Greenpeace: “compriamo la miniera di lignite per evitare le emissioni”

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Per evitare danni al clima e all'ambiente Greenpeace Nordic presenta a Citigroup una “Dichiarazione di interesse” per l’acquisto di un sito minerario di lignite in Lusazia, nell’est della Germania, di proprietà della svedese Vattenfall. Verrà creata una fondazione per la sua dismissione sostenibile, anche economicamente.

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Un fiume sotterraneo che porta concreti cambiamenti del paradigma energetico si muove da anni più o meno silenziosamente in tutto il pianeta. Piccole rivoluzioni locali, buone pratiche, utilizzo delle tecnologie per la generazione di energia pulita. Sono tutte esperienze, fuori dalle ideologie storiche, spesso minimizzate dalle grandi istituzioni energetiche internazionali e ignorate dai media tradizionali così come dalla politica. Eppure, come scriveva Paul Hawken nel suo volume “Moltitudine inarrestabile”, si tratta di piccole iniziative e progetti di cittadini e organizzazioni che, se messe insieme, rappresentano il più importante movimento nella storia dell’umanità.

A questo contesto può partecipare a giusto titolo la “Dichiarazione di interesse” da parte di Greenpeace Nordic per l’acquisto di un sito minerario di lignite in Lusazia, nell’est della Germania, di proprietà della compagnia svedese Vattenfall. L’associazione ambientalista l’ha presentata ieri, 20 ottobre, alla banca Citigroup.

“Siamo pronti a farci carico delle miniere della Vattenfall per proteggere il clima, la salute e l’occupazione, se l’azienda e il governo svedese non vogliono farlo. È una buona opportunità per mostrare al mondo come si può favorire la transizione verso le fonti rinnovabili e la sostenibilità”, ha detto Annika Jacobson di Greenpeace Svezia. Ricordando che il governo svedese vuole chiudere con la produzione di energia elettrica da carbone, va detto che in questa miniera di lignite, il carbone peggiore in termini di emissioni, viene prodotto l’equivalente di 1,2 miliardi di tonnellate di CO2, cioè come tre volte quelle annuali dell’Italia.

Oltre a Greenpeace Nordic, solo due aziende energetiche ceche hanno espresso pubblicamente interesse all’acquisto. L’associazione ambientalista vuole però creare una fondazione per realizzare una dismissione sostenibile delle miniere di lignite e delle centrali a carbone entro il 2030, anche attraverso il crowd funding e altre fonti di finanziamento. La Dichiarazione d’interesse poggia su una stima del reale valore di mercato delle miniere di lignite e sugella l’intenzione di Greenpeace di acquistarle.

La stima è stata fatta dall’Energy Brainpool Institute per conto di Greenpeace Nordic, mostrando che il valore reale della miniera non supera il mezzo miliardo di euro, ben al di sotto delle stime circolate finora sui media. Una stima realistica di mercato deve infatti tenere conto anche dei costi di recupero ambientale del sito, quelli di demolizione delle centrali termoelettriche e quelli di riorganizzazione dell’area, che valgono un passivo di due miliardi di euro. Infine, se si conteggiassero anche le esternalità ambientali e i costi sociali, queste passività supererebbero i 10 miliardi di euro.

“Chiunque, acquirente o venditore, non si assuma nella transazione le responsabilità ambientali o sociali, evidentemente conta di trasferire questi costi a qualcun altro, molto probabilmente allo Stato tedesco, e dunque in ultima analisi ai suoi cittadini”, conclude Jacobson.

Giuseppe Onufrio, presidente di Greenpeace Italia, ha spiegato che “il tentativo è quello di acquistare anche una parte delle attività, perché se non intervenissimo in quel sito c’è la possibilità di aprire almeno altre cinque miniere di lignite”.

A proposito dello spirito che parte dal basso e proprio sul contrasto ai siti minerari in Lusazia, ricordiamo che un anno fa, ad agosto, circa 7.500 persone da quasi 30 Paesi hanno formato una catena umana per protestare contro il progetto della più grande miniera di lignite a cielo aperto d’Europa: le città di Kerkwitz, in Germania, e Grabice, in Polonia, furono unite da 8 km di persone mano nella mano. L’iniziativa fu di alcuni comitati locali e sostenuta tra gli altri anche da Greenpeace, Friends of the Earth e Climate Alliance.

La contestazione era proprio contro i progetti delle aziende Vattenfall e Pge di realizzare sei nuove miniere nella regione della Lusazia. Progetti che avrebbero distrutto oltre 20 villaggi e più di 6.000 persone avrebbero perso la casa. Le nuove miniere porterebbero poi alla produzione di ulteriori 2 miliardi di tonnellate di CO2, più del doppio di quanto oggi la Germania produce ogni anno.

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