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CoP21: breve glossario per capire i negoziati sul clima

UNFCC, INDC, LDC, SIDS, LULCF: i negoziati della Conferenza delle Parti sui cambiamenti climatici iniziata oggi nella capitale francese e che durerà fino all'11 dicembre portano sulle pagine dei giornali acronimi e termini non sempre chiari ai più. Ne spieghiamo alcuni per capire meglio di cosa si discuterà a Parigi.

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Oggi, 30 novembre 2015, a Parigi sono partiti i negoziati sul clima della Cop21, che dureranno fino all’11 dicembre. Sul nostro sito abbiamo già pubblicato un’ analisi su cosa c’è in gioco e sui possibili esiti e continueremo a farlo nei prossimi giorni. Per aiutare molti lettori che hanno meno familiarità con alcuni termini e acronimi usati nel gergo dei negoziati pubblichiamo un mini-dizionario su quelli che sicuramente ricorreranno di più nei prossimi giorni.

UNFCCC COP21

Sono i negoziati appena iniziati a Parigi. La UNFCCC, che sta per United Nation Framework Convention on Climate Change, cioè la Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, tiene delle sessioni di negoziazione periodiche. Queste sessioni sono note anche come Conference of Parties, cioè conferenze delle parti, da cui l’acronimo CoP, e quella appena inaugurata nella capitale francese è appunto la ventunesima di queste sessioni.

INDC

Gli impegni nazionali di riduzione delle emissioni. L’acronimo sta per Intended Nationally Determined Contribution. Per facilitare i lavori e stimolare le nazioni partecipanti, l’UNFCCC ha previsto che i partecipanti presentassero, prima della Cop21, dei piani in cui è scritto nero su bianco quel che ogni parte intende fare per ridurre le emissioni; gli INDC sono appunti questi piani.

Sul tavolo della Conferenza sono arrivati 147 INDC, che riguardano 181 Stati (l’Europa ad esempio ne ha uno) e coprono il 94% delle emissioni mondiali. Alcune parti hanno specificato obiettivi di riduzione in termini assoluti, circa la metà hanno definto target con uno scenario business as usual, altre invece sulla base del loro rapporto con il Pil, cioè la carbon intensity, mentre altre ancora (il caso più importante è la Cina) hanno stabilito un determinato anno entro il quale le emissioni dovranno raggiungere il loro picco. Solo una minoranzadi paesi ha incluso nei rispettivi INDC le azioni specifiche che intraprenderanno per ridurre la CO2.

La riduzione delle emissioni cumulativa cui ci si impegna negli INDC però è insufficiente ad evitare gli effetti peggiori del global warming. Secondo le stime della stessa UNFCCC, porterebbe infatti a un riscaldamento globale di almeno 2,7 °C in più rispetto ai livelli preindustriali, ben oltre la cosiddetta soglia di sicurezza, posta nei negoziati internazionali a +2 °C. Sarà quindi fondamentale che i tagli più consistenti siano adottati dopo la conferenza.

Workstream 1 e Workstream 2

L’accordo di Parigi coprirà il periodo oltre la fase II del Protocollo di Kyoto, ovvero dal 2020 in poi. Di questo si occuperà il cosiddetto Workstream 1. È però necessario tagliare le emissioni fin da subito: perciò una parte dei negoziati riguarderà il cosiddetto Workstream 2, da oggi al 2020.

Paesi Annex 1

Sono i Paesi ricchi; è una definizione che risale al Protocollo di Kyoto del 1997. Quel trattato raggruppava i Paesi più industrializzati e con maggiore responsabilità storica nel global warming in un unico gruppo, l’Annex 1, e imponeva solo a loro obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni. La definizione è usata anche nella bozza attuale dell’accordo che uscirà da Parigi, anche se ora per certi versi è anacronistica: ad esempio la Grecia è ancora un Paese Annex 1 nonostante abbia un Pil che è circa la metà di quello di Singapore, che invece non è nell’Annex 1.

G77 and China

E’ il blocco di negoziazione dei Paesi in via di sviluppo, prende il nome dal Group of 77, formato nel 1964. Ora comprende però 130 nazioni a cui si affianca nei negoziati per il clima anche il gigante cinese.

LDC e SIDS

LDC, che sta per Least Develope Countries è il blocco di negoziazione dei Paesi più poveri, che comprende 48 nazioni tra cui Burkina Faso, Vanuatu e Myanmar. SIDS Small Island Developing States – è una coalizione di circa 40 Stati in via di sviluppo situati in piccole isole. Le nazioni di questi due gruppi sono quelle che meno contribuiscono e meno hanno contribuito al global warming, ma sono quelle che subiscono e subiranno i danni più elevati. Per questo i due gruppi spingono per ambiziosi obiettivi globali di riduzione delle emissioni.

International Mechanism on Loss & Damage

Come detto, le nazioni povere e dei tropici, che emettono e hanno emesso storicamente meno CO2, sono anche quelle più danneggiate dai cambiamenti climatici. Per International Mechanism on Loss & Damage si intendono le politiche che dovrebbero compensare questa ingiustizia con trasferimenti di fondi per far fronte ai danni, ormai, inevitabili.

LULCF e REDD+

Il primo termine sta per “land use, land-use change and forestry”, cioè uso del suolo, cambio d’uso del suolo e deforestazione. Il LULCF è responsabile per circa un quinto delle emissioni mondiali, per cui è chiaro come questo aspetto sia fondamentale. REDD+ è il meccanismo per prevenire le emissioni da deforestazione nei paesi in via di sviluppo.

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