Errori e pericolose conseguenze della riforma delle tariffe elettriche

Con la riforma delle tariffe l'Autorità sembra avere l'obiettivo, non dichiarato, di aiutare gli impianti termoelettrici in difficoltà, penalizzando le famiglie, oltre che l'efficienza energetica e l'autoconsumo da rinnovabili, FV in primis. Il commento di Edoardo Zanchini, vicepresidente Legambiente.

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Riguarda molto il futuro dell’energia la battaglia che associazioni dei consumatori, ambientaliste e delle imprese delle fonti rinnovabili stanno conducendo contro la riforma delle tariffe elettriche domestiche. Fino ad oggi l’Autorità per l’Energia era riuscita a far passare sostanzialmente sotto silenzio, e con il consenso esplicito dei grandi gruppi energetici, una modifica che apparentemente dovrebbe servire a spingere il più efficiente vettore elettrico e a muovere così cambiamenti nella mobilità e negli usi civili.

Ma se si guarda con attenzione nel provvedimento (vedi documento di consultazione) che ridisegna la tassazione sui consumi elettrici, cancellando la progressività che oggi premia chi consuma di meno, si scoprono diverse conseguenze preoccupanti per i consumatori e per l’ambiente.

Si comprende come questa scelta abbia per l’Autority un obiettivo diverso e preciso, ossia quello di aiutare i vecchi impianti termoelettrici in difficoltà proprio per lo sviluppo delle fonti rinnovabili e delle politiche di efficienza energetica. Quello che si vuole spingere è infatti uno spostamento verso il vettore elettrico dei consumi, ma fermando proprio il contributo delle fonti pulite che ormai soddisfano quasi il 40% dei consumi elettrici. Per dimostrare come queste tesi si vorrebbero applicare nella riforma delle tariffe, oltre che in diversi provvedimenti proposti dal Governo, bisogna entrare nel merito dei contenuti della proposta.‎

L’eliminazione della progressività fino ad oggi ha funzionato bene come slogan, così come la spinta all’efficienza energetica che si vorrebbe permettere con il provvedimento, e che ritorna nei convegni e nei comunicati stampa di queste settimane. Peccato che a leggere i testi della stessa Autorità si scopre che per una famiglia media gli aumenti varierebbero tra il 5 e il 30% a seguito dell’entrata in vigore della riforma. È vero, qualche grande consumatore avrebbe dei vantaggi, ma la stragrande maggioranza delle famiglie sarebbe penalizzata da costi più alti. Per far comprendere i numeri, solo il 6% di coloro che hanno consumi sopra i 3 kW di potenza impegnata sono famiglie numerose. Dunque, è una bugia che questa riforma sia fatta per loro.

L’errore sta nel fatto che si toglie ogni vantaggio per chi ha consumi bassi e per chi pone attenzione ai risparmi di energia elettrica. ‎Sul fronte delle rinnovabili, poi, la rimodulazione della tassazione sugli oneri di sistema penalizzerà fortemente gli investimenti già effettuati e quelli futuri in impianti in autoconsumo. La penalizzazione è nell’ordine del 50%, creando un impatto enorme in particolare sulle prospettive di sviluppo del solare fotovoltaico in Italia (si veda QualEnergia.it, Fotovoltaico, come cambierà la convenienza con la riforma delle tariffe elettriche, ndr).

La riforma risulta sbagliata proprio a partire dalla sua impostazione, perché se si vuole davvero spingere il vettore elettrico per coerenza si dovrebbe puntare sulla spinta alle rinnovabili in autoconsumo, ossia con impianti che soddisfano i fabbisogni delle utenze. E se si volesse davvero spingere l’efficienza energetica, si dovrebbero dare strumenti alle famiglie per trovare vantaggi dalla riduzione dei consumi. Magari rivedendo lo strumento delle detrazioni fiscali che, come noto, è accessibile solo per chi ha redditi da detrarre e quindi taglia fuori proprio le fasce sociali più deboli. Infine, se il regolatore volesse sul serio spingere un mercato dell’energia che offra opportunità e possibilità di scelta alle famiglie, tra offerte diverse, dovrebbe prevedere tariffe diverse e non una per tutti che cancella la progressività e gli investimenti nelle rinnovabili.

È curioso, ma a leggere le dichiarazioni dei Presidenti dell’Autorità per l’energia e di Assoelettrica sembra quasi che la tariffa progressiva sia un unicum italiano, eredità di un passato da dimenticare. A entrambi consigliamo un viaggio in California, dove scoprirebbero che in quello Stato, che ha un Pil superiore all’Italia, sono stati approvati da poche settimane target di sviluppo delle rinnovabili che prevedono di soddisfare il 65% dei consumi al 2030 (50% attraverso le utility, 10% dalla generazione distribuita, 5% dal grande idroelettrico). E, incredibile, si troverebbero di fronte alla sorpresa che nella terra della Apple e di Google, è in vigore da tempo una tariffa progressiva (come si può vedere dalla immagine) che continuerà ad esistere anche dopo le riforme che si stanno approvando.

Qui sta il bivio delle scelte che riguardano il futuro dell’energia: in California si vuole spingere un cambiamento energetico che passa per le fonti rinnovabili, le batterie e la mobilità elettrica (è a Fremont la sede della Tesla), assegnando al vettore elettrico un ruolo importante, ma in una prospettiva di attenzione ai consumi energetici. Invece in Italia, qualcuno vuole salvare i dinosauri fossili facendo pagare il conto ai consumatori.

Fermiamoli, perché siamo ancora in tempo.

Con questo articolo riapriamo il dibattito sulla riforma delle tariffe elettriche che avevamo trattato pubblicando diverse opinioni a febbraio (vedi anche questo link). Seguiranno altri interventi sul tema.

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