Clima e negazionismo, così gli scienziati si vendono alle fossili

Attivisti di Greenpeace, spacciandosi per emissari dell'industria carbone e del petrolio, hanno convinto senza difficoltà due scienziati di Princeton e Penn State University a farsi pagare sottobanco per negare i danni delle fonti fossili, mettendo in luce come la pratica sia già diffusa. L'inchiesta e la corrispondenza con i ricercatori corrotti.

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La cosa è nota da tempo: diversi studi che negano il global warming, minimizzano i danni delle fossili e ne stressano i vantaggi sono finanziati in incognito dai grandi di petrolio, carbone e gas. Lo abbiamo spiegato parlando del Clima Leaks, il dossier che l’ong Union of Concerned Scientists ha costruito su documenti ottenuti tramite il Freedom of Information Act e che vengono da aziende come ExxonMobil, Chevron, ConocoPhillips, BP, Shell, Peabody Energy e altre.

Un altro studio recente, “Corporate funding and ideological polarization about climate change” di Justin Farrell, dimostrava come i finanziamenti delle corporation influenzino la produzione di letteratura scientifica che minimizza il problema dei cambiamenti climatici (allegato in basso).

Beccati da attivisti di Greenpeace sotto copertura

Ora, in non casuale coincidenza con la fase finale della CoP21, la denuncia viene rilanciata con forza da un’inchiesta giornalistica sotto copertura fatta da Greenpeace UK (documentazione in fondo).

Gli attivisti hanno finto di lavorare per grandi aziende delle fossili e hanno proposto ad alcuni scienziati di realizzare, dietro compenso non dichiarato, delle pubblicazioni scientifiche che contestino altri studi sui danni fatti dai combustibili fossili.

La trappola

A cadere nella trappola sono stati due scienziati già sospetti per le loro posizioni particolarmente morbide con l’industria delle fossili Frank Clemente, professore della Penn State University e William Happer, noto accademico clima-scettico e professore di Princeton.

I reporter hanno avvicinato i due fingendo di essere rappresentanti di due non specificate grandi compagnie delle fossili, un’azienda mediorientale dell’oil & gas e una del carbone con interesi in Indonesia.

15mila dollari per sminuire i danni sanitari del carbone

A Clemente, sociologo della Penn State, è stato chiesto dalla fittizia compagnia con interessi nel carbone, di produrre un report “che contraddicesse le ricerche che che legano il carbone alle morti premature (in particolare il dato dell’Organizzazione mondiale della sanità secondo cui 3,7 milioni di persone all’anno muoiono per l’inquinamento da fossili)”.

Risposta dello scienziato: nessun problema, compenso 15.000 euro per un paper da 8–10 pagine o 6.000 per un editoriale, entrambi firmati con il suo titolo accademico e senza bisogno di dichiarare di essere stato pagato, tanto meno da chi (in basso la corrispondenza).

Un generoso petroliere preoccupato per la CoP21

A Happer invece il finto emissario dei petrolieri mediorientali “preoccupati per l’impatto che potrebbe avere la Cop 21 che si terrà tra poche settimane” chiede un articolo sul tema.

L’accademico accetta per 250 dollari l’ora e chiede che la somma non sia versata direttamente a lui ma alla CO2 Coalition, un’associazione di negazionisti climatici che lo può rimborsare.

“Bancomat oscuri” e altre rivelazioni

Dall’inchiesta arrivano molte altre scoperte inquietanti: fondazioni come Donors Trust usate come “bancomat oscuri” dai grandi delle fossili per pagare gli scienziati; pagamenti da parte di Peabody Energy ad accademici per testimoniare a favore del carbone in audizioni presso enti federali degli Usa; e infine espedienti per far passare per peer-rewied studi che non lo sono, con l’aiuto di think tank negazionisti come Global Warming Policy Foundation.

La documentazione:

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