi asmatici acuti durante le Olimpiadi estive di Atlanta 1996 e di Pechino 2008) e l’efficacia della riduzione cronica dei livelli di concentrazione di NO2, Pm2.5 e Pm10 sui sintomi e la funzione respiratoria (indagini Sapaldia e Scarpol in Svizzera), nonché l’efficacia del bando all’uso di carbone per riscaldamento a Dublino nel 1990 (riduzione del 15% di mortalità per cause respiratorie nei sei anni successivi). Negli Stati Uniti è stato stimato che ogni decremento di 10 microgrammi/metro cubo di Pm2.5 è associato ad un aumento di 7 mesi nell’aspettativa di vita”.

Lo stato della California ha mostrato che, con politiche adeguate di controllo delle emissioni, tra il 1994 e il 2011 è stato possibile ottenere riduzioni tra il 15 e il 54% nelle emissioni di NOx, Pm2.5 e Pm10, a fronte di un incremento del 38% del traffico veicolare e del 30% della popolazione – segnala il ricercatore Ibim Cnr – e l’Oms nel Piano di Azione 2013-2020 contro le malattie non comunicabili (le quattro principali sono: malattie cardiovascolari, tumori, malattie respiratorie croniche, diabete) ha invitato i governi ad agire per l’abbattimento dei principali fattori di rischio evitabili, tra cui l’inquinamento atmosferico.

”Per perseguire tali obiettivi, sono importanti i partenariati tra Oms, governi, istituzioni di ricerca, società scientifiche, associazioni di pazienti”, ha detto Viegi. “Una tra le più attive è la Global Alliance Against Chronic Respiratory Diseases (Gard), di cui il Cnr è co-fondatore: in Italia è coordinata dal Dipartimento di Prevenzione del Ministero della Salute. E’ inoltre essenziale investire adeguati fondi nel supporto della ricerca scientifica nel campo delle relazioni ambiente-salute”.

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