Ombrina Mare, manifestazione al MiSE. Decisione rinviata

  • 14 Ottobre 2015

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Al Ministero dello Sviluppo Economico si teneva la Conferenza dei Servizi che, chiamata a pronunciarsi sul progetto petrolifero nel mare abruzzese, ha rinviato la decisione.

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Proteste oggi davanti al Ministero dello Sviluppo Economico in occasione della Conferenza dei Servizi, chiamata a pronunciarsi sul progetto Ombrina Mare e che alla fine ha rinviato la decisione. Tra le trivelle in arrivo nei nostri mari, Ombrina è quella che potrebbe vedere la luce per prima e che ha suscitato la reazione più forte e ampia nell’opinione pubblica, come ha dimostrato l’ultima grande manifestazione di Lanciano, in Abruzzo, dove lo scorso maggio 60mila persone hanno sfilato pacificamente per dire ‘no’ al progetto.

Ciò nonostante l’iter autorizzativo di questo progetto è in dirittura d’arrivo: davanti alla costa teatina, a soli 5 chilometri dal litorale, potrebbe essere installata nei prossimi mesi una piattaforma per l’estrazione di petrolio (e in misura minore di gas), collegata a una grande nave (a 10 chilometri dalla costa) per lo stoccaggio e le prime fasi di raffinazione. Peraltro, queste infrastrutture verrebbero realizzate in un tratto di mare individuato, già nel 2001, per la creazione di un parco nazionale: si tratta perciò di un’area non soggetta a tutela ambientale solo a causa di inadempienze e ritardi.

Che la Conferenza abbia rinviato la decisione è “una buona notizia – ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente Stefano Ciafani che ha partecipato alla mobilitazione –, avremo più tempo per intensificare la nostra mobilitazione in opposizione al progetto, anche in vista della possibile stagione referendaria, con ben 10 Regioni che hanno depositato in Cassazione sei quesiti referendari contro le trivellazioni previste dagli articoli dello Sblocca Italia”.

“Per il futuro – gli fa eco il presidente di Legambiente Abruzzo, Giuseppe Di Marco – ci auguriamo che non succeda quanto avvenuto oggi, con i consulenti degli enti locali, comuni e regioni, esclusi dall’incontro, nel totale spregio della democrazia. Con l’occasione poi, chiediamo al presidente della Regione di accelerare l’iter normativo per l’adozione della moratoria per le attività estrattive entro 12 miglia dalla costa e di intervenire celermente per una rapida istituzione del Parco regionale della costa teatina”.

«Se avessimo un governo minimamente capace di ascolto, oggi procederebbe con una moratoria sulle trivelle», dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia, tra le associazioni che hanno partecipato alla manifestazione. «Dieci regioni hanno promosso un referendum sul tema, sul decreto Sblocca Italia pende un ricorso alla Corte Costituzionale, nelle zone interessate i cittadini dimostrano quasi quotidianamente la loro contrarietà a questi progetti, ma Renzi e il suo esecutivo non colgono, o fanno finta di non cogliere, questi chiari segnali. Bisognerebbe quanto meno arrestare questa insensata corsa alle poche gocce di petrolio presenti sotto i nostri fondali, e rivedere la strategia energetica nazionale».

Greenpeace ricorda come lo Sblocca Italia approvato lo scorso anno – di fatto uno “Sblocca Trivelle” – rappresenti una chiara negazione del dettato costituzionale in materia di rapporti Stato-Regioni, esautorando i governi locali nella valutazione di progetti di notevole impatto sui territori. Per contro, mentre si procede sfornando decreti autorizzativi a ritmi impressionanti, manca una Valutazione Ambientale Strategica e si procede sulla scorta di una normativa inadeguata, che mal recepisce quella europea.

L’associazione ambientalista ritiene che non si possa autorizzare o eseguire attività di prospezione e ricerca di idrocarburi nei mari italiani senza una “intesa forte” tra Stato e Regioni, la definizione di una pianificazione nazionale e un’attenta Valutazione Ambientale Strategica, valutazioni di impatto ambientale sui singoli progetti complete e approfondite, e un adeguato recepimento della normativa dell’Unione europea.

Secondo le stime del ministero per lo Sviluppo Economico, le riserve certe di petrolio sotto i nostri fondali equivalgono a meno di 2 mesi di consumi nazionali (ai tassi attuali). “Riempire i nostri mari di trivelle – fa notare Legambiente –  dunque, non servirebbe a ridurrebbe la dipendenza energetica dell’Italia dall’estero ma solo a ipotecare il futuro delle nostre coste e a danneggiare irrimediabilmente turismo, pesca e aree marine protette”.

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