Il Ministro dell’Ambiente e le timide politiche sull’energia

Guida futura della politica energetica al Ministero dell’Ambiente, obiettivi 2030, Cop21, Green Act, rinnovabili, efficienza e trivelle: il Ministro Galletti ospite del “Forum QualEnergia?” a 360 gradi. Ma l’immagine è ancora quella di un governo che fa scelte timide, quando non miopi, spesso rivolte al passato.

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“La politica energetica in futuro dovrà essere guidata dal Ministero dell’Ambiente, perché è proprio sull’ambiente che ha il suo impatto. Il Ministero dello Sviluppo Economico dovrebbe avere altri obiettivi. Per questo andrà fatta una revisione delle deleghe sull’energia, settore oggi diviso tra più ministeri competenti”. È quanto ha affermato oggi il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, ospite al “Forum QualEnergia?”.

Una posizione netta che in parte viene ammorbidita dalla richiesta di creare (a breve) una cabina di regia per guidare il percorso verso gli obiettivi al 2030 di riduzione delle emissioni dell’Italia. Questa autorità, forse la Presidenza del Consiglio, potrebbe gestire anche l’agognato “Green Act”, che il ministro chiama anche piano industriale per il Paese al 2030 e che quasi certamente non gestirà Galletti. Un documento da tempo atteso e che forse vedrà la luce dopo che il governo avrà valutato, in sintonia con l’UE, i contenuti della direttiva europea sull’economia circolare (attesa per il 2 dicembre), della nuova disciplina europea sulla fiscalità ambientale e del documento finale della Cop21 di Parigi. Forse ci sarà da attendere ancora un bel po’ per vedere questo piano. Anche le attuali politiche per le rinnovabili, spiega Galletti, che oggi sono sola una coda per la gestione del recente passato, avranno nuove regole e incentivi a partire dal 1° gennaio 2017, in sintonia con quanto verrà deciso in sede comunitaria.

A proposito di obiettivi 2030, Galletti si è sbilanciato affermando che il governo potrebbe dare il suo parere positivo a un impegno europeo sull’efficienza energetica del 30-33%, invece dell’attuale e più modesto 27%. Al momento però il governo Renzi, in questo settore, sembra attestarsi su posizioni conservatrici.

L’Italia alla Cop di Parigi andrà insieme alle altre nazioni dell’Unione Europea, spingendo per un obiettivo mondiale (quasi sicuramente non vincolante) che limiti l’aumento della temperatura globale a 2 °C a fine secolo, e portando l’impegno, qui vincolante, dell’UE di ridurre le emissioni del 40% rispetto al 1990 (27% è l’obiettivo per le rinnovabili e 27% quello per l’efficienza). Il nostro Paese tuttavia – dice Galletti – chiederà che nel documento finale venga fatto un riferimento più ambizioso, benché di facciata, e cioè un obiettivo che preveda un aumento di temperatura non superiore a 1,5 °C, un limite che i climatologi ritengono di sicurezza. Sappiamo però che gli impegni dei 163 paesi (INDC) presentati alla vigilia dei negoziati di Parigi, sempre che vengano realizzati, faranno aumentare la temperatura di quasi 3 °C (circa a +2,7 °C). Oggi abbiamo già un grado di aumento e la concentrazione di CO2 in atmosfera quest’anno ha varcato la soglia dei 400 ppm, cosa che non accadeva da 600mila di anni.  

Se il ministro parla dei vincoli definiti per la riduzioni delle emissioni per il nostro Paese come una grande opportunità per le imprese, che da tempo hanno già in parte intrapreso questo percorso virtuoso, sembra al tempo stesso però giustificare la ricerca di idrocarburi che sarà autorizzata nel nostro territorio e nei nostri mari. Il suo, afferma, è un approccio realistico “per un Paese che dipende dall’importazione di fonti fossili”.

Il Ministro trascura che le riserve totali stimate in Italia ammontano 55 miliardi di m3 per il gas e a 1,4 mld di barili per il petrolio, e, se rapportate al fabbisogno nazionale, sono pari rispettivamente a un consumo di 9 mesi e 3 anni. Inoltre va ricordato al ministro che il petrolio estratto dal nostro paese va sul mercato internazionale e non è affatto detto che sarà consumato entro i nostri confini.

Tralasciando poi il discorso del ministro sulla bontà di nuovi inceneritori/termovalorizzatori necessari, a suo dire, anche con una differenziata media nazionale del 70%, per evitare l’uso indiscriminato delle discariche, è sembrato che l’intervento del responsabile del dicastero dell’ambiente sia stato improntato a dare un colpo al cerchio e una alla botte, senza dare ai presenti l’idea di un approccio su queste tematiche che guardi realmente al futuro, esattamente come è quello che caratterizza il governo Renzi.

Il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, ha rimproverato al ministro che il suo governo, così come quelli recenti, non abbiamo fatto altro che “smontare” le rinnovabili (vedi anche dossier Legambiente), spingere per le trivellazioni e aver fatto scelte a favore di specifici interessi (vedi ex zuccherifici e gli inceneritori). Eppure – ha detto – per spingere le rinnovabili a costo zero basterebbe favorire l’autoconsumo, anche senza erogare incentivi. Una strategia che il governo però sta ignorando.

Guardare a quanto di innovativo e ricoluzionario sta avvenendo a livello internazionale su efficienza energetica nell’edilizia, rinnovabili, storage, trasporti elettrici, sarebbe l’approccio giusto, spiega Gianni Silvestrini, direttore scientifico di QualEnergia e Kyoto Club, per uscire da queste politiche di piccolo cabotaggio e accelerarle. Cioè quello che manca all’Italia.

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